Permesso di costruire scaduto: i lavori già fatti sono abusivi?
In caso di interventi non ultimati, la parte già realizzata è legittima oppure no? Ecco la risposta del Consiglio di Stato
Il permesso di costruire non è sine die, ma ha una durata ben precisa, che prevede solo una proroga e a determinate condizioni. Cosa succede allora quando esso decade? È possibile presentare una nuova istanza? E i lavori già eseguiti sono abusivi oppure no?
Decadenza permesso di costruire e presentazione nuova istanza: la sentenza del Consiglio di Stato
Si tratta di quesiti interessanti a cui ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5258/2022, relativa a un diniego di rinnovo del permesso di costruire.
Il caso riguarda la richiesta di permesso di costruire inoltrata dal proprietario di un edificio per la realizzazione di una sopraelevazione sull’immobile in questione. Dopo avere ottenuto il titolo edilizio e avere pagato sia la prima rata degli oneri concessori che alcune fatture per l’acquisto di materiali, si è trovaro a interrompere i lavori per sopraggiunte difficoltà economiche. Per evitare anche la decadenza del permesso di costruire, ha presentato domanda di proroga.
Qualche anno dopo, ai sensi dell’art.15 comma 3, del D.P.R. n.380/2001, l’appellante ha presentato una nuova istanza per il rilascio di permesso di costruire per il completamento dei lavori a suo tempo iniziati e non portati a termine. Il Comune, previa autorizzazione paesaggistica, ha rilasciato il permesso di costruire, che però è decaduto a causa dell’inerzia della Regione che, solo sei anni dopo, ha comunicato l’ok sull’adeguamento sismico del progetto.
A quel punto il Comune ha comunicato che occorreva ripresentare istanza per un nuovo permesso di costruire, che però ha negato, concludendo che i presupposti sul quale avrebbe potuto rilasciarlo era tramite accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, e quindi di fatto come domanda di sanatoria per i lavori già eseguiti.
Gli effetti della decadenza del permesso di costruire
Nel valutare il caso, il Consiglio di Stato ha ricordato che, ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), l'inutile decorso del termine triennale d'efficacia del titolo edilizio comporta:
- la decadenza del titolo per la parte non eseguita alla scadenza dei relativi termini;
- inibisce l'ulteriore corso dei lavori;
- non determina l'illiceità di quanto già realizzato nella vigenza del titolo stesso, purché dette opere siano autonome e scindibili rispetto a quelle da demolire.
In particolare, il comma 3 stabilisce che “La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell'articolo 22. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione”.
Pertanto, hanno spiegato i giudici di Palazzo Spada, è errata la conclusione secondo cui la domanda avrebbe dovuto essere presentata in termini di sanatoria, perché il Comune avrebbe invece dovuto svolgere la previa verifica dell’applicabilità dell’invocato art. 15 comma 3.
Il ricorso è stato quindi accolto: il Comune non avrebbe dovuto considerare abusive le opere realizzate fino a quel momento perché fatte in presenza di titolo edilizio; avrebbe inoltre dovuto assentire il rilascio del nuovo permesso di costruire, considerando che, in presenza di autorizzazione paesaggistica e sismica, le condizioni per il suo rilascio erano favorevoli.
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