Principio del risultato: legittima la risoluzione dell'appalto per inadempienze
TAR Lazio: l'obbligo rafforzato di cooperazione che grava sul contraente privato trova oggi conferma nel principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023
È legittima l’iscrizione al casellario ANAC dell’impresa inadempiente e con la quale la SA abbia deciso di risolvere il contratto e revocare l’aggiudicazione dell’affidamento, tanto più se l’operatore non abbia contestato tempestivamente le condizioni per le quali ha lamentato l’impossibilità di adempiere a quanto previsto dall'accordo.
Costituisce, infatti, principio immanente alla disciplina dei rapporti tra appaltatore e committente pubblico quello che pone a carico del primo sia un particolare “dovere cognitivo” delle condizioni richieste ai fini della corretta esecuzione dell’appalto sia l’onere di contestare tempestivamente gli atti di esercizio del potere direttivo intestato al secondo, quali aspetti del più generale obbligo rafforzato di cooperazione che grava sul contraente privato, funzionale al contenimento dei tempi per la realizzazione dell’opera, oggi positivizzato nel principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023.
Risoluzione contratto e iscrizione al casellario ANAC: la sentenza del TAR
A ribadire l’importanza del principio del risultato sancito dal primo articolo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici è stato il TAR Lazio con la sentenza del 25 marzo 2024, n. 5834, con cui ha respinto il ricorso presentato da un’impresa contro l’annotazione nel casellario informatico ai sensi dell'art. 213, co. 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 richiesta da una SA dopo la risoluzione del contratto per gravi inadempienze dell’impresa, per altro subentarte all’orioginaria aggiudicataria.
Nello specifico, la ricorrente avrebbe segnalato al committente le criticità già evidenziate dalla cedente, scontrandosi, a suo parere con un comportamento “poco collaborativo” della stazione appaltante, che avrebbe disconosciuto, di fatto, qualsiasi errore di progettazione e “ribaltato” sull’appaltatore la ricerca di soluzioni per il superamento delle problematiche rappresentate.
Dopo la risoluzione del contratto, l’impresa ricorrente ha quindi chiesto l’annullamento dell’annotazione, nel casellario informatico dei contratti pubblici di cui all’art. 213, co.10, del d.lgs. n. 50/2016, della risoluzione del contratto.
Ricorda il TAR che il casellario dei contratti pubblici contiene “…tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’art. 80. L’Autorità stabilisce le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario ritenute utili ai fini della tenuta dello stesso, della verifica dei gravi illeciti professionali di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c)…”.
Il rinvio dinamico al citato art. 80 esprime, quindi, la volontà del legislatore di dare pubblicità, all’interno del casellario, ai provvedimenti di risoluzione contrattuale, che discendono, ai sensi dell’art. 108 del codice, da una valutazione unilaterale della stazione appaltante, salva la facoltà per l’operatore economico di chiedere successivamente al giudice ordinario l’accertamento dell’insussistenza dei relativi presupposti.
ANAC, pertanto, non può e non deve ingerirsi nelle vicende fattuali e nelle ragioni giuridiche che hanno indotto la stazione appaltante a risolvere il contratto, dovendosi limitare ad una verifica inevitabilmente sommaria delle posizioni delle parti contrattuali, al solo fine di escludere l’inserimento di notizie manifestamente infondate.
A fronte di una segnalazione avente ad oggetto la risoluzione di un contratto, infatti, ANAC non dispone né della competenza né degli strumenti per accertare errori di valutazione della stazione appaltante, a meno che non siano rilevabili palesi violazioni procedimentali da parte del committente pubblico nella fase istruttoria della contestazione degli addebiti, come il mancato rispetto del contraddittorio, ovvero vizi di forma del provvedimento di risoluzione immediatamente identificabili, come gravi lacune motivazionali, che assurgono a indizi sintomatici di un utilizzo distorto del potere di risoluzione contrattuale.
Nel caso di specie, non è stato allegato alcun convincente elemento di straordinarietà a sostegno dell’inutilità dell’annotazione.
Principio del risultato e obiettivi del contratto
Sul punto, ricorda il giudice amministrativo che è principio immanente alla disciplina dei rapporti tra appaltatore e committente pubblico quello che pone a carico del primo sia un particolare “dovere cognitivo” delle condizioni richieste ai fini della corretta esecuzione dell’appalto sia l’onere di contestare tempestivamente gli atti di esercizio del potere direttivo intestato al secondo, quali aspetti del più generale obbligo rafforzato di cooperazione che grava sul contraente privato, funzionale al contenimento dei tempi per la realizzazione dell’opera, oggi positivizzato nel principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023.
Ne sono chiara espressione tutti quegli istituti deputati a prevenire, laddove possibile, ovvero a risolvere celermente, negli altri casi, i contrasti che insorgono tra le parti allorché la realtà in cui si trova concretamente ad operare l’impresa non coincida con la rappresentazione che della stessa sia contenuta nei documenti predisposti dalla stazione appaltante, come dimostrano le norme sull’inammissibilità delle riserve su progetti validati, di cui all’art. 205, co. 2, del d.lgs. 50/2016 (oggi art. 210, co.2, del d.lgs. n. 36/2023), e quelle sulla consegna dei lavori e sulle riserve, di cui agli artt. 5 e 9 del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 marzo 2018, n. 49 (oggi artt. 3 e 7 dell’allegato II.14 al d.lgs. n. 36/2023), che sottopongono le eccezioni dell’appaltatore ad un rigido sistema di decadenze.
L'impresa deve provare l'impossibilità adempiere alle richieste della SA
Con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’operatore economico lamenti errori o carenze del progetto, è stato, poi, osservato che “Nell'appalto, sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi dell'appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risultato promesso, sicché la scoperta in corso d'opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l'esecuzione dei lavori, non può essere invocata dall'appaltatore per esimersi dall'obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l'opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione o un indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, restando la sua responsabilità esclusa solo se le condizioni geologiche non siano accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali”.
In questo caso la ricorrente non ha fornito, a ben vedere, prove “pronte e liquide” delle anomalie progettuali denunciate e, soprattutto, della diligenza spesa per intercettare preventivamente le difficoltà esecutive che poi asserisce di aver incontrato nella realizzazione delle fondazioni, così come del rincaro dei prezzi dei materiali.
Non sussistono, pertanto, i caratteri della “manifesta infondatezza” della segnalazione al cospetto della quale l’ANAC. avrebbe dovuto astenersi dall’annotazione.
il ricorso è stato quindi respinto: la notizia, quindi, coerentemente con la funzione neutrale rivestita dall’ANAC nell’esercizio del potere di annotazione e con le finalità di pubblicità notizia delle iscrizioni di cui all’art. 213, co.10, del d.lgs. n. 50/2016, dà correttamente visibilità alla diversa posizione dei contraenti rispetto alla vicenda e alla mancata acquiescenza dell’impresa alla risoluzione del contratto, fornendo tutti gli elementi “utili” alle valutazioni delle stazioni appaltanti in occasione della consultazione del casellario.
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