Riforma Codice dei contratti: il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale
La rinegoziazione trova ingresso nel nuovo schema di Decreto Legislativo di riforma del codice dei contratti pubblici. Vediamo come.
Fra le novità di maggior rilievo nello schema di decreto recante il nuovo codice dei contratti pubblici ritroviamo, fra l’enunciazione dei principi generali, quello della conservazione dell’equilibrio contrattuale.
La consacrazione di un principio emergenziale
Si tratta, certamente, di quella che si potrebbe definire “la vera novità” del nuovo codice ispirata alla prassi internazionale dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (o, se vogliamo, più in particolare alle clausole hardship): la consacrazione di un principio (di derivazione privatistica) che ha visto nel recente periodo emergenziale post pandemico la sua massima espressione.
Da una prima lettura dell’articolo 9 della bozza di Decreto Legislativo di riforma del Codice dei contratti, si nota che la disposizione è complessa visti i 5 commi di cui la stessa si compone.
Il legislatore, nella consapevolezza della convergenza tra la tutela pubblicistica e quella degli operatori economici, ha inteso prevedere che l’equilibrio contrattuale debba assumere un rilievo fondamentale tale che lo stesso sia conservato nel corso dell’esecuzione del contratto e, laddove intervenga una causa straordinaria e imprevedibile estranea alla normale alea, la parte danneggiata ha diritto alla rinegoziazione.
Il diritto alla rinegoziazione
In conseguenza di ciò, si prevede un sostanziale obbligo degli enti appaltanti di favorire l’inserimento di clausole contrattuali a garanzia del diritto di rinegoziazione e di attivazione, dunque, dello strumento rimediale.
È evidente la finalità della disposizione, ovvero quella di garantire la buona esecuzione del contratto e scongiurare che le circostanze straordinarie e imprevedibili ne compromettano il completamento con evidenti liti che potrebbero insorgere tra le parti.
L’equilibrio contrattuale, a fronte di circostanze straordinarie e imprevedibili, assume dunque un ruolo fondamentale nella disciplina amministrativa degli appalti pubblici.
Mentre in precedenza si discuteva dell’applicazione di tale principio in forza del rinvio esterno operato dal codice degli appalti alle previsioni civilistiche, oggi ritroviamo un’inversione di rotta del legislatore, il quale, ben consapevole delle difficoltà del periodo emergenziale, ha voluto riconoscere certamente una posizione di tutela della parte svantaggiata allorquando si verificano circostanze impreviste e imprevedibili tali da alternare l’equilibrio contrattuale, su cui si poggia il sinallagma contrattuale.
Non può non evidenziarsi che la collocazione del principio fra i primi articoli del codice, che precede finanche il principio di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione, attesta l’importanza che il legislatore ha voluto conferire al principio.
Ma non solo: si potrebbe validamente asserire che l’importanza della previsione si ricava dal contenuto precettivo della fattispecie, laddove, nell’indicare i presupposti della rinegoziazione, in luogo di una mera enunciazione di un principio, il legislatore ha inteso identificare con un buon livello di specificità le condizioni al ricorrere delle quali la parte svantaggiata assume una posizione giuridica tutelata dall’ordinamento giuridico ovvero il diritto alla rinegoziazione.
In relazione a ciò, la tutela appare sufficiente e completa visto anche il rinvio interno operato dalla disposizione agli articoli 60 e 120 recanti, rispettivamente, la revisione dei prezzi e la modifica dei contratti in corso di esecuzione.
Certamente, un rilievo critico che può operarsi è che essa attiene alla fase esecutiva e non partecipativa della procedura ad evidenza pubblica, fase governata da una perfetta situazione di parità tra le parti contraenti, la cui disciplina integrale si ritrova nelle disposizioni civilistiche, le quali, come ben si sa, risentono fortemente dell’evoluzione interpretativa giurisprudenziale.
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