Permesso di costruire annullato: il Consiglio di Stato sulla sanzione pecuniaria
Ribaditi i presupposti per l'applicazione dell’art. 38 del Testo Unico Edilizia, anche in caso di giudicati e le differenze che intercorrono con la doppia conformità
L’annullamento del permesso di costruire anche in fase di giudicato non comporta necessariamente l’irrogazione della sanzione demolitoria, se l’amministrazione ritiene che sussistano i presupposti per quella pecuniaria, in applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Sanzione alternativa alla demolizione: ok anche se il permesso è annullato con sentenza
A confermarlo è il Consiglio di Stato, con la sentenza del 25 ottobre 2023, n. 9243, con la quale ha respinto l’appello proposto contro la sentenza del TAR che aveva confermato la legittimità della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria ai condomini di due edifici e alla ditta costruttrice.
Il contenzioso iniziale si era concluso con l’annullamento dei titoli edilizi da parte del Consiglio di Stato, al quale, con successivi provvedimenti, in ottemperanza al giudicato, il Comune aveva adottato i provvedimenti di irrogazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria ex art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, imponendo in via solidale a tutti i comproprietari e all’impresa costruttrice la sanzione pecuniaria.
Secondo i ricorrenti, il Comune, avrebbe illegittimamente “sterilizzato” gli effetti del giudicato, rendendo totalmente inutile l’attività giurisdizionale poiché l’art. 38 T.U., che è una norma speciale derogatoria e quindi di stretta interpretazione, è applicabile solo alle ipotesi di annullamento in via amministrativa del titolo edilizio e non in caso di annullamento giurisdizionale.
Di diverso avviso il Consiglio: il giudicato non ha conformato in senso vincolato l’azione amministrativa ad esso successiva che risulta, invece, connotata da un residuo margine di discrezionalità.
Il giudicato, infatti, ha per oggetto il mero annullamento dei titoli edilizi e non si estende anche all’obbligo di demolizione delle opere realizzate sulla base dei titoli annullati.
Il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione
In altri termini, il giudicato ha imposto all’ente un mero obbligo di risultato, consistente nell’eliminazione dei riscontrati vizi di legittimità dei titoli edilizi e ha demandato alla discrezionalità amministrativa il quomodo, ossia l’individuazione della modalità più opportuna, tra quelle consentite dall’ordinamento, per realizzarlo alla luce delle circostanze del caso concreto.
Nell’esercizio della propria discrezionalità, l’ente ha disposto l’applicazione della sanzione pecuniaria che, ai sensi dell’art 38 d.p.r. 380/2001, si pone come alternativa a quella demolitoria, al ricorrere dei presupposti ivi indicati, condividendone il carattere reale e ripristinatorio dell’ordine giuridico violato.
Non si può confermare, continuano i giudici di Palazzo Spada, che l’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 si applicherebbe unicamente ai casi di annullamento in via amministrativa dei titoli edilizi, con esclusione dei casi di annullamento in sede giurisdizionale, poiché questa interpretazione non è coerente con la finalità della previsione, consistente nella tutela dell’affidamento del titolare del permesso di costruire circa la legittimità della progettata e compiuta edificazione conseguente al rilascio del titolo, come precisato dall’Adunanza Plenaria n. 17/2020. Quest’ultima- pur pronunciandosi sulla diversa questione relativa all’applicabilità della “fiscalizzazione” ai vizi delle procedure amministrative, ha avuto cura di rimarcare che “l’art. 38 non si sofferma sulla natura giurisdizionale o amministrativa dell’annullamento”.
La giurisprudenza ha anche, chiarito che “Alla base della possibilità, comunque rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione operante, di emendare l’atto dal vizio che lo affligge, si colloca l’esigenza di tutelare l’affidamento del privato che ha realizzato un’opera nella convinzione di averne la prevista legittimazione, essendo peraltro indifferente che il vizio sia stato individuato in via di autotutela, ovvero rilevato all’esito di apposito giudizio.”
Esiste un’ontologica diversità tra la condizione del privato che costruisce senza alcun titolo abilitativo, o in difformità rispetto a quest’ultimo, e quella del privato che edifica un manufatto in conformità ad un titolo che, poi, venga riconosciuto illegittimo.
L’applicazione dell’art. 38 anche ai casi di annullamento giurisdizionale è conforme, quindi, sia al dato positivo che all’interpretazione giurisprudenziale.
