Risarcimento danni dalla Stazione Appaltante: va corrisposta anche l’IVA?

Il Fisco interviene sulla tassazione applicabile, ai fini delle imposte indirette, alla corresponsione di somme dovute a titolo risarcitorio

di Redazione tecnica - 19/11/2024

La somma che dovrà essere corrisposta a titolo risarcitorio da una Stazione Appaltante a un’impresa va esclusa o no dal campo di applicazione dell'Iva?

Risarcimento danni da stazione appaltante: si applica l'IVA?

Si tratta dell’interessante tema della Risposta dell’Agenzia delle Entrate del 18 novembre 2024, n. 223, che investe il campo della fiscalità in ambito di lavori pubblici e di scritture private tra la SA  e l’appaltatore.

Il caso riguarda il contenzioso sorto tra una SA  e un’impresa in relazione a un appalto per la rsitrutturazione di un complesso immobiliare, soggetto alle previsioni del d.Lgs. n. 163/2006 e del d. P.R. n. 207/2010. Nel corso dell'esecuzione contrattuale erano sopravvenute circostanze impreviste ed imprevedibili che inducevano la Direzione lavori ad adottare provvedimenti di sospensione dei lavori e consegne parziali. L'aggiudicataria aveva contestato contestava la legittimità di tali sospensioni mediante l'iscrizione di alcune riserve nel registro di contabilità, con cui quantificava il danno ai sensi dell'articolo 160 del d.P.R. n. 207/2010 e successivamente aveva comunicato la volontà di recedere dal contratto in ragione della perdurante stasi contrattuale, ferme le riserve 'medio tempore' iscritte.

La SA, previa messa in mora della società aggiudicataria, aveva rifiutato la consegna parziale dei lavori eseguiti in ragione della loro interdipendenza con il complesso dei lavori appaltati ma non eseguiti e si riservava la quantificazione dei danni subiti.

Era sorta quindi una controversia nella quale la SA si costituiva contestando la complessiva debenza della somma. Nel corso del giudizio, le parti erano giunte a un accordo, con laredazione di una bozza di scrittura privata secondo cui:

  • la SA avrebbe corrisposto alla società, a titolo di risarcimento danni, l’importo quantificato secondo i criteri di cui all'art. 160 d.P.R. n. 207/2010, in relazione a tutte le domande per cui è pendente un giudizio dinanzi al Tribunale
  • la Società accettava tale importo e di ritenerlo pienamente satisfattivo di tutto quanto domandato con l'atto di citazione.

Da qui il dubbio, se tale somma, piuttosto rilevante, dovesse essere soggetta a Iva, ai sensi dell'articolo 15 del d.P.R. n. 633/1972.

Somme a titolo risarcitorio: concorrono a formare base imponibile?

Spiega il Fisco che, con riferimento all'esame del presupposto oggettivo per l'applicazione dell'Iva, l'articolo 3, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972, stabilisce che «Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte». In ordine alla determinazione della base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, l'articolo 13, comma 1 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che la stessa «è costituita dall'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore, secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all'esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti».

Il successivo articolo 15, comma 1, n. 1) dello stesso d.P.R. n. 633/1972 stabilisce che non concorrono a formare la base imponibile le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell'adempimento degli obblighi del cessionario o del committente.

Sulla base di tale ultima norma, quindi, viene prevista l'esclusione dalla base imponibile delle somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell'adempimento degli obblighi del cessionario o del committente. Pertanto, le somme dovute a titolo risarcitorio, sulla base della predetta norma, sono escluse dal campo di applicazione dell'imposta.

Al riguardo, la risoluzione 23 aprile 2004, n. 64/E ha precisato che le somme corrisposte a titolo di penale per violazione di obblighi contrattuali assolvono una funzione punitivo-risarcitoria. Conseguentemente dette somme sono escluse dall'ambito di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per mancanza del presupposto oggettivo.

Sospensione dei lavori: quando l'appaltatore può recedere dal contratto

Nella bozza di scrittura allegata al caso in esame si fa presente che:

  • nel corso della esecuzione del contratto si erano verificate circostanze che determinavano l'adozione di provvedimenti di sospensione dei lavori anche in ragione della necessità di predisporre una perizia di variante finalizzata alla integrazione del progetto per sopravvenute esigenze della SA. Ciò aveva determinato l'insorgere di rivendicazioni economiche ad opera della società aggiudicataria, con conseguente iscrizione di riserve nei registri di contabilità;
  • era sopraggiunta anche la pandemia da covid-19, causa di forza maggiore questa che dapprima imponeva la sospensione obbligatoria dei lavori e, di seguito, creava problemi in ordine al regolare prosieguo degli stessi, di fatto acuendo le problematiche già insorte. Nella situazione di stasi operativa venutasi a determinare, la società comunicava la volontà di recedere dal contratto a termini dell'art. 159 co. 4 D.P.R. 207/2010 e dall'art. 7 co. 4 del contratto di appalto, ferme le riserve medio tempore iscritte e quella da ultimo scritta con tale nota.

