Plusvalenze e superbonus: una guerra diventata questione di principio
La proposta sulle seconde case oggetto di interventi Superbonus non solo può portare a una contrazione delle ristrutturazioni, ma ha anche effetti distorsivi sul mercato immobiliare
La legge di bilancio per il 2024, che in questi giorni inizierà l’iter parlamentare, contiene delle misure che colpiscono pesantemente coloro che hanno utilizzato o che stanno utilizzando il superbonus. Si tratta della plusvalenza che matura sulla cessione di un’abitazione su cui sono stati realizzati interventi di efficientamento energetico e/o di adeguamento del rischio sismico. In termini poco eleganti, “fai i lavori con i soldi dello Stato che poi me li riprendo”.
Cessione di immobili: cosa sono le plusvalenze
La plusvalenza sulle cessioni di immobili è una disposizione che già esiste da tempo e consiste nell’applicazione di un’imposta con aliquota del 26% sulla differenza tra l’importo di vendita e l’importo di acquisto di un immobile. Nel calcolo, sono generalmente imputate a costo anche le spese sostenute per manutenere l’immobile nel corso degli anni di possesso.
La norma in discussione è la lettera b) del comma 1 dell’art. 67 del TUIR: “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante”.
Mettiamo subito in chiaro che le abitazioni principali e quelle ricevute per successione sono escluse da questa nuova misura proposta dal Governo. Per cui, chi ha un immobile adibito ad abitazione principale e chi ha ereditato un altro immobile, anche non adibito ad abitazione principale, non ha di che preoccuparsi: in futuro, potranno cedere l’immobile senza essere soggetti alla pesante tassazione prevista in questa legge di bilancio.
Superbonus e plusvalenze: cosa prevede il DDL di Bilancio 2024
Ma tutti coloro che hanno una seconda casa su cui hanno realizzato degli interventi con il superbonus e venderanno l’immobile, saranno inevitabilmente soggetti ad un’imposta pari al 26% da calcolare sulla plusvalenza realizzata.
Le regole previste (ma che dovranno seguire l’iter parlamentare prima della definitiva approvazione e che possono, quindi, subire delle modifiche) sono:
- per i primi 5 anni, nel calcolo della plusvalenza sono esclusi tutti i costi sostenuti con la misura agevolativa prevista dall’art. 119 D.L. 34/2020 (c.d. “Superbonus”);
- dal sesto al decimo anno, nel calcolo della plusvalenza sono esclusi il 50% dei costi sostenuti con il Superbonus;
- sono esclusi i contribuenti che hanno detratto in dichiarazione dei redditi le spese sostenute.
Cessione di immobile rinnovato con Superbonus: come si calcola la plusvalenza?
Ma come si calcola la plusvalenza sulla cessione dell’immobile rinnovato con il superbonus?
Il calcolo della base imponibile su cui si applica l’aliquota del 26% è il seguente: Prezzo della cessione meno il prezzo di acquisto meno i costi sostenuti documentati ad esclusione di quelli agevolati con il Superbonus.
Facciamo degli esempi.
Esempio A
Un’abitazione acquistata nel 2000 sarà ceduta nel 2025. Non è un’abitazione principale del cedente. Nel 2002 e nel 2023 sono stati realizzati interventi di ristrutturazione edilizia.
- Prezzo di acquisto € 200.000
- Prezzo di vendita € 400.000
- Costi sostenuti:
- Spese notarili € 2.000
- Imposte e tasse € 10.000
- Spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel 2002 € 50.000
- Spese sostenute nel 2023 per superbonus € 80.000
- Totale costi sostenuti deducibili € 62.000
- Totale costi sostenuti indeducibili € 80.000
In questo esempio, la base imponibile è data dalla differenza tra € 400.000 e la somma di € 200.000 e di € 62.000. Quindi sarà pari ad € 138.000. L’imposta da pagare sarà pari al 26% di € 138.000, cioè € 35.880.
Esempio B
Un’abitazione costruita nel 1990 sarà ceduta nel 2024. L’abitazione, utilizzata come abitazione principale per dieci anni, diventa seconda casa per i successivi anni fino alla sua cessione. Nel 2017 si realizzano interventi di ristrutturazione edilizia per € 30.000 e nel 2022 si realizzano interventi di riduzione del rischio sismico e di efficientamento energetico per € 150.000.
- Costi di costruzione in base al contratto d’appalto € 150.000
- Costi di progettazione € 10.000
- Oneri comunali di urbanizzazione € 10.000
- Spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel 2017 € 30.000
- Spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel 2022 € 150.000
- Prezzo di vendita € 250.000
- Costi di costruzione e spese di ristrutturazione deducibili € 200.000
- Spese di ristrutturazione indeducibili € 150.000
In questo secondo esempio, la base imponibile è data dalla differenza tra € 250.000 ed € 200.000. Quindi sarà pari ad € 50.000. L’imposta da pagare sarà pari al 26% di € 50.000, cioè € 13.000.
