Piano Casa: le proposte di intervento del CNI
Nuovo incontro del Tavolo Tecnico con il Ministro Salvini. Per il Consiglio Nazionale degli Ingegneri è necessario rivedere il social housing
Continuano i lavori sulla predisposizione del nuovo Piano Casa, con il secondo incontro del Tavolo Tecnico a cui ha preso parte anche il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, e durante il quale il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, rappresentato dalla Consigliera con delega all’urbanistica, alla rigenerazione urbana e alla disciplina dell’edilizia, Irene Sassetti, ha presentato un documento con precise linee di intervento.
Nuovo Piano Casa: le proposte del CNI
L’incontro è stato introdotto dal Ministro, che ha ribadito come il Piano non abbia soltanto come obiettivo rispondere al disagio e alla necessità di assegnazioni in emergenza, ma voglia invece rivolgersi anche a quel ceto medio in difficoltà che non ha accesso né al mercato dell’affitto né a quello dell’acquisto. Salvini ha anche annunciato la creazione di quattro sotto tavoli a cui prenderanno parte altrettanti gruppi di lavoro, che si occuperanno dei vari aspetti specifici della materia.
Un orientamento condiviso dal CNI, come testimonia il documento contenente le proposte per la realizzazione del nuovo Piano. Secondo il Consiglio, dopo un lungo periodo di sperimentazione di politiche finalizzate ad incentivare l’edilizia residenziale pubblica per le fasce deboli della popolazione, è giunto il momento di ridefinire le norme in materia ed elaborare un piano di medio-lungo periodo di interventi per la ristrutturazione e la realizzazione di alloggi di edilizia pubblica.
Le linee di intervento del Piano Casa
In particolare l’avvio della nuova fase programmatoria in materia di social housing deve prevedere:
- una quantificazione e qualificazione ben precisa della platea di soggetti e nuclei familiari potenziali considerando, oltre alle famiglie in condizioni disagiate, anche categorie come gli studenti fuori sede, i lavoratori fuori sede, i lavoratori temporanei;
- l’individuazione di aree ed edifici pubblici inutilizzati da riconvertire in strutture di social housing;
- la definizione delle modalità di intervento;
- la quantificazione dei costi relativi alla ristrutturazione degli edifici di edilizia residenziale pubblica più vetusti, spesso in condizioni di grave degrado;
- la definizione dei finanziamenti anche prevedendo forme che mettano insieme pubblico e privato.
A sostegno delle proprie proposte, il CNI ha sottolineato come l’Italia non sia mai riuscita a soddisfare pienamente la domanda di alloggi di edilizia pubblica a prezzi contenuti, tanto che permane da decenni un gap tra fabbisogno effettivo di alloggi e l’offerta gestita a livello locale dai Comuni: basti pensare che la domanda inevasa ammonta a 650mila alloggi, corrispondenti al fabbisogno di almeno 1 milione di persone.
Per contro, negli ultimi 8 anni i permessi di costruire legati ad edilizia residenziale pubblica si sono tenuti su livelli piuttosto contenuti, con una media annua di 200mila metri cubi autorizzati per nuove costruzioni e una media annua di 153mila metri cubi autorizzati per interventi di ampliamento. Il patrimonio di edilizia pubblica, costruito sin dagli inizi del secolo scorso, si compone attualmente, secondo le stime OCSE, attualmente di poco più di 850mila alloggi (750mila secondo Federcasa). Infine, il problema sociale: gran parte di queste strutture con il tempo si sono spesso trovate a far parte di aree degradate in cui oggi si concentrano circa di 2 milioni persone, nella maggior parte dei casi posti in una condizione di estrema fragilità sociale.
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