Realizzazione tettoie: pertinenze urbanistiche o nuove costruzioni?
Il Consiglio di Stato ricorda i presupposti per i quali un manufatto possa essere considerato pertinenza oppure necessiti del permesso di costruire
In ambito urbanistico, il concetto di pertinenza è molto più restrittivo di come inteso in senso civilistico, e può essere applicato esclusivamente alle opere di modesta entità che siano accessorie e coessenziali al bene principale.
In tale ottica, non possono considerate pertinenze dell’immobile principale dei manufatti consistenti in una tettoia di ingenti dimensioni e una struttura di ricovero per animali, caratterizzate da elementi che ne denotino il potenziale impiego autonomo atto a soddisfare esigenze permanenti.
Si tratta a tutti gli effetti di nuove opere per le quali è obbligatorio il rilascio del Permesso di Costruire, e che sono quindi assoggettabili a ordine di demolizione.
Pertinenze urbanistiche: quali caratteristiche per le tettoie?
A ribadire il concetto è il Consiglio di Stato con la sentenza del 25 giugno 2024, n. 5605, con cui ha rigettato il ricorso contro l’ordine di demolizione di opere di dimensioni considerevoli e denotate da carattere autonomo e durevole, che pertanto non possono essere inquadrate come pertinenze urbanistiche.
I giudici di Palazzo Spada, hanno ribadito che, affinché un manufatto possa essere considerato pertinenziale dal punto di visto urbanistico, è fondamentale che questo risulti del tutto coessenziale all’immobile principale, in maniera tale che non possa essere impiegato, neanche potenzialmente, per alcun altro utilizzo autonomo o separato rispetto a quello accessorio di pertinenza.
Si spiega dunque che non si possono considerare come pertinenze le opere oggetto del caso in esame, ovvero:
- una tettoia adibita a riparo per autoveicoli, di dimensioni pari a circa 28x5 metri;
- una struttura utilizzara come stalla e deposito alimenti, di dimensioni pari a circa 13x3 metri.
Tettoie: quali in edilizia libera e quali no
In quanto alla tettoia, viene fatto presente che possono essere installate in regime di edilizia libera solo le tettoie leggere, non tamponate lateralmente su almeno tre lati, che siano prive di autonomia e realizzate unicamente allo scopo di fornire riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità, così da rendere più gradevole l’utilizzo dello spazio esterno.
Non può invece essere ammessa come pertinenza una tettoia di rilevanti dimensioni che comporti alterazioni all’assetto del territorio e occupi aree e volumi diversi rispetto a quelli già occupati dalla “res principalis”.
Lo stesso discorso vale anche per il manufatto adibito a stalla, sia per le ingenti dimensioni riscontrate, sia perché presenta caratteristiche tali da risultare, anche solo potenzialmente, utilizzabile in modo autonomo e separato rispetto all’immobile principale.
Ordine di demolizione: sempre legittimo in presenza di abusi
Viene quindi escluso che le opere contestate possano qualificarsi come pertinenze dell’edificio preesistente. Si tratta infatti a tutti gli effetti di due manufatti autonomi e separati rispetto al bene principale, che si configurano come nuove costruzioni per le quali era necessario ottenere il Permesso di Costruire, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Di conseguenza l’ordine di demolizione è legittimo, trattandosi di un atto a contenuto vincolato, che non ammette valutazioni di tipo discrezionale in ordine all’affidamento del privato e agli interessi in gioco.
Difatti, la mera inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere di repressione dell’abuso non può radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario, neanche se, come in questo caso, dovessero essere trascorsi 20 anni dalla realizzazione dell’illecito.
Ricordano sul punto i giudici d'appello che:
- affinché l’ordine di demolizione sia valido è sufficiente la constatazione dell’esistenza di opere abusive, senza la necessità di ulteriori oneri motivazionali che ne giustifichino la predisposizione;
- l’efficacia del provvedimento di ripristino non può essere invalidata dal decorso del termine di 45 giorni dall’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori;
- llordinanza di sospensione, è un provvedimento eccezionale a finalità cautelare destinato a perdere efficacia se, entro il termine di 45 giorni imposto dalla legge, non dovesse essere disposto in merito un provvedimento sanzionatorio definitivo;
- il decorso del termine previsto determina unicamente la perdita di efficacia del provvedimento cautelare, mentre non incide in alcun modo sulla legittimità della successiva ordinanza di demolizione.
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