Revisione prezzi prima della stipula del contratto: legittimo il no della Stazione Appaltante
Consiglio di Stato: la SA può revocare l'aggiudicazione nel caso in cui l'operatore richieda una variazione dei prezzi non consentita nella lex specialis
Il diniego da parte di una Stazione Appaltante di revisione dei prezzi prima della stipula del contratto è legittima e può portare in maniera altrettanto corretta alla revoca dell’aggiudicazione.
Revisione dei prezzi: è legittima prima della stipula del contratto?
La conferma arriva dalla sentenza n. 9426/2022 del Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso di un operatore economico, aggiudicatario di un appalto di servizi, che aveva presentato, prima della stipula del contratto, un'istanza per la revisione dei prezzi, a seguito dell’aumento dei costi dei servizi da espletare.
Già in primo grado il TAR aveva ritenuto legittimo l’operato della SA, rilevando che:
- è infondata la richiesta effettuata sulla base dell’art. 106, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), che disciplina una fattispecie diversa da quella della revisione prezzi, non corrispondente con quella concretamente verificatasi nella vicenda e riguardante “unicamente l’adeguamento del prezzo dell’appalto ad asseriti aumenti dei costi del servizio”;
- anche a voler far rientrare il caso in esame nell’ambito della disposizione, l’aumento dei costi non può comunque definirsi “imprevedibile”: non solo non è stata fornita prova di questa imprevedibilità, ma anzi nello stesso capitolato speciale la SA avrebbe escluso “qualsivoglia revisione dei costi unitari afferenti lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti a carico dell’impresa aggiudicataria”;
- il caso ricade nell’ambito applicativo dell’art. 106, comma 1, lett. a), il quale prevede che la modifica delle condizioni contrattuali è ammessa soltanto laddove essa sia stata prevista nei documenti di gara, mentre nel disciplinare si esclude espressamente ogni modifica dei costi unitari delle singole voci dell’offerta economica;
- l’istanza di revisione del prezzo è stata formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto, il che la rende, a fortiori, inammissibile presupponendo essa la sussistenza di un rapporto contrattuale già in corso;
Infine il TAR ha confermato che l’amministrazione ha agito in conformità alle previsioni della legge di gara, le quali, nel rispetto della normativa di settore, hanno espressamente escluso qualsivoglia revisione dei costi, così come la ricorrente era nelle condizioni di potersi sempre rifiutare di stipulare il contratto.
Le modifiche nei contratti nel Codice degli Appalti
Anche Palazzo Spada ha considerato l’appello infondato, partendo dall’analisi del capitolato speciale di gara: la lex specialis reca una chiara e non irragionevole manifestazione della volontà della stazione appaltante sull’esclusione della possibilità di procedere all’adeguamento dei prezzi nel contratto da stipulare in caso di sopravvenienze che incidano su di essi, salvo che negli stringenti limiti indicati dall’art. 106.
In particolare, l’art. 106, comma 1, prevede, che “[…]. I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti:
- a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro. Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all'articolo 23, comma 7, solo per l'eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà. Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;
- […] c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni,
fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari
dal comma 7:
- 1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice o per l'ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all'oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d'opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;
- 2) la modifica non altera la natura generale del contratto;”.
Secondo la ricorrente, alla sua istanza di adeguamento del corrispettivo dei servizi da svolgere, si sarebbe dovuta applicare la fattispecie della lettera c). Di diverso avviso il Consiglio: mentre la lettera a) prende in esame e disciplina le “variazioni dei prezzi e dei costi standard” e risulta dunque immediatamente attinente alla fattispecie concreta, la lettera c) fa testuale ed espresso riferimento a quelle “modifiche dell’oggetto del contratto” che si correlano alle “varianti in corso d’opera”. Quest’ultime sono quelle modifiche che riguardano l’oggetto del contratto sul versante dei lavori da eseguire, ma, in linea generale, nulla preclude di riferire la disciplina in questione anche alle forniture da erogare o ai servizi da svolgere.
Le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno invece riferite alla fattispecie di cui alla lettera a), che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle “variazioni dei prezzi e dei costi standard”.