Sul punto, ricorda il Fisco, l’art. 159, comma 4, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 stabilisce che qualora la sospensione, o le sospensioni se più di una, durino per un periodo di tempo superiore ad un quarto della durata complessiva prevista per l'esecuzione dei lavori stessi, o comunque quando superino sei mesi complessivi, l'esecutore può richiedere lo scioglimento del contratto senza indennità; se la stazione appaltante si oppone allo scioglimento, l'esecutore ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti»

Nel caso in esame, le somme che la SA intende corrispondere in favore dell'appaltatore a titolo di risarcimento danni, sono quantificate sulla base dei criteri enunciati dall'articolo 160 del d.P.R. n. 207 del 2010, rubricato «Sospensione illegittima» secondo cui:

  • le sospensioni totali o parziali dei lavori disposte dalla stazione appaltante per cause diverse da quelle stabilite dall'articolo 159 sono considerate illegittime e danno diritto all'esecutore ad ottenere il risarcimento dei danni subiti (comma 1);
  • ai sensi dell'articolo 1382 del codice civile, il danno derivante da sospensione illegittimamente disposta è quantificato secondo i seguenti criteri:
    • a) detratte dal prezzo globale nella misura intera, le spese generali infruttifere sono determinate nella misura pari alla metà della percentuale minima prevista dall'art. 32, comma 2, lettera b), rapportata alla durata dell'illegittima sospensione;
    • b) la lesione dell'utile è riconosciuta coincidente con la ritardata percezione dell'utile di impresa, nella misura pari agli interessi moratori come fissati dall'articolo 144, comma 4, computati sulla percentuale prevista dall'articolo 32, comma 2, lettera c), rapportata alla durata dell'illegittima sospensione;
    • c) il mancato ammortamento e le retribuzioni inutilmente corrisposte sono riferiti rispettivamente al valore reale, all'atto della sospensione, dei macchinari esistenti in cantiere e alla consistenza della mano d'opera accertati dal direttore dei lavori ai sensi dell'articolo 158, comma 5;
    • d) la determinazione dell'ammortamento avviene sulla base dei coefficienti annui fissati dalle vigenti norme fiscali. (comma 2).

IVA: non dovuta per somme a titolo risarcitorio

Pertanto, la norma fa espresso riferimento alla natura risarcitoria della somma dovuta in esito alla reiterata sospensione dei lavori; sebbene questa norma sia stata successivamente abrogata dall'articolo 217, comma 1, lettera u) del d.Lgs. n. 50/2016, il suo contenuto appare sostanzialmente recepito e riconducibile all'articolo 121 del d.Lgs. n. 36/2023, rubricato «sospensione dell'esecuzione», il quale stabilisce:

  • al comma 5 che «qualora la sospensione o le sospensioni, durino per un periodo di tempo superiore a un quarto della durata complessiva prevista per l'esecuzione dei lavori stessi, o comunque quando superino sei mesi complessivi, l'esecutore può chiedere la risoluzione del contratto senza indennità; se la stazione appaltante si oppone, l'esecutore ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti. Nessun indennizzo è dovuto all'esecutore negli altri casi»;
  • al comma 7 che «Le contestazioni dell'esecutore in merito alle sospensioni dei lavori, nelle ipotesi di cui ai commi 1, 2 e 6, sono iscritte, a pena di decadenza, nei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori, salvo che la contestazione riguardi, nelle sospensioni inizialmente legittime, la sola durata, nel qual caso è sufficiente l'iscrizione della stessa nel verbale di ripresa dei lavori; qualora l'esecutore non firmi i verbali deve farne espressa riserva sul registro di contabilità. Quando la sospensione supera il quarto del tempo contrattuale complessivo, il responsabile del procedimento dà avviso all'ANAC. In caso di mancata o tardiva comunicazione l'ANAC irroga una sanzione amministrativa alla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 222, comma 13».
  • al comma 10 che «Nel caso di sospensioni totali o parziali dei lavori disposte dalla stazione appaltante per cause diverse da quelle di cui ai commi 1, 2 e 6, l'esecutore può chiedere, previa iscrizione, a pena di decadenza, di specifica riserva, ai sensi del comma 7, il risarcimento dei danni subiti, quantificato sulla base di quanto previsto dall'articolo 1382 del codice civile e secondo criteri individuati nell'allegato II.14».

Sulla base di questi presupposti l’Agenzia delle Entrate ritiene che la somma che dovrà essere corrisposta dall'Istante all'appaltatore, non costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, ma assolve una funzione esclusivamente risarcitoria, ed è pertanto esclusa dal campo di applicazione dell'Iva.

Infine, in riferimento all’assoggettabilità di tale scrittura privata ad imposta di registro, rileva la natura sostanzialmente transattiva rivestita dall'atto.

Al riguardo, il Fisco fa presente che:

  • ai sensi dell'articolo 1965 del c.c. «la transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni, si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti».
  • L'articolo 29 del Testo Unico dell'imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR) dispone che «per le transazioni che non importano trasferimento di proprietà o trasferimento o costituzione di diritti reali l'imposta si applica in relazione agli obblighi di pagamento che ne derivano senza tenere conto degli obblighi di restituzione né di quelli estinti per effetto della transazione».

Pertanto, considerato che nel caso di specie dall'accordo tra le parti deriva un obbligo di pagamento a carico dell'Istante, l’atto è soggetto a registrazione in termine fisso con applicazione dell'imposta proporzionale del 3%, prevista, ai sensi dell'articolo 9 della Tariffa, parte prima allegata al TUR, per gli «atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale».

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