Rigetto istanza di sanatoria: di chi è la colpa?
Il Consiglio di Stato chiarisce cosa succede in caso di errori materiali da parte del tecnico
In caso di errore materiale da parte di un professionista che provochi ad esempio il rigetto di un’istanza di sanatoria, la responsabilità sul provvedimento ricade anche su chi ha commesso l’abuso edilizio. Questo principio, spiega il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2648/2022, richiama l’art. 1228 del codice civile, il quale prevede che “colui che nell’adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro".
Abusi edilizi e responsabilità tecnico: la sentenza del Consiglio di Stato
I fatti riguardano l’appello contro l’ordine di acquisizione al patrimonio comunale di un’area su cui erano stati commessi alcuni abusi edilizi, in prossimità di un raccordo autostradale.
In particolare, il diniego di sanatoria si fondava sulla mancata conformità delle opere in questione rispetto alla disciplina urbanistica vigente al momento della realizzazione delle opere e rispetto a quella vigente al momento della presentazione dell’istanza (cd. doppia conformità).
Secondo l’appellante, il rigetto della sanatoria sarebbe dipeso da errore colpevole del professionista tecnico incaricato e che nessuna soggettiva responsabilità gli poteva essere attribuita, perché avrebbe confidato in buonafede nel suo buon operato. Non solo: lo stesso professionista avrebbe poi avviato una trattativa con il Comune finalizzata alla presentazione di una nuova richiesta di sanatoria.
Demolizione e acquisizione al patrimonio comunale: l'iter procedimentale
Il Consiglio ha preliminarmente ricordato che l’atto di acquisizione della proprietà privata al patrimonio comunale è risultato di una precisa scansione procedimentale, che consente al privato di adempiere al provvedimento demolitorio per evitare l’estrema conseguenza della perdita della proprietà;
In particolare, tale iter prevede:
- il provvedimento di demolizione, con cui viene assegnato il termine di novanta giorni per adempiere spontaneamente alla demolizione ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli;
- l’accertamento della inottemperanza alla demolizione tramite un verbale che accerti la mancata demolizione;
- l’atto di acquisizione al patrimonio comunale che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione dell’acquisto della proprietà in capo al Comune;
Di conseguenza, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), costituisce un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi.
Diniego di sanatoria: chi è responsabile?
Considerato che l’iter seguito dal Comune per arrivare all’acquisizione al patrimonio comunale era corretto e che l’Amministrazione non ha mai aderito alla mediazione intervenuta tra il ricorrente ed il professionista, non esiste alcun esonero di responsabilità da parte del proprietario dei manufatti abusivi.
Non solo: come ha precisato Palazzo Spada, la circostanza che gli atti di diniego opposti dal Comune sarebbero stati causati da errori del professionista incaricato è irrilevante e inoltre confligge appunto con il principio generale per cui colui che «nell’adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro» (art. 1228 c.c.).
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la legittimità del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale dei manufatti abusivi e dell’area di sedime e la responsabilità in solido di eventuali errori commessi da terzi nella presentazione dell’istanza di sanatoria.
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