Riparazione e conservazione strutture in cemento armato: nuova indagine del CNI

Quali spazi di mercato e fabbisogni formativi si possono identificare nell'ambito degli interventi di recupero del cemento armato? Ecco i risultati dello studio

di Redazione tecnica - 09/06/2024

Per guardare al futuro, l'ingegneria deve sapere analizzare le proprie basi, per rinnovarle e studiare soluzioni all’avanguardia anche in ambiti consolidati come quello dei sistemi edilizi e del cemento armato. Un prodotto che, sebbene in una fase matura del proprio ciclo di vita, oggi è sottoposto a continui miglioramenti, grazie ad attività di sperimentazione, ricerca e innovazione che ne migliorano le prestazioni, anche in termini di minore impatto inquinante.

Non a caso diagnostica, tecniche di riparazione, di rinforzo e di conservazione di strutture in cemento armato rappresentano, per una parte consistente dell’ingegneria, un segmento importante del mercato che necessita del continuo aggiornamento di competenze tecniche ed approfondimenti, pensando anche che la maggior parte degli oltre 12 milioni di edifici residenziali presenti in Italia è stata realizzata prima della metà degli anni ’70 e che saranno necessari, in modo estensivo, interventi riparativi e di conservazione delle strutture in cemento armato.

Strutture in cemento armato: come intervenire sul patrimonio esistente?

Sulla base di queste riflessioni il Centro Studi CNI ha condotto nel mese di maggio 2024 un sondaggio su un campione di iscritti all’albo professionale. L’indagine è stata realizzata nell’ambito del Progetto CONCRETO, finanziato dall’Unione europea a valere sul programma Erasmus+ per la formazione di tecnici su temi della riparazione e conservazione di opere in cemento armato, realizzato da un consorzio guidato dalla prestigiosa Fondazione Pier Luigi Nervi e composto da 13, tra strutture di formazione, organismi di rappresentanza di professionisti tecnici e centri di ricerca e valorizzazione del patrimonio architettonico. Fa parte del consorzio CONCRETO la Fondazione CNI.

Su un campione di quasi 3.000 intervistati (la quasi totalità ingegneri operanti nell’ambito civile-edile), 2.124, pari al 71,5%, hanno dichiarato di intervenire, frequentemente o saltuariamente, in progetti che prevedono interventi di riparazione e conservazione di strutture in cemento armato.

Hanno un peso interessante gli interventi riparativi e di recupero: per poco più del 30% del campione gli interventi sul cemento armato rappresentano il 25% del volume di lavoro annuale, e per una ulteriore quota del 21% questo tipo di interventi pesa ben il 40% del volume di lavoro. In sostanza, in casi molto frequenti, una delle fasi progettuali, talvolta anche di rilievo rispetto al numero complessivo delle fasi, si focalizza su opere di recupero, di riparazione e conservazione del cemento armato.

Le tipologie di strutture su cui si interviene maggiormente sono gli edifici residenziali (80% dei casi segnalati dagli intervistati) e gli edifici pubblici (46% dei casi); non sono pochi, in relazione alla tipologia di strutture, i casi di interventi di riparazione e recupero riguardanti sia le infrastrutture (30%) che edifici moderni vincolati (24%) in cui sono coinvolti gli ingegneri; in questo caso, ben il 25% ha dichiarato di essere intervenuto con vere e proprie opere di restauro su edifici moderni di particolare pregio storico-architettonico, ambito nel quale è possibile sperimentare un “lavoro multidisciplinare” tra ingegneri e architetti, oltre che con altre figure tecniche.

Le tipologie più frequenti di intervento indicate dagli ingegneri sono:

  • le riparazioni delle parti sottostanti l’intonaco più esterno (patch repair);
  • gli interventi di rinforzo;
  • le riparazioni delle fessurazioni
  • gli interventi riparativi e di rinforzo con materiali fibrorinforzati.

Tutto lascia pensare che il mercato di quella che potrebbe essere definita come “ingegneria riparativa” su cemento armato sia oggi in espansione, o comunque con un potenziale di crescita molto interessante; di conseguenza, con una marcata richiesta di figure esperte.

