Rilascio SCIA e tutela interessi di terzi: il ruolo della PA
Cosa succede quando un terzo presenta istanza di annullamento di una SCIA o di una DIA?
Il rilascio da parte di una Pubblica Amministrazione di un titolo edilizio può fare storcere il naso a terze parti, come ad esempio un vicino non particolarmente contento della realizzazione dei lavori. Una SCIA può quindi essere revocata? E se sì, su quali presupposti? Si tratta di una questione complessa, in cui entra in gioco il potere di autotutela delle PA, e di cui ha parlato dettagliatamente la sentenza n. 1737/2022 del Consiglio di Stato.
Rilascio scia e tutela terzi: il potere della PA
La controversia riguarda la costruzione, completata nel giugno 2018, di una rampa carrabile a ridosso del confine con la proprietà dell’appellante, adiacente lo showroom di una concessionaria automobilistica. Per questa rampa erano state presentate una DIA nel 2014, integrata poi due volte con SCIA nel 2017. Nello stesso anno, la parte ricorrente aveva presentato istanza al Comune per sollecitare le verifiche necessarie e l’esercizio dei poteri di carattere inibitorio/repressivo e ottenere l’annullamento della DIA e della successiva SCIA, "ai sensi del combinato disposto degli artt. 19 e 21-nonies della legge 22 agosto 1990, n. 241", lamentando la violazione del regime delle distanze previsto dal Puc e dal Regolamento edilizio comunale, nonché dal codice civile; inoltre sosteneva che gli interventi edilizi promossi dal controinteressato avevano le caratteristiche delle “varianti essenziali”. Il Comune ha infine risposto, comunicando di ritenere l’istanza infondata nel merito, poiché l’intervento edilizio non avrebbe violato le distanze.
Nel respingere il ricorso di primo grado, il TAR aveva richiamato la sentenza n. 45/2019 della Corte Costituzionale, relativa alla legittimità dell’art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241/1990, nella parte in cui non prevede un termine finale per la sollecitazione, da parte di un terzo, dei poteri di verifica sulla segnalazione certificata d'inizio attività (SCIA) spettanti all’amministrazione. Secondo il TAR, la Corte costituzionale ha infatti ritenuto che le verifiche cui è chiamata l’amministrazione ai sensi del comma 6-ter siano quelle già puntualmente disciplinate dall’art. 19, da esercitarsi entro i sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA (commi 3 e 6-bis), e poi entro i successivi diciotto mesi (comma 4, che rinvia all’art. 21-nonies).
Decorsi questi termini, la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti dell’amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo. Questi, infatti, è titolare di un interesse legittimo pretensivo all’esercizio del controllo amministrativo, e quindi, venuta meno la possibilità di dialogo con il corrispondente potere, anche l’interesse si estingue.
Tutela terzi dopo rilascio titoli edilizi: la sentenza del Consiglio di Stato
Nel giudicare il caso, il Consiglio di Stato ha ricordato che nella citata sentenza n. 45/2019, la Corte Costituzionale ha riconosciuto anche che il tema vada affrontato in una prospettiva più ampia e sistemica, per cui sarebbe opportuno un intervento normativo sull’art. 19, quantomeno per rendere possibile al terzo interessato una più immediata conoscenza dell’attività segnalata e per impedire il decorso dei termini in caso di sollecito, sottraendolo così al rischio del ritardo nell’esercizio del potere da parte dell’amministrazione. Non va quindi preclusa la possibilità per il terzo di richiedere l’intervento in autotutela da parte dell’amministrazione, alle condizioni e nei tempi previsti dall’art. 21-nonies della legge n. 241, cui rinvia appunto l’art. 19, comma 4, della legge n. 241/1990.
Poteri di vigilanza e potere di autotutela
In sostanza, è possibile individuare in capo alla p.a. un duplice ordine di poteri:
- gli ordinari poteri di vigilanza e inibitori sull’attività avviata dal segnalante, esercitabili nei termini perentori di cui ai commi 3 e 6-bis;
- il potere di autotutela di cui all’articolo 21-nonies, espressamente fatto salvo dal successivo comma 4 ed esercitabile anche dopo la scadenza dei detti termini.
Secondo quanto disposto dal comma 6-ter, il privato interessato può invitare l’amministrazione a esercitare i poteri ordinari entro il termine, e in caso di inerzia attivare i rimedi processuali avverso il silenzio-inadempimento dell’amministrazione. Ciò però non esclude che egli possa, anche dopo la scadenza del termine, sollecitare l’esercizio del potere di autotutela ove ricorrano i presupposti di cui al citato art. 21-nonies.
Da questo punto di vista, ha osservato il Consglio di Stato, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo affermato che l’autotutela di cui al comma 4 dell’articolo 19 della legge n. 241/1990 presenta alcune peculiarità rispetto al generale potere di autotutela: mentre di regola si assume che questo sia ampiamente discrezionale nell’apprezzamento dell’interesse pubblico che può imporne l’esercizio e non coercibile, ciò non vale nel caso in cui, a fronte di un’istanza di intervento ai sensi dell’articolo 19, comma 4, l’Amministrazione ha il dovere di rispondere, essendo la sua discrezionalità limitata solo alla verifica della sussistenza o meno dei presupposti di cui all’articolo 21-nonies.
Quindi, in materia di rimedi a tutela della posizione di chi si assuma leso dall’attività edilizia posta in essere da altri sulla base di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), vanno quindi privilegiate soluzioni interpretative che evitino un eccessivo sacrificio delle esigenze di tutela di tale soggetto; pertanto, anche per l’intima connessione di questo potere con il dovere di vigilanza che incombe al Comune sull’attività edilizia , nel caso di un’istanza di intervento ai sensi dell’art. 19, comma 4, l’Amministrazione ha il dovere di rispondere, essendo la sua discrezionalità limitata solo alla verifica della sussistenza o meno dei presupposti di cui all’art. 21-nonies.
Considerato che l’istanza iniziale dell’appellante faceva chiaro riferimento all’art. 21-nonies ed era volta a ottenere dal Comune l’annullamento delle pratiche edilizie, l’unico termine a cui il TAR avrebbe dovuto dare rilievo è quello di 18 mesi per l’esercizio del potere di autotutela, previsto dall’articolo 21-nonies della stessa legge n. 241/1990 (specificamente richiamato dal comma 4 dell’articolo 19), nella versione all’epoca vigente. E questo termine non era scaduto. L’appello è stato quindi accolto: l’Amministrazione comunale, a seguito dell’istanza di accertamento sulla SCIA, a prescindere dal merito sulla questione, dovrà esercitare i propri poteri in autotutela.
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