Infine, le modifiche previste dall’art. 106, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 sono riferite ai “contratti”, ossia da un accordo già stipulato, perché se ne possa prospettare una sua modifica. In questo caso invece la società ha domandato la modifica delle pattuizioni prima di procedere alla stipulazione del contratto.
Le variazioni contrattuali e di prezzo nell'ordinamento europeo
Allo stesso modo, non è possibile trarre dai principi generali dell’ordinamento euro-unitario un principio di ordine generale che dovrebbe favorire l’impiego di rimedi manutentivi e perequativi da parte delle stazioni appaltanti.
Sul punto il Consiglio ha richiamato diverse pronunce della Corte di Giustizia UE. Nella sentenza 19 aprile 2018, C-152/17, la Corte ha per esempio dichiarato che:
- poiché la stessa direttiva n. 18/2004/CE non stabilisce, a carico degli Stati membri, alcun obbligo specifico di prevedere la revisione al rialzo del prezzo dopo l’aggiudicazione di un appalto, la mancata previsione nel combinato disposto degli artt. 115 e 206 del d.lgs. n. 163 del 2006 – quanto agli appalti dei settori speciali – del compenso revisionale non è in contrasto con l’ordinamento UE;
- allo stesso modo, nemmeno i principi di parità di trattamento e di trasparenza sanciti dall’articolo 10 di tale direttiva, ostano a queste norme;
- poiché il prezzo dell’appalto costituisce un elemento di grande rilievo nella valutazione delle offerte da parte di un ente aggiudicatore, così come nella scelta del privato contraente, è proprio attraverso la mancata previsione del compenso revisionale – e non già con la sua obbligatorietà – che le norme di diritto nazionale si pongono in linea con il rispetto dei suddetti principi.
Inoltre, sempre la Corte di giustizia Europea ha chiarito che:
- il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l'aggiudicazione di un appalto pubblico, l'amministrazione aggiudicatrice e l'aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che dette disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell'appalto iniziale. È quanto avviene se le modifiche previste hanno per effetto o di estendere l'appalto, in modo considerevole, a elementi non previsti, o di alterare l'equilibrio economico contrattuale in favore dell'aggiudicatario, oppure ancora se tali modifiche sono atte a rimettere in discussione l'aggiudicazione dell'appalto, nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un'altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi;
- né il fatto che una modifica sostanziale dei termini di un appalto pubblico sia motivata dalla volontà di trovare una composizione transattiva a fronte di difficoltà oggettive incontrate nell'esecuzione di detto appalto, né il carattere obiettivamente aleatorio di talune realizzazioni possono giustificare il fatto che tale modifica sia decisa senza rispettare il principio di parità di trattamento di cui devono potersi giovare tutti gli operatori potenzialmente interessati a un appalto pubblico”;
- il fatto stesso che, a causa del loro oggetto, taluni appalti pubblici possono essere a priori considerati aventi un carattere aleatorio rende prevedibile il rischio di sopravvenienza di difficoltà in fase di esecuzione. Pertanto, per un appalto del genere, spetta all'amministrazione aggiudicatrice non solo ricorrere alle procedure di aggiudicazione più adeguate, ma anche definire l'oggetto di tale appalto con cautela. Inoltre l'amministrazione aggiudicatrice può riservarsi la possibilità di apportare talune modifiche, anche sostanziali, all'appalto, dopo la sua aggiudicazione, a condizione che lo abbia previsto nei documenti che hanno disciplinato la procedura di aggiudicazione”.
Come spiega il Consiglio di Stato, trapela una sostanziale neutralità dell’ordinamento europeo per gli aspetti relativi agli eventuali rimedi manutentivi che gli ordinamenti approntano per fronteggiare le sopravvenienze che incidono sugli aspetti economici del contratto.
Se poi nel caso in esame si tiene conto di quanto stabilito dal capitolato speciale dell’appalto, è evidente che l’amministrazione ha voluto escludere o comunque circoscrivere in maniera stringente le eventuali variazioni di natura economica applicabili al contratto.
L’appello è stato quindi respinto, ritenendo legittimo il diniego da parte della SA di applicare una revisione dei prezzi relativi ai costi di un servizio prima della stipula del contratto, soprattutto in presenza di un limite espresso chiaramente nella lex specialis.
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