Permesso di costruire annullato: il Consiglio di Stato sulla sanzione alternativa

Palazzo Spada ricorda quali siano i presupposti per la sostituzione dell’obbligo di demolire i manufatti abusivi con la sola sanzione pecuniaria

di Redazione tecnica - 16/10/2024

L’annullamento del permesso di costruire priva l’immobile del titolo che lo avrebbe dovuto legittimare, rendendo idonea l’applicazione dell’ordine di demolizione, che può essere al più sostituito dalla sanzione pecuniaria in presenza dei presupposti richiesti dalla legge.

L’inottemperanza all’ordine di ripristino entro i termini imposti dal provvedimento, in ogni caso, comporta l’applicazione dell’ulteriore sanzione prevista per i casi di avvenuto accertamento dell’inosservanza dell’obbligo, ovvero l’acquisizione gratuita e automatica al patrimonio comunale del manufatto, dell’area di sedime e di un’ulteriore area determinata in base a specifici criteri motivati.

Permesso di costruire annullato: la fiscalizzazione non è sempre applicabile

A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 9 settembre 2024, n. 7487che ha rigettato il ricorso proposto contro l’ordine di demolizione su un fabbricato ad uso tecnologico (nello specifico, un edificio per il parcheggio di veicoli e di una palazzina antistante a uso uffici e servizi connessi), per il quale è stato inizialmente rilasciato, e poi annullato, il Permesso di Costruire. In particolare il titolo era stato annullato con sentenza del TAR in quanto all’epoca nell’area in questione potevano insediarsi solo edifici per “servizi alla viabilità” intesi come «quelle destinazioni che si caratterizzano per il servizio reso alla generalità degli utenti della strada».

Il Comune ha quindi ingiunto di procedere all'eliminazione delle opere realizzate, ritenendo preclusa la possibilità di sanatoria.

Il proprietario ha impugnato il provvedimento e ha richiesto l'applicazione dell'art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che disciplina gli interventi eseguiti in base a permesso annullato e prevede l’applicazione della cd. fiscalizzazione dell’abuso - e quindi la sostituzione della sanzione demolitoria con quella pecuniaria - per i casi nei quali risulti impossibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino.

Ordine di demolizione e fiscalizzazione abusi: ambiti di applicazione

Spiega Palazzo Spada che non risulta condivisibile, tuttavia, la tesi del ricorrente secondo cui il regime dell’art. 38 del TUE sarebbe differente da quello previsto, sempre dal TUE, all’art. 31, che impone - per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali - l’applicazione in primo luogo della sanzione demolitoria e la conseguente acquisizione dell’abuso al patrimonio del Comune in caso di inottemperanza.

Le due disposizioni, sottolineano i giudici d'appello, appartengono allo stesso sistema e devono essere lette in correlazione l’una all’altra, pertanto, si rileva quanto segue.

L’annullamento del permesso di costruire priva l’immobile costruito del titolo che lo avrebbe dovuto legittimare, rendendo applicabile la sanzione ripristinatoria di cui all’art. 31, che, in presenza dei presupposti di cui all’art. 38, può essere sostituita dalla sanzione pecuniaria, con la possibilità di mantenere le opere abusive previo versamento della somma pari al valore venale delle stesse.

La “fiscalizzazione” di cui all’art. 38, infatti, costituisce un’eccezione alla regola generale secondo cui ogni costruzione abusiva dev’essere sempre demolita; eccezione che non è basata sulla valutazione della conformità delle opere alla disciplina urbanistica - come previsto per l’accertamento della doppia conformità di cui all’art. 36 del TUE - ma che viene valutata in ragione della presenza di un permesso di costruire inizialmente rilasciato, che giustifica la costruzione dell’abuso e potenzialmente determina un legittimo affidamento del privato alla legittimità del titolo.

In mancanza di tali presupposti, però, si spiega, torna applicabile la regola generale che impone l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi, con la conseguenza automatica, in caso di accertamento dell’inottemperanza a tale obbligo, dell’imposizione dell’ulteriore sanzione di acquisizione al patrimonio comunale dell’abuso edilizio, dell’area di sedime e delle ulteriori aree interessate dalla potenziale realizzazione di altre opere illecite.

Difatti, qualora il termine per demolire dovesse scadere, i destinatari dell’ordinanza commetterebbero un secondo illecito di natura omissiva, che da un lato, comporta la perdita ipso iure della proprietà del bene e l’irrogazione della sanzione pecuniaria, e dall’altro lato, la sostituzione dell’obbligo di demolire con l’obbligo di rimborsare l’Amministrazione per le spese anticipate per il ripristino.

Permesso annullato: fiscalizzazione applicabile solo per vizi formali

Nel caso in esame, l’acquisizione del fabbricato e dell’area di sedime al patrimonio comunale è giustificata dall’accertata inosservanza all’obbligo di ripristino; obbligo che, a sua volta, è stato disposto in virtù della sopravvenuta assenza del titolo edilizio che ne avrebbe legittimato la costruzione - per via dell’annullamento dello stesso - e dall’insussistenza dei requisiti necessari per applicare la fiscalizzazione dell’abuso.

Le opere, nello specifico, hanno riguardato la realizzazione di un immobile per il parcheggio di veicoli e di una palazzina ad uso uffici e servizi connessi, e il permesso è stato annullato in virtù del fatto che - nelle NTA del PRG vigente all’epoca di realizzazione - era concessa la costruzione di soli parcheggi ad uso pubblico mentre in questo caso l’impiego risultava privato.

In particolare, non è condivisibile la tesi secondo cui tale vizio sarebbe qualificabile solo come “formale” e non “sostanziale”. Difatti, precisano i giudici, il vizio riscontrato attiene proprio alla sostanzialità del titolo e, in particolare, alla contrarietà del permesso alla normativa urbanistica vigente, e, peraltro, non sono stati riscontrati elementi ostativi alla rimozione dell’opera abusiva.

Si spiega infatti che: “Il contrasto tra la destinazione funzionale dell’immobile […] e la disciplina urbanistica non può considerarsi meramente formale, ma costituisce piuttosto un vizio sostanziale insanabile […]: per tale ragione non vi erano né la possibilità di convalidare il provvedimento, né i presupposti per la “fiscalizzazione dell’abuso”.

Acquisizione abuso al patrimonio comunale: cosa prevede la legge

Risulta irrilevante anche la doglianza secondo cui il provvedimento di acquisizione gratuita del bene e delle relative aree al patrimonio comunale sarebbe stata disposta in relazione ad un’area superiore a quella di sedime, e che, in conseguenza di ciò, la perdita della proprietà avrebbe comportato un sacrificio sproporzionato per il ricorrente.

Ebbene, si fa presente che l’art. 31 del TUE dispone, al comma 3, che:

Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

In proposito viene specificato che, mentre l’acquisizione del bene abusivo e dell’area di sedime avviene in maniera automatica, l’individuazione dell’ulteriore area da acquisire dev’essere invece motivata, volta per volta, con l’esplicitazione delle modalità di delimitazione della stessa, che devono tener conto di quanto previsto dalle vigenti disposizioni urbanistiche. Difatti, in questo caso, il legislatore non ha predeterminato specificatamente l’ulteriore area acquisibile, ma ha indicato un criterio per determinarla rapportato alla normativa urbanistica rilevante in ogni singolo caso.

Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la legittimità dell'ordine di demolizione e della seguente acquisizione del manufatto e dell'area di sedime al patrimonio comunale, dovuta all'inottemperanza al provvedimento di ripristino dei luoghi.

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