Revoca ordine di demolizione: non sempre è ammissibile
La Corte di Cassazione ricorda i presupposti sui quali poggia l'eventuale revoca dell'ordine di demolizione, scelta che comunque ricade sul giudice dell'esecuzione
La revoca o la sospensione dell’ordinanza di demolizione degli abusi edilizi di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), per i casi in cui sia già stata resa definitiva la condanna, può essere disposta dal Giudice di esecuzione solo a seguito dell’analisi dei possibili esiti, delle eventuali cause ostative e, soprattutto, tenendo conto delle tempistiche necessarie alla determinazione della procedura.
In particolare, la sospensione dell’esecuzione può essere disposta esclusivamente nel caso in cui si configuri la possibilità di definire la procedura in termini determinabili con precisione.
Abusi edilizi: impossibile sanare per evitare la demolizione
A ribadirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5499 del 7 febbraio 2024, che ha respinto il ricorso proposto contro il rigetto dell’istanza di sospensione di un’ordinanza di demolizione, relativa a un fabbricato realizzato in difformità dai regolamenti urbanistici.
Nello specifico, in seguito all’ordinanza di demolizione, mai adempiuta dai proprietari, l’Amministrazione comunale aveva emesso un provvedimento di acquisizione gratuita del fabbricato e dell’area circostante a favore del patrimonio immobiliare del Comune.
Secondo i ricorrenti, prosciolti in sede penale per intervenuta prescrizione del reato, sarebbe stata riacquistata la proprietà dell’area e del manufatto a seguito della sentenza del TAR, divenuta irrevocabile nel febbraio 2023, presentando a quel punto richiesta di sanatoria delle opere abusive; richiesta che, a parere del Giudice di esecuzione, è parsa avere un unico fine, ovvero quello di evitare che il procedimento di demolizione giungesse a compimento.
Ordinanza di demolizione con condanna definitiva: quando è revocabile?
La Corte ha evidenziato come il Comune e il TAR avessero annullato soltanto il provvedimento di acquisizione gratuita del manufatto e del fondo, ma che l’ordine di demolizione fosse rimasto valido e che l’edificio non risultava sanato, senza che in tal senso fosse stato fatto nulla.
Sul punto gli ermellini hanno anche ribadito che, in tema di reati edilizi, il giudice investito della richiesta di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione di opere abusive di cui all’art. 31 del d.PR. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare:
- a) il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento;
- b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento.
Nel caso in questione, gli elementi esaminabili sono risultati essere radicalmente assenti proprio per via del fatto che, nel periodo intercorso tra la condanna definitiva e la richiesta di sanatoria (ben sei anni) non è stata presa alcuna iniziativa da parte dei condannati al fine di regolarizzare gli abusi, nonostante l’ordinanza di demolizione fosse stata disposta da tempo e fosse oggetto di pronuncia ormai irrevocabile.
Considerando pertanto che la procedura non ha prodotto alcun apprezzabile esito, non pare prevedibile, né prospettabile, l’emissione di un provvedimento di sanatoria in tempi brevi, o in tempi che comunque possano essere determinati con precisione, il ricorso è stato respinto, confermando il rigetto dell'istanza di sospensione o revoca dell'ordine di demolizione.
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