Revoca tardiva dell’aggiudicazione: la responsabilità precontrattuale della SA

Consiglio di Stato: l’amministrazione deve rispettare nello svolgimento dell’attività autoritativa il principio di buona fede e di tutela dell’affidamento del privato

di Redazione tecnica - 17/09/2024

Non risponde ai principi di lealtà, buona fede e tutela dell’affidamento del privato il comportamento di una Pubblica Amministrazione che decida di revocare un’aggiudicazione ben 8 anni dopo, per decadenza dei requisiti e senza aver provveduto – immotivatamente – alla stipula del contratto.

Revova aggiudicazione per decadenza requisiti: la responsabilità precontrattuale della SA

Lo spiega bene, il Consiglio di Stato, con la sentenza del 13 settembre 2024, n. 7574, accogliendo il ricorso di un’impresa, aggiudicataria di un appalto di lavori a cui non solo non era seguita la stipula del contratto (nelle more del termine di altri lavori prodromici all’esecuzione di quelli oggetto della commessa), ma che, dopo 8 anni, aveva disposto la revoca per decadenza dei requisiti di qualificazione. Per altro la SA non aveva ritenuto valido l’avvalimento tramite altra impresa che sarebbe stato sottoscritto proprio per mantenere la qualificazione richiesta.

Secondo la ricorrente, sarebbe stata illogica la pretesa che un operatore economico conservi la categoria SOA sine die, e illegittimo è stato precludere alla società aggiudicataria di sopperire a tale mancanza sopraggiunta mediante l’avvalimento.

Il TAR aveva respinto il ricorso, per tardiva impugnazione del provvedimento di revoca; in realtà, spiega il Consiglio, il merito riguarda il comportamento scorretto dell’amministrazione nella fase di formazione del contratto, situazione prodromica al riconoscimento della responsabilità precontrattuale.

Appalti pubblici: la responsabilità precontrattuale della PA

Ricorda Palazzo Spada che nei rapporti di diritto amministrativo è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo in relazione a comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi.

L’amministrazione è tenuta a rispettare nello svolgimento dell’attività autoritativa il principio di buona fede e di tutela dell’affidamento (da ultimo, recepito nell’art. 5 del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36/2023), oltre alle norme di diritto pubblico anche le norme generali dell’ordinamento civile, che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può fare nascere una responsabilità da comportamento scorretto, incidente sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze derivanti dall’altrui scorrettezza.

L’Adunanza plenaria ha altresì chiarito che la responsabilità precontrattuale richiede non solo la buona fede soggettiva del privato, ma anche gli ulteriori seguenti presupposti :

  • che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e lealtà;
  • che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo;
  • che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (e cioè le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia il nesso eziologico tra il danno e il comportamento scorretto che si imputa all’amministrazione.

Emerge dunque da tale inquadramento generale che la responsabilità precontrattuale è in funzione del comportamento scorretto e non già dell’illegittimità provvedimentale.

Non solo: nel caso in esame, i lavori prodromici erano comunque stati conclusi ben 5 anni prima della richiesta della SA di stipula del contratto. Si tratta di un arco temporale molto esteso, e privo di reale giustificazione, in assenza di previa informazione.

L’inerzia della stazione appaltante, d’altro canto, non può ritenersi priva di rilevanza causale nella perdita del possesso dei requisiti speciali da parte dell’appellante, atteso che il decremento della classifica SOA (dalla IV, richiesta dal bando, alla III bis, ed infine alla II), dipende o comunque è in correlazione anche proprio con la mancata esecuzione dei lavori aggiudicati, apportante arricchimento curriculare.

Ne discende l’illegittimità del diniego sull’istanza di qualificarsi mediante avvalimento, presupposto della revoca/decadenza dell’aggiudicazione. Sebbene viga il principio di continuità del possesso dei requisiti, generali e speciali, tale regola non può essere interpretata in modo irragionevole e solamente formalistico; come è stato rilevato in giurisprudenza ad altri fini, “sarebbe irragionevole pretendere (non già il possesso del requisiti, ma) la continuità del possesso per un periodo indefinito, durante il quale non c’è alcuna competizione, alcuna attività valutativa dell’amministrazione e, per giunta, alcun impegno vincolante nei confronti dell’amministrazione”.

Responsabilità precontrattuale: quale risarcimento spetta?

Fondata è la domanda di risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale, che prescinde dalla legittimità o meno del provvedimento, in quanto è responsabilità da comportamento e non già da provvedimento.

Sul punto, il Consiglio spiega che il danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale è limitato al c.d. interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente che il lucro cessante, essendo in particolare astrattamente ammesso anche il ristoro della perdita di chance per le sole occasioni di guadagno alternative cui l’operatore economico avrebbe potuto attingere in assenza del contegno colposo dell’amministrazione.

Si applicano, in questo caso i principi sull’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ., incombendo dunque in capo al ricorrente la prova del danno – conseguenza che si concretizza, come già detto, nelle perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate.

Non è invece risarcibile il danno curriculare nell’ambito della responsabilità precontrattuale, in quanto ontologicamente non diverso dal danno legato al mancato perseguimento dell’interesse positivo, o, per meglio dire, derivando dalla mancata esecuzione dell’appalto, e non già dall’inutilità della trattativa. In particolare, il danno curriculare (ovvero il pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non potere indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto) risulta incompatibile con la responsabilità precontrattuale, in quanto danno-evento conseguente alla mancata stipulazione del contratto.

Non spetta inoltre l’indennizzo ex art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 in conseguenza della revoca, atteso che lo stesso, parametrato al solo danno emergente, si pone in alternativa alla responsabilità precontrattuale, spettando allorché l’esercizio del potere di autotutela, oltre ad essere legittimo, si accompagni ad un complessivo comportamento, improntato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede.

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