Le differenze con la doppia conformità
Inoltre gli appellanti hanno lamentato che il TAR avesse precisato che nel caso di specie non si fosse in presenza di un’ipotesi di sanatoria, come tale soggetta al requisito della doppia conformità né che si applicherebbe il principio del one shot temperato.
Sul punto il Consiglio ha ribadito che l’art. 38 costituisce un eccezionale temperamento al generale principio secondo il quale la costruzione abusiva deve essere sempre demolita. Si tratta di un temperamento che, come chiarito dall’Adunanza Plenaria n. 17/2020, si determina in ragione, non già della sostanziale conformità urbanistica (passata e presente) della stessa (oggetto della diversa fattispecie prevista dall’art. 36 cit.), ma della presenza di un permesso di costruire che ab origine ha giustificato l’edificazione e dato corpo all’affidamento del privato alla luce della generale presunzione di legittimità degli atti amministrativi.
Il fatto che sia necessaria la doppia conformità urbanistica prevista per il permesso di costruire in sanatoria anche ai fini dell’irrogazione della sanzione alternativa alla demolizione, amplia oltre i confini letterali l’equiparazione tra le due fattispecie sancita dal comma 2 dell’art. 38 (secondo cui “l’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36”) e introduce in via interpretativa una condizione ulteriore-quella della doppia conformità urbanistica- non contemplata dal comma 1 del citato articolo.
Il rinvio all’art. 36 è solo quoad effectum e non consente alcuna sovrapposizione tra la c.d. “fiscalizzazione” dell’abuso consentita dall’art. 38 e il permesso di costruire in sanatoria disciplinato dall’art. 36.
Le differenze ontologiche tra i due istituti sono ravvisabili perfino nella diversità delle relative conseguenze economiche, stante che nel primo caso (l’accertamento di conformità) è previsto il pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella predeterminata dalla medesima normativa; nel secondo, invece, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale, come accaduto nel caso di specie.
One shot temperato: no alla riproposizione dello stesso provvedimento
Nessuna violazione inoltre del principio di one shot temperato: questo principio è volto ad evitare che l’amministrazione possa riprovvedere per un numero infinito di volte ad ogni annullamento in sede giurisdizionale; è dovere della stessa pubblica amministrazione riesaminare una seconda volta l’affare nella sua interezza, sollevando tutte le questioni rilevanti, con definitiva preclusione (per l’avvenire, e, in sostanza, per una terza volta) di tornare a decidere sfavorevolmente per il privato.
Il principio trova applicazione nei casi in cui, a seguito di giudicato di annullamento di un primo provvedimento sfavorevole, l’amministrazione adotti un nuovo provvedimento di identico contenuto.
Esso non riguarda il caso in esame, ove non si verte in tema di “rinnovazione” dello stesso provvedimento annullato in sede giurisdizionale, bensì dell’ottemperanza al giudicato di annullamento del titolo edilizio mediante l’adozione del diverso e succedaneo provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria in alternativa all’ordine di demolizione.
Permesso di costruire annullato: quando non si può applicare la sanzione pecuniaria
L’art.38 d.p.r. 380/2001 non trova applicazione nel solo caso di impossibilità di rimozione dei vizi delle procedure amministrative, ma anche nel caso di impossibilità di riduzione in pristino del bene, laddove il titolo edilizio sia stato annullato non per vizi formali o procedurali, bensì sostanziali.
Si tratta, infatti, di due condizioni eterogenee poiché la prima attiene alla sfera dell’amministrazione e presuppone che l’attività di convalida del provvedimento amministrativo (sub specie del permesso di costruire), ex art. 21 nonies comma 2, mediante rimozione del vizio della relativa procedura, non sia oggettivamente possibile; la seconda attiene alla sfera del privato e concerne la concreta possibilità di procedere alla restituzione in pristino dello stato dei luoghi (Ad. Plen. 17/2020 che si è occupata unicamente della prima delle due condizioni; cfr. punto. 4.3.1 della motivazione).
Infine, concludono i giudici, l’art. 38 impone una priorità logica di valutazione e non cronologica di adozione tra sanzione demolitoria e sanzione pecuniaria, poiché quest’ultima, costituendo un’eccezionale deroga al principio di necessaria repressione a mezzo demolizione degli abusi edilizi, impone una motivata valutazione circa l’impossibilità della rimozione dei vizi delle procedure amministrative o l’impossibilità di restituzione in pristino (Ad. Plen. 17/2020). L’aver individuato la sanzione applicabile in sede di ottemperanza a un giudicato di annullamento non determina né un vizio di violazione di legge né un vizio di eccesso di potere.
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SentenzaIL NOTIZIOMETRO