Ricostruzione di un immobile demolito: necessario conoscere la sua consistenza originaria
Tar Umbria: legittimo il diniego al permesso di costruire per ristrutturazione edilizia se non c’è certezza sul volume dell'edificio preesistente
La ricostruzione di un edificio demolito non può rientrare tra gli interventi di ristrutturazione, se non si conosce l’esatta consistenza dell’immobile precedentemente costruito. Lo ribadisce il TAR Umbria nell’interessante sentenza n. 723/2022, con la quale è stata confermata la legittimità del diniego al permesso di costruire per la ricostruzione di edificio non più esistente.
Ricostruzione edificio demolito: quando rientra tra gli interventi di rsitrutturazione?
Questi i fatti: il ricorrente aveva acquistato un terreno sul quale precedentemente era presente un fabbricato adibito ad uso abitativo, demolito dal proprietario precedente. Nel 2015 ha presentato istanza per il rilascio del permesso di costruire per opere di ristrutturazione edilizia consistenti nella ricostruzione dell’immobile crollato e/o demolito ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. d), della l.r. Umbria n. 1/2015.
L’istanza è stata rigettata in quanto l’intervento non sarebbe stato qualificabile come Ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. d) della L.R. n. 1/2015 "poiché non era possibile desumere in maniera inequivocabile ed oggettiva la preesistente consistenza del fabbricato crollato", precisando che «la ricostruzione dell’ingombro volumetrico del fabbricato indicata nelle tavole grafiche progettuali è stata eseguita sulla base di elementi che non dimostrano inequivocabilmente ed oggettivamente al preesistente consistenza del manufatto da ricostruire".
È stata disposta quindi disposta una perizia tecnica per accertare se fosse possibile determinare in modo oggettivo la consistenza dell’immobile demolito (ingombro planivolumetrico e sedime) e se essa corrispondesse con quanto dichiarato in sede di istanza di titolo abilitativo edilizio.
L'accertamento della consistenza dell'immobile demolito
Nel valutare la questione, il TAR Umbria ha ricordato che ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. d), della l.r. n. 1 del 2015 (nel testo vigente ratione temporis), negli interventi di “ristrutturazione edilizia” sono ricompresi «quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza». Tale previsione normativa riprende la definizione di cui all’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), per cui «costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza».
Pertanto la disciplina regionale, in accordo con quanto previsto dal Legislatore nazionale, estende il concetto di ristrutturazione all'ipotesi di edificio che non esiste più, ma di cui si rinvengono resti sul territorio e di cui si può ricostruire la consistenza originaria con un'indagine tecnica.
La giurisprudenza ha chiarito che l'accertamento della consistenza iniziale del manufatto demolito o crollato deve fondarsi su dati certi ed obiettivi, quali, ad esempio, documentazione fotografica, aerofotogrammetrie e mappe catastali, che consentano di delineare, con un sufficiente grado di sicurezza, gli elementi essenziali dell'edificio diruto. Ove, invece non sia possibile l’individuazione certa dei connotati essenziali del manufatto originario (mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura) attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare, scatta la qualificazione dell’intervento di ricostruzione come nuova edificazione.
Il Collegio ha anche richiesto la perizia tecnica per accertare se fosse possibile determinare in modo oggettivo la consistenza dell’immobile demolito (ingombro planivolumetrico e sedime) e se essa corrispondesse a quanto dichiarato in sede di istanza di titolo abilitativo edilizio. Sul punto, il Verificatore ha evidenziato che:
- "si è riscontrata la totale mancanza di quegli elaborati grafici (piante, prospetti e sezioni) che normalmente sono parte integrante dei titoli abilitativi e che avrebbero potuto dare certezza sulla consistenza del fabbricato rurale al tempo";
- per quanto attiene al censimento del bene al Catasto Fabbricati dell’Agenzia delle Entrate "lo stesso risulta essere stato registrato solo al Catasto Terreni e, quindi, privo dei grafici indicanti le destinazioni d’uso di ogni locale e relative altezze";
- dall’esame della restante documentazione (fotografie, mappe storiche e rilievi) sono emerse incongruità, per cui «l’estratto di mappa catastale non corrisponde con certezza allo stato dei luoghi relativi agli anni ‘80», non essendo inoltre possibile «una valida lettura delle altezze»;
- «non essendo presenti riprese fotografiche di tutti i prospetti che rappresentino per intero il bene, non è possibile conoscere tutte le effettive altezze del fabbricato, sia in gronda che al colmo, indispensabili per poter ricostruirne la sagoma».
In conclusione, il Verificatore ha evidenziato che dall’esame complessivo della documentazione e per quanto sopra esposto, non è oggettivamente possibile determinare con certezza l’ingombro planivolumetrico e del sedime dell’edificio né, tanto meno, se quanto dichiarato in sede di istanza di titolo abilitativo edilizio possa corrispondere con le reali fattezze dell’immobile preesistente», confermando quanto affermato dal Comune circa l’impossibilità di definire la consistenza del preesistente manufatto.
Ricostruzione dell'edificio demolito come ristrutturazione edilizia
Secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, affinché si possa configurare un intervento di ristrutturazione edilizia – che oggi, a seguito delle modifiche all'art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. 380/2001 apportate dal d.l. n. 69/2013, conv. con legge n. 98/2013, ricomprende anche l’attività di ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione - è necessario che sia possibile accertare l’originaria consistenza del manufatto edilizio, con il corollario che deve essere esclusa in radice la riconducibilità dell’attività di ricostruzione di un rudere nell’alveo della ristrutturazione edilizia “nel caso in cui manchino elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare: in particolare, un manufatto costituito da alcune rimanenze di mura perimetrali, ovvero un immobile in cui sia presente solo parte della muratura predetta, e sia privo di copertura e di strutture orizzontali, non può essere riconosciuto come edificio allo stato esistente” .
La ristrutturazione edilizia presuppone come elemento indispensabile la preesistenza del fabbricato nella consistenza e con le caratteristiche planivolumetriche ed architettoniche proprie del manufatto che si vuole ricostruire; non è sufficiente quindi che si dimostri che un immobile in parte poi crollato o demolito è esistente, ma è necessario che si dimostri oltre all'an anche il quantum, e cioè l'esatta consistenza dell'immobile preesistente del quale si chiede la ricostruzione; occorre, quindi, la possibilità di procedere, con un sufficiente grado di certezza, alla ricognizione degli elementi strutturali dell'edificio, in modo tale che, seppur non necessariamente "abitato" o "abitabile", esso possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale, in relazione anche alla sua destinazione. Per altro, spetta alla parte richiedente provare la preesistenza del fabbricato, le sue esatte dimensioni e sagoma.
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando il diniego al permesso di costruire per opere di ristrutturazione edilizia in mancanza della consistenza certa dell’immobile demolito.
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