Richiesta condono edilizio: quali documenti presentare?
Rimane in capo a chi presenta l'istanza dimostrare che la costruzione abusiva ha i requisiti per essere sanata
Una richiesta di condono edilizio per essere accettata deve rispondere ad alcune condizioni, tra cui la data di ultimazione delle opere, che va comunicata e provata da chi presenta l’istanza. Lo spiega il TAR Lazio, con la sentenza n. 3378/2022, relativa proprio all’onere della prova documentale e che ha confermato il diniego di condono edilizio su un fabbricato.
Condono edilizio: l'onere della prova
Il caso riguarda la presentazione di un’istanza di condono per un fabbricato ai sensi dell’art. 32, comma 25 del D.L. n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003 (cd. “Terzo Condono Edilizio”). La norma prevede che un edificio per essere sanato deve essere stato ultimato entro il 31 marzo 2003: come ha dimostrato l’amministrazione comunale tramite rilievo fotografico, in questo caso il fabbricato, a quella data, nemmeno esisteva.
Sul punto, il TAR ha per prima cosa ricordato che l’onere della prova in merito alla ultimazione delle opere abusive grava sulla parte che formula istanza di condono.
Questo principio va applicato sia relativamente all’accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), già art. 13 della legge n. 47/1985, che per le “sanatorie eccezionali” disposte con apposite legge di c.d. condono edilizio. Si tratta di un onere che discende attualmente, in linea di principio, dagli artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, cod. proc. amm., in forza dei quali spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità.
Le dichiarazioni rese da terzi non hanno efficacia probatoria
In questo caso, la parte ricorrente aveva l’onere di dimostrare che il fabbricato oggetto di sanatoria fosse stato ultimato entro il 31 marzo 2003: secondo il Collegio, la documentazione fornita non avrebbe dimostrato in maniera sufficientemente certa, l’esistenza del manufatto e sarebbe stata priva di efficacia probante. Le dichiarazioni di terzi non sono utilizzabili nel processo amministrativo e non rivestono alcun effettivo valore probatorio, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti, non da soli idonei a scalfire l'attività istruttoria.
Come spiega il giudice “In presenza di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data fissata dalla legge, non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull’epoca dell’abuso”.
La prova del richiedente il condono in ordine alla data di ultimazione dei lavori deve essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi. Le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o le semplici dichiarazioni rese da terzi non hanno rilevanza in quanto non suscettibili di essere verificate. Stessa cosa per le fatture di acquisto dei materiali: ese non sono idonee a comprovare adeguatamente la data di realizzazione del manufatto, perché non esiste nessun riscontro sull’utilizzo specifico.
Diversamente invece, una fotografia è una prova certa e nel caso in esame, al 31 marzo 2003 non si riscontrava alcun edificio: ne consegue che le prove portate dal ricorrente non sono sufficienti a scalfire la prova documentale su cui si sono fondati i rilievi dell’Amministrazione, ragion per cui il ricorso è stato respinto.
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