Portico in legno, serve il titolo edilizio?

Per la contestazione di un intervento edilizio, la pubblica amministrazione deve fornire dati inconfutabili circa l’abuso

di Redazione tecnica - 20/02/2025

Quando un portico in legno necessita del permesso di costruire? Quali sono i limiti dimensionali per considerare un'opera pertinenziale e non un abuso edilizio? E in che modo si concilia tutto questo con il regolamento edilizio comunale?

Portico in legno: interviene il TAR

Domande che, come spesso accade, non trovano risposta all’interno di una sola legge (benché la legge che regola l’attività edilizia si chiami “Testo Unico Edilizia”) ma in un’intricata selva di normative nazionali, regionali e comunali (oltre che una buona dose di buonsenso) oppure nelle aule dei tribunali, dove si gioca la partita. È il caso della sentenza n. 23/2025 del TAR Emilia-Romagna che affronta proprio questo tema, offrendo spunti importanti per chi si occupa di urbanistica e diritto edilizio.

La vicenda nasce da un'ordinanza del Comune che disponeva la demolizione di un portico in legno di “circa” 31,5 mq, ritenuto privo di titolo abilitativo. Il proprietario, contestando la misura, ha impugnato l'ordinanza davanti al TAR, sostenendo che il portico, realizzato tra il 2013 e il 2014, rientrava nei limiti dimensionali previsti dal regolamento edilizio comunale, che lo classificava come opera pertinenziale soggetta a DIA (oggi SCIA) e non a permesso di costruire.

La posizione del TAR: precisione e buon senso

Il TAR Emilia-Romagna ha accolto il ricorso, sottolineando due aspetti chiave:

  1. misurazioni imprecise: il Comune aveva indicato una superficie "circa" 31,5 mq, appena sopra il limite dei 30 mq stabilito dal regolamento comunale per considerare il portico un'opera pertinenziale. Tuttavia, la perizia di parte ricorrente indicava una superficie netta di 20 mq, non contestata dall'amministrazione;
  2. regolamento edilizio comunale: il TAR ha evidenziato che, secondo l'art. 97 del regolamento edilizio del Comune (introdotto nel 2010), le tettoie e i porticati in legno fino a 30 mq sono opere pertinenziali prive di rilevanza urbanistica e quindi soggette a SCIA, non a permesso di costruire.

Un altro punto di frizione riguardava la distanza dai confini. Il Comune aveva sostenuto che l'opera non poteva essere sanata per il mancato rispetto delle distanze, nonostante un accordo tra i proprietari confinanti risalente al 2008. Il TAR ha chiarito che, se il Comune ammette la deroga alle distanze su accordo tra privati, non può poi negare la sanatoria per la presunta assenza di tale accordo, specie quando esiste una scrittura privata, anche se non registrata.

Conclusioni

Questa sentenza ci ricorda quanto sia fondamentale, per i tecnici e le amministrazioni, un'attenta qualificazione urbanistica delle opere edilizie. Non ogni manufatto in legno richiede un permesso di costruire e, soprattutto, le norme locali (se coerenti con il quadro nazionale) non possono essere ignorate a favore di una rigida applicazione del Testo Unico dell'Edilizia.

La lezione? Prima di emettere un'ordinanza di demolizione, occorre verificare con attenzione la disciplina locale, la datazione dell'opera e la reale consistenza dell'abuso. Altrimenti, come dimostra questo caso, il TAR non esiterà a ristabilire il buon senso, annullando provvedimenti e condannando l'ente alle spese di lite.

Una vittoria per il diritto, ma anche un monito per le amministrazioni: il rispetto delle regole vale per tutti, Comune compreso.

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