Pergotenda: se crea nuovo volume non è edilizia libera
Non può rientrare in edilizia libera un manufatto che configura uno spazio stabilmente chiuso e abitabile, per il quale ci vuole il titolo abilitativo
Le strutture note come “pergotende” sono realizzabili in edilizia libera, sugli spazi pertinenziali degli edifici, esclusivamente se l’opera principale è costituita dalla stessa tenda e non dall’organismo che la sorregge.
In tale ottica, la struttura sottostante deve risultare come un mero elemento accessorio, necessario solo a sorreggere la tenda; la tenda invece dev’essere in tessuto leggero o in materiale plastico, destinata unicamente a rendere meglio vivibili gli spazi esterni, fornendo copertura dal sole o dagli agenti atmosferici.
Non può dunque rientrare nel regime dell’edilizia libera un manufatto che configura uno spazio stabilmente chiuso e abitabile, perché in quel caso comporterebbe la creazione di nuovi volumi o superfici, rendendo necessario il titolo abilitativo.
Pergotenda in edilizia libera: quali caratteristiche obbligatorie
A ribadirlo è il Tar Lazio con la sentenza del 16 maggio 2024, n. 9648, con cui ha respinto il ricorso contro l’ordine di demolizione e l’applicazione della sanzione pecuniaria disposti in relazione ad una struttura per la quale era necessario richiedere sia il permesso di costruire che l’autorizzazione paesaggistica, essendo stata realizzata in area tutelata da vincoli ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Ricorda il tribunale laziale che le pergotende ammissibili al regime dell’edilizia libera sono solo quelle destinate a migliorare la vivibilità degli spazi esterni delle unità abitative, come i terrazzi o i giardini, installate al solo scopo di fornire copertura dal sole e dalle intemperie.
Tale copertura può anche essere installata per un utilizzo stabile e duraturo, purché:
- sia facilmente amovibile (quindi non ancorata al suolo e composta da struttura e materiali leggeri)
- risulti evidente, per caratteristiche e dimensioni, che l’opera non possa avere altra funzione oltre a quella di protezione che deve svolgere;
- non crei in alcun modo nuovo volume andando ad incidere sul carico urbanistico.
A tal fine, la struttura posta a sostegno dev’essere puramente accessoria, finalizzata solo a sorreggere - o al massimo ad estendere (in caso di tenda retrattile) - quella che è l’opera principale, che dev’essere appunto la tenda.
Ristrutturazione edilizia "pesante" in area vincolata: senza titoli edilizi ok alla demolizione
Nel caso in esame, la “pergotenda” è risultata essere un vero e proprio intervento di ristrutturazione edilizia “pesante” ai sensi degli artt. 3 e 10 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che ha determinato nuovi volume e superficie e trasformato parzialmente l’immobile preesistente, un locale ad uso ristorante.
L’opera contestata in particolare:
- una struttura addossata al perimetro del cortile di un ristorante, costituita in parte dalle mura esterne all’immobile principale, e in parte da un muro perimetrale in scatolari (verticali e orizzontali) in alluminio o in plastica;
- la tenda retrattile, posta a copertura dell’intero cortile (70 mq), quando è aperta determina nuovo volume, in quanto copre interamente lo spazio, vista la presenza, anche dove il muro risulta più basso, di una chiusura laterale in teli pesanti in PVC.
- il cortile, arredato con tavoli e sedie, è anche provvisto inoltre di impianto di illuminazione e di condizionamento, a prova del fatto che l’utilizzo che ne viene fatto è quello di ambiente chiuso, stabile e permanente.
L’opera quindi, spiega il TAR non può certo configurarsi come una pergotenda - tantomeno realizzabile in edilizia libera - in quanto non si tratta di un mero elemento di arredo per la migliore fruizione dello spazio esterno, bensì di una struttura pesante che ha trasformato parzialmente l’organismo edilizio preesistente, generando nuovo volume e nuova superficie commerciale.
I giudici concludono confermando la validità sia dell’ordine di demolizione che della sanzione pecuniaria imposta, trattandosi di un intervento di ristrutturazione pesante, eseguito senza permesso di costruire né autorizzazione paesaggistica, in area sottoposta a vincoli; abuso per il quale risulta correttamente applicabile la doppia sanzione visto quanto disposto dalla Legge Regionale che qui compete, la L.R. Lazio n. 15/2008 (Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia), all’art. 16, comma 4, ovvero: “Qualora le opere siano state eseguite sui beni ricompresi fra quelli indicati dalla parte seconda del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche, l’amministrazione competente [...] ingiunge […] la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi a cura e spese dello stesso […] ed irroga una sanzione pecuniaria da 2 mila 500 euro a 25 mila euro.”
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