Dal campione emerge, tuttavia, come solo il 42% di chi progetta interventi di recupero e manutenzione di cemento ha seguito corsi specialistici universitari o possiede una certificazione delle competenze professionali che ne fanno un esperto di interventi di trattamento e recupero. Per molti ingegneri, gli approfondimenti sul tema si realizzano sostanzialmente attraverso il lavoro sul campo e corsi di aggiornamento professionale. Ben il 98% degli intervistati riconosce tuttavia che approfondimenti specifici legati al tema della diagnostica ed alle tecniche di recupero e conservazione di opere in cemento armato avrebbero una funzione rilevante, da attuarsi sia con eventi di aggiornamento puntuali che attraverso corsi, anche di matrice universitaria, aperti ai professionisti di durata medio-lunga.

Dall'analisi emerge indubbiamente un fabbisogno di aggiornamento e di approfondimento piuttosto diffuso, peraltro proprio sulle tipologie di intervento sopra richiamate:

  • il 58% degli ingegneri intervistati chiede approfondimenti sulle metodiche di riparazione delle superfici;
  • il 56% è interessato ad interventi su cedimenti e rotture
  • il 52% chiede aggiornamenti sull’uso di cemento fibrorinforzato oltre che sulle metodologie di valutazione ex ante dello stato dell’edificio o dell’infrastruttura per pianificare e progettare le differenti modalità di intervento.

Il convegno Concreto Day

Il sondaggio ha preso spunto anche dall'imminente convegno “Concreto Day”, in programma il 10 giugno presso il Campus del Politecnico di Milano a Lecco a partire dalle ore 10.00, organizzato nell’ambito del progetto europeo CONCRETO.

Attraverso gli interventi di Ingegneri ed Architetti, con il ricorso ad alcuni significativi casi di studio, si parlerà di tecniche di riuso di cemento armato, di restauro e di ristrutturazione per guardare al futuro in un ambito di intervento in cui gli ingegneri hanno e potranno continuare ad avere un ruolo di protagonisti. In particolare, si farà riferimento al restauro della Chiesa della Beata Vergine Immacolata a Longuelo in Bergamo, alla ristrutturazione del Mercato di Corso Sardegna a Genova ed al recupero della Nuova Libreria Civica a Torino.

“Siamo orgogliosi di essere partener di un progetto così interessante ed attuale come CONCRETO – afferma Sandro Catta, Consigliere CNI e referente scientifico per CONCRETO. L’Italia possiede un consistente patrimonio di edifici di pregio storico artistico antecedenti l’800 ma anche un patrimonio di edifici moderni che richiedono oggi capacità di “cura” e conservazione. Come ingegneri siamo in prima fila in questa opera di intervento, ma come emerge dai nostri studi occorre incentivare, anche con iniziative importanti come questo progetto, la diffusione di una consapevole e approfondita conoscenza delle modalità di intervento su strutture di epoca contemporanea.”

“Come dimostra la nostra recente rilevazione – afferma Marco Ghionna, Presidente del Centro Studi CNI – vi è un fabbisogno crescente di tutte le diverse forme dell’Ingegneria, anche di quei filoni considerati più tradizionali ma non per questo meno carichi di innovazione e che richiedono competenze tecniche di livello da parte dei nostri professionisti. Un numero consistente e direi crescente di studi professionali di ingegneria oggi è chiamato ad elaborare progetti che includano interventi di ripristino, di rinforzo e di conservazione di strutture in cemento armato e questo, a quanto abbiamo potuto rilevare, non riguarda soltanto gli edifici residenziali ma anche le infrastrutture. Il cemento armato oggi “incorpora” elevati livelli di innovazione, basti pensare ai fibrorinforzati, e le metodiche di intervento sia per il rinforzo delle strutture che per il loro recupero sono molteplici e richiedono un aggiornamento costante. La partecipazione della Fondazione CNI al progetto CONCRETO, è l’occasione per stimolare anche un dibattito interno alla nostra categoria sulle opportunità da cogliere in questo ambito e sugli strumenti per rafforzare la nostra capacità competitiva. Credo sia anche compito della Fondazione CNI e del CNI contribuire con proprie iniziative formative all’aggiornamento professionale su tale tema.”

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