Ricostruzione rudere in area vincolata: interviene la Cassazione
Cassazione: "...integra i reati di cui agli artt. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d.Lgs. n. 42 del 2004 la ricostruzione di un "rudere" senza il preventivo rilascio del permesso di costruire e dell'autorizzazione paesaggistica..."
Uno degli argomenti su cui si sta catalizzando l'attenzione del legislatore riguarda gli interventi di demolizione e ricostruzione, su cui proprio recentemente si è intervenuti con una modifica all'art. 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Ricostruzione di un rudere in area vincolata: nuova sentenza della Cassazione
L'argomento, in evoluzione, è molto complesso e come spesso accade è la giurisprudenza a fornire spunti interessanti come con la sentenza n. 3763/2022 in cui si parla di un intervento di ricostruzione di un rudere in area vincolata che il ricorrente aveva considerato manutenzione straordinaria. In particolare, il proprietario aveva demolito e ricostruito un edificio rurale, assentendo invece la realizzazione di un semplice intervento di manutenzione straordinaria comunicato con C.I.L.A.
Secondo la difesa, la nozione vigente ratio temporis di "ristrutturazione edilizia" di cui alla lettera d) dell’art. 3, comma 1, del D.P.R.n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) ricomprenderebbe anche gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche volumetriche e tipologiche per cui sarebbe derivata la legittimità dell'opera realizzata.
Non solo: allo stesso modo, il porticato adiacente alla struttura, essendo aperto su tre lati, non avrebbe creato volumetria, né modificato la volumetria o i prospetti dell'edificio originario, per cui non sarebbe stato necessario il permesso di costruire, ma sarebbe stata sufficiente la D.I.A., la cui omissione è penalmente irrilevante ai sensi dell'art. 37 del d.P.R. n. 380/2001.
Demolizione e ricostruzione: ristrutturazione o nuova costruzione?
Nel valutare il caso, la Corte ha preliminarmente ricordato che, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001 (Interventi Edilizi – Ristrutturazione Edilizia) «con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 [...] gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria».
In questo caso non si è mantenuta la stessa sagoma e lo stesso volume e si sarebbe trattato di un intervento di nuova costruzione ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.1) del T.U. Edilizia, per il quale erano necessari sia il permesso di costruire che l'autorizzazione paesaggistica, essendovi stato anche un aumento di volume. Di conseguenza, spiegano gli ermellini, è corretto il richiamo agli artt. 44 del d.P.R. n. 380/2001 e 181 del d. Lgs. n. 42 del 2004 relativamente alle sanzioni previste alla ricostruzione di un "rudere" senza il preventivo rilascio del permesso di costruire e dell'autorizzazione paesaggistica, trattasi di intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione di un edificio preesistente, dovendo intendersi per quest'ultimo un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura.
Realizzazione porticato: ci vuole il permesso di costruire
Stesse considerazioni per il porticato, per il quale il ricorrente ha contesta un’errata applicazione degli artt. 22 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, la Corte ha ribadito che in materia edilizia, rientrano nella nozione di "nuova costruzione" di cui all'art. 3, comma 1, lett. e), n. 1), del Testo Unico Edilizia, soggetta al preventivo rilascio del permesso di costruire, i manufatti che si elevano al di sopra del suolo e che sono destinati a trasformare durevolmente l'area impegnata.
Il porticato in esame, secondo quanto rilevato dai giudici di merito, rientrerebbe perfettamente in questa definizione, trattandosi di struttura costituita da pilastri in pietra, coperta con travi e tavolato continuo in legno per una superficie coperta di circa 83 mq. e con parte sottostante alla struttura pavimentata in pietra, realizzando un impatto sulla zona, tale da trasformarla in maniera durevole.
Il ricorso è stato quindi respinto: l’intervento non rientrava nell’ambito della ristrutturazione ediliza ex lettera d) dell’art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001, bensì in quello di nuova costruzione ex lettera e), n. 1, per cui era soggetto a permesso di costruire oltre che al rilascio di autorizzazione paesaggistica.
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