Permesso di costruire annullato: sì o no alla sanatoria?
La Corte di Cassazione definisce condizioni e ambiti di applicabilità dell'art. 38 del Testo Unico Edilizia per interventi eseguiti in base a permesso annullato
Ottenere una sanatoria edilizia non è cosa semplice, considerata la mole di documenti da predisporre e anche i tempi spesso lunghi che bisogna attendere; persino le norme a cui fare riferimento sono differenti.
Non dimentichiamo infatti che, al netto delle 3 leggi sul condono edilizio, la sanatoria edilizia è concessa solo ai sensi degli artt. 36 (accertamento di conformità) e 37 (Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Secondo quanto previsto dalle due norme, la sanatoria può essere concessa solo in presenza della c.d. “doppia conformità”, ovvero che l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Permesso di costruire annullato: le sanzioni e gli effetti
A parte questi casi, rimangono solo la demolizione e il ripristino dello stato legittimo oppure nel caso, quest’ultimo non possa essere efefftuato senza compromettere le parti conformi, è possibile procedere con l’applicazione delle seguenti norme:
- art. 33 (comma 2) - interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- art. 34 (comma 2) - interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- art. 38 (commi 1 e 2) - interventi eseguiti in base a permesso annullato.
I 3 articoli, sono accomunati dalla possibilità di irrogare una sanzione alternativa alla demolizione, che però in due casi (artt. 33 e 34) non produce la sanatoria, ma solo una “tolleranza” dell’abuso che rimane tale. L’unico che invece produce gli stessi effetti della sanatoria è l’art. 38, ma naturalmente solo se ricorrono le condizioni previste dalla norma.
Sanatoria e permesso di costruire annullato: il no della Cassazione
Cosa che non è accaduta, nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11783/2023, con la quale ha confermato la condanna e l’ordine di demolizione di un capannone abusivo, sul quale non era applicabile l’art. 38, in quanto di fatto, non esisteva un titolo pregresso successivamente annullato e sul quale il provato potesse fondare un legittimo affidamento.
Già la Corte d'Appello aveva escluso la sussistenza dei presupposti applicativi dell'art. 38, in considerazione della mancanza, da un lato, della "buona fede" del condannato, che aveva proposto l’istanza oltre venti anni dopo aver avuto notizia della illegittimità della concessione in sanatoria ottenuta nel 1998 e aveva ritenuto insussistente anche l'altro presupposto costituito dalla "impossibilità della riduzione in pristino", non essendo stato prospettato alcun tipo di impedimento o di rischio a dare attuazione all'ordine di demolizione
Come ricorda la Cassazione l'art. 38 d.P.R. n. 380 del 2001 prevede:
- al comma 1, che "in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all'interessato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa".
- al comma 2, "l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36".
Con le disposizioni dettate dall'art. 38 il legislatore ha inteso salvaguardare l'affidamento del soggetto che ha realizzato la costruzione in forza di titolo poi annullato.
In altri termini, il tenore letterale della locuzione "in caso di annullamento del permesso di costruire", con cui si apre il comma 1, impone di ritenere che, nell'ambito applicativo dell'art. 38, rientrino i soli casi in cui l'intervento edilizio sia stato realizzato in forza di un titolo abilitativo precedentemente richiesto da un soggetto che abbia confidato sulla sua legittimità, ma che ne abbia successivamente subìto l'annullamento. Del resto, la stessa rubrica dell'art. 38 appare significativa nel riferirsi agli "interventi eseguiti in base a permesso annullato".
Queste conclusioni hanno ricevuto una definitiva conferma da un recente intervento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 17/2020), secondo la quale «il pacifico effetto della disposizione in commento è quello di tutelare, al ricorrere di determinati presupposti e condizioni, l'affidamento ingeneratosi in capo al titolare del permesso di costruire circa la legittimità della progettata e compiuta edificazione conseguente al rilascio del titolo, equiparando il pagamento della sanzione pecuniaria al rilascio del permesso in sanatoria».
Permesso di costruire annullato: le differenze con l'accertamento di conformità
Il massimo organo della giustizia amministrativa ha anche precisato, tracciando una netta distinzione tra l'istituto in esame e quello dell'accertamento di conformità, di cui all'art. 36 d.P.R. n. 380/2001, che «l'equiparazione è solo quoad effectum, costituendo un eccezionale temperamento al generale principio secondo il quale la costruzione abusiva deve essere sempre demolita; temperamento in ragione, non già della sostanziale conformità urbanistica (passata e presente) della stessa (oggetto del diversa fattispecie prevista dall'art. 36 cit.), ma della presenza di un permesso di costruire che ab origine ha giustificato l'edificazione e dato corpo all'affidamento del privato alla luce della generale presunzione di legittimità degli atti amministrativi».
Inoltre l'Adunanza Plenaria ha spiegato che per "rimozione dei vizi delle procedure amministrative" si inendono “esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'amministrazione, risultino di impossibile rimozione».
Nel disattendere l'opposta linea interpretativa, volta a ricomprendere nella rivalutazione ex art. 38 anche i vizi di natura sostanziale che abbiano determinato l'annullamento di un permesso di costruire, l'Adunanza Plenaria ha anche precisato che «la tutela dell'affidamento attraverso l'eccezionale potere di sanatoria contemplato dall'art. 38 non può infatti giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell'amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, l'inammissibile elusione del principio di programmazione e l'irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito».
Art. 38 inapplicabile senza annullamento di un titolo edilizio
Applicando i principi fin qui esposti, gli ermellini hanno respinto il ricorso, evidenziato l’impossibilità di ricondurre l’intervento eseguito nell'alveo dell'art. 38, non solo per il "difetto di buona fede" del ricorrente, che ha "reagito" all'avvio del procedimento per l'esecuzione della demolizione presentando una richiesta ex art. 38 oltre venti anni dopo aver avuto notizia della illegittimità della concessione in sanatoria, ma anche, ed anzi prima ancora, per l'assoluta estraneità della fattispecie all'ambito applicativo della norma.
Questo perché il manufatto non è stato realizzato in forza di un titolo abilitativo successivamente annullato, ma comunque idoneo a fondare nel privato un affidamento sulla legittimità del proprio intervento: situazione che avrebbe reso ammissibile, ed anzi giustificato, il ricorso a quel che l'Adunanza Plenaria ha definito, una «eccezionale deroga al principio di necessaria repressione a mezzo demolizione degli abusi edilizi».
Al contrario, è stata l'edificazione sine titulo ad aver determinato già la condanna in primo grado e la definitiva affermazione della sua responsabilità penale in grado d'appello, con una sentenza che ha sancito l'illegittimità della concessione in sanatoria ottenuta medio tempore.
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