Esempio C
Un’abitazione acquistata nel 1995 sarà ceduta nel 2024. L’abitazione è una residenza estiva che nel 2009 subisce importanti danni a causa di un terremoto. L’immobile viene ristrutturato, sia dal punto di vista sismico che di efficientamento energetico con il superbonus nel 2021. I proprietari avevano intenzione di fruire dei contributi statali per il terremoto ma, con l’avvento del superbonus, avevano optato per questa agevolazione più conveniente.
- Prezzo di acquisto € 150.000;
- Costi di acquisto € 20.000;
- Prezzo di vendita € 250.000;
- Spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel 2021 € 150.000.
In questo terzo esempio, i proprietari, oltre al danno, subiranno una beffa: la scelta di optare per il superbonus anziché i contributi per la ricostruzione ha comportato un ulteriore danno economico rappresentato dalla plusvalenza che dovranno calcolare sulla differenza tra € 250.000 e € 170.000, pari ad € 80.000. La plusvalenza da pagare sarà pari ad € 20.800.
Gli effetti macro-economici del settore immobiliare
L’effetto distorsivo che la norma proposta provoca sul mercato immobiliare è palese. I proprietari degli immobili nel mirino del Fisco eviteranno di venderli per tutto il periodo in cui la plusvalenza verrebbe applicata bloccando sostanzialmente la compravendita degli immobili recentemente ristrutturati. Non si tratta ovviamente di una fetta di mercato importante, ma “l’effetto eco” che segue le aspettative razionali del contribuente medio quando le informazioni non sono disponibili per il futuro, moltiplicherà il numero di proprietari che si terranno ben lontani dal programmare la vendita di seconde case che potrebbero essere colpite da future norme restrittive di improvvise decisioni governative.
Ma l’effetto più grave è dato dalla perdita di appeal che avranno tutte le tipologie di ristrutturazione edilizia, di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico. Una norma che guarda con sospetto coloro che provvedono ad efficientare la propria abitazione dal punto di vista energetico e renderla più sicura dal punto di vista sismico, provoca un disinteresse della popolazione a sostenere spese che potrebbero innescare un incremento della tassazione in una futura cessione.
Questa norma, al limite della lesione dei princìpi costituzionali, è cervellotica quanto quella del superbonus al 90% utilizzabile solo da coloro che avevano un reddito complessivo inferiore a 15.000 euro parametrato al quoziente familiare, ma senza la possibilità di utilizzare la cessione del credito o lo sconto in fattura (c’era da chiedersi come una famiglia poteva sostenere delle spese importanti avendo un reddito esiguo e che non permetteva nemmeno la detrazione in dichiarazione).
La limitazione alla trasferibilità degli immobili e la conseguente mancata liquidità per coloro che sono in possesso di immobili potenzialmente cedibili, è una evidente limitazione della libertà di monetizzare i propri risparmi per esigenze che il legislatore non potrà mai sapere. Infatti, i motivi di cessione di un immobile non sono limitati ad un mero intento speculativo così come pensa il Governo, ma possono essere legati a motivi di salute, per separazioni e divorzi, per trasferimenti all’estero, per copertura di debiti, per estinzione di mutui insostenibili o per mantenere un figlio all’università.
Superbonus: una guerra diventata questione di principio
L’atteggiamento ostile di parte della politica, tradotto in norme restrittive sul superbonus, fa sospettare che la guerra alla misura agevolativa ex art. 119 D.L. 34/2020 sia diventata più una questione di principio che un impegno serio alla riduzione delle spese di Stato. La ritorsione contro l’ignaro e fiducioso contribuente che utilizza agevolazioni previste da una legge di Stato è poco sopportabile in uno Stato di diritto e rappresenta un segnale di sfiducia verso le istituzioni.
L’ultima considerazione è sui cosiddetti incapienti. Tutte le ultime decisioni sul superbonus vanno in una sola direzione: rendere impossibile l’accesso ai bonus edilizi per chi ha redditi bassi. Prima l’accennato superbonus al 90%, poi il blocco delle cessioni dei crediti e infine le plusvalenze sulle vendite di immobili ristrutturati per chi ha utilizzato le opzioni di cessione e sconto in fattura. Più di una questione di principio mi sembra un macroscopico nonsenso.
A cura di Dott. Luciano
Ficarelli
Dottore Commercialista
Esperto in bonus edilizi
Abilitato al rilascio del Visto di Conformità
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