Riforma Codice dei contratti: le opere di urbanizzazione a scomputo
Analisi della ratio del nuovo schema di Codice dei contratti pubblici con riferimento specifico all’istituto delle opere di urbanizzazione a scomputo
Fin dal primo codice del contratti pubblici il legislatore ha ritenuto che fosse opportuno disciplinare in maniera specifica il particolare fenomeno delle “opere di urbanizzazione a scomputo”.
Le opere di urbanizzazione a scomputo nel d.P.R. n. 380/2001
Per comprendere la portata di questo istituto, è il caso di uscire per un momento dall’ambito degli appalti in senso stretto, approdando nel Testo Unico dell’Edilizia.
L’art. 16 del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che ogniqualvolta venga rilasciato un Permesso di Costruire, il titolare deve corrispondere al Comune un contributo economico, “commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”: in via di estrema sintesi, la costruzione di un nuovo edificio comporta un aggravio del carico urbanistico e richiede, dunque, la necessità che il tessuto urbano ove avverrà l’installazione sia implementato attraverso la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria ulteriori rispetto a quelle già esistenti; da qui la necessità di corrispondere al Comune una somma di denaro per la realizzazione delle stesse.
Ebbene, proprio il secondo comma dell’art. 16 cit. prevede esplicitamente che “A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione”, purché ciò avvenga secondo la disciplina vigente in tema di contratti pubblici.
Le opere di urbanizzazione a scomputo nel nuovo Codice dei contratti
Per questo motivo ogni testo normativo riguardante la contrattualistica pubblica ha dovuto disciplinare anche le opere di urbanizzazione a scomputo. E da ciò non è rimasto ovviamente esente il nuovo schema di codice dei contratti pubblici, che per taluni aspetti si pone in discontinuità con il d.lgs. n. 50/2016.
Invero, peculiare (ma giustificata, come si dirà) appare la scelta di “relegare” la disciplina delle opere di urbanizzazione a scomputo ad uno degli allegati del Codice, espungendolo del tutto dal corpo normativo “principale”: mentre nel Codice ancora in vigore esistono specifiche norme che disciplinano l’istituto (ad es. l’art. 1, co. 2, lett. e), ovvero l’art. 36, co. 3, etc.), nel nuovo schema di Codice è solo l’art. 13, co. 7 a richiamarlo, sancendo, in linea di principio, l’applicazione delle disposizioni del codice stesso ma rimandando, per il resto, all’allegato I.12.
Tale allegato ha, in realtà, una disciplina alquanto scarna, composta da soli 5 articoli, che definiscono l’ambito di applicazione e le modalità di affidamento, nonché l’attività di progettazione in senso stretto.
Già da una prima analisi si evince in maniera chiara la ratio del nuovo schema con riferimento specifico all’istituto delle opere di urbanizzazione a scomputo: lungi dall’avere una portata innovativa, la disciplina è stata “razionalizzata” in maniera tale da far confluire all’interno dell’unico contenitore di cui all’allegato I.12 tutta la normativa precedentemente sparsa in diverse norme del d.lgs. n. 50/2016.
L’intento è certamente condivisibile, poiché da più parti era già pervenuta la necessità di avere un più chiaro quadro d’insieme dell’istituto; d’altro canto, stante l’immediato collegamento con il Testo Unico dell’Edilizia, non era immaginabile un intervento normativo volto a stravolgere la natura dell’istituto.
Possibili modifiche potranno avvenire, in futuro, alla luce della (più volte lumeggiata) approvazione del nuovo Testo Unico delle Costruzioni.
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