Ristrutturazione edilizia e definizione interventi: la sentenza del TAR
In caso di lavori di ristrutturazione, è necessario il permesso di costruire? Ecco la risposta del Tribunale Amministrativo
Nonostante gli interventi di ristrutturazione edilizia, di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e di restauro conservativo siano disciplinati dall'art. 3 del Testo Unico Edilizia, i confini operativi non sono sempre ben definiti. Capita quindi che anche le amministrazioni cadano in errore, chiedendo il permesso di costruire quando si tratta di attività in edilizia libera: a confermarlo è il TAR Lazio, con l’interessante sentenza n. 4635/2022, riguardante il ricorso contro un ordine di demolizione di alcune opere edilizie.
Definizione interventi edilizi: la sentenza del Tribunale Amministrativo
Un Comune aveva ingiunto la demolizione di alcune opere in quanto prive di titolo edilizio, ossia di SCIA alternativa al permesso di costruire, ai sensi dell’art. 23 d.P.R. n. 380/2001), di nulla osta del Genio civile e di nulla osta ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).
Nell’analisi dei diversi motivi di ricorso, il TAR ha dato ragione in più parti al proprietario dell’immobile. Vediamone i dettagli, facendo prima un passo indietro e ricordando le definizioni specificate con l'art. 3 del D.P.R. n. 380/2001.
Definizione degli interventi edilizi secondo il Testo Unico Edilizia
All'art. 3, il D.P.R. n. 380/2001 distingue tra:
- a) "interventi di manutenzione ordinaria": gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
- b) "interventi di manutenzione straordinaria":
le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti
anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare
i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino
la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti
urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti
incremento del carico urbanistico. Tra questi sono ricompresi anche
quelli consistenti in:
- frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico, purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d'uso
- modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
- c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", comprendenti interventi dil consolidamento, ripristino e rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;
- d) "interventi di ristrutturazione edilizia",
rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio
in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Essi comprendono:
- interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetic;
- interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Nel caso di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali, di edifici ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria;
- e) "interventi di nuova costruzione" ossia trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
- f) gli "interventi di ristrutturazione urbanistica", rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
Sulla base di queste definizioni, il TAR ha quindi classificato i diversi interventi oggetto del ricorso, spiegando che molti di essi rientravano in edilizia libera e non erano soggetti a permesso di costruire o a SCIA in alternativa al PDC.
Lavori di ristrutturazione interna
Come spiega il TAR, i lavori di ristrutturazione interna – nella specie, la “creazione di tramezzature interne” – integrerebbero un’attività di edilizia libera ex art. 6 d.P.R. n. 380/01 riconducibile alla manutenzione straordinaria non essendo coinvolte “parti strutturali” dell’edificio e non necessiterebbe di autorizzazione paesaggistica ai sensi della lett. A.1 del d.P.R. n. 31/2017 (“opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici”).
La modifica delle tramezzature interne di un fabbricato quindi non richiede né il permesso di costruire (o la scia alternativa al permesso di costruire) né l’autorizzazione paesaggistica: le opere di modifica di spazi interni, sia pure eseguite attraverso demolizione e ricostruzione di tramezzature, non integrano un intervento soggetto a permesso di costruire e neanche a SCIA, non venendo in rilievo alterazioni dei parametri urbanistici ovvero incrementi di volumetria e superficie; né rilevano i rigorosi limiti imposti dal vincolo paesaggistico, trattandosi di opere meramente interne, che non hanno comportato in alcun modo aumento dei volumi preesistenti, né possono essere considerate, in generale, elementi detrattori del vincolo, non potendo in alcun modo alterare il paesaggio, né la percezione che di questo si abbia dai luoghi accessibili al pubblico.
Rimozione infissi: attività di edilizia libera
Stessa cosa nel caso degli infissi: il TAR conferma che si tratta di un’attività di manutenzione ordinaria (art. 3, co. 1, lett. a, d.P.R. cit.: “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici […]”), e dunque di edilizia libera (art. 6, co. 1, lett. a, d.P.R. cit.), non necessitante di autorizzazione paesaggistica.
Rifacimento parapetti del terrazzo: ci vuole il permesso di costruire?
La modifica dei prospetti deve considerarsi:
- intervento edilizio autonomo, riconducibile al ‘genus’ della ristrutturazione edilizia riscontrabile in fattispecie quali apertura di nuove finestre, chiusura di quelle preesistenti e loro apertura in altre parti; nella apertura di una nuova porta di ingresso sulla facciata dell’edificio o comunque su una parete esterna dello stesso; nella trasformazione di vani finestra in altrettante porte-finestre;
- attività di edilizia libera se, pur riguardando la facciata dell’edificio, non ha rilievo edilizio, o si concretizza nel rinnovamento o nella sostituzione delle finiture dell’immobile, nell’integrazione o nel mantenimento in efficienza degli impianti tecnologici esistenti, o che si sostanzia in interventi interni al fabbricato.
Da questo punto di vista, il TAR spiega che non occorre il permesso di costruire, con conseguente impossibilità di applicare la sanzione demolitoria per assenza di titolo, per la sostituzione di due ringhiere con altrettanti parapetti in muratura al primo piano, non realizzando tecnicamente tale intervento una modifica del prospetto.
Attività di demolizione
In linea generale, il TAR conferma che gli interventi di mera demolizione di opere già esistenti (ovvero, interventi di demolizione a cui non faccia seguito alcuna ricostruzione), non vanno annoverati tra gli interventi imponenti il previo rilascio del permesso di costruire e, ancora, tra quelli soggetti al previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità competente, attesa la piena idoneità di essi a garantire proprio la salvaguardia dello stato dei luoghi, così come oggetto di tutela da parte del legislatore.
Il ricorso quindi per queste strutture è stato accolto, specificando oltretutto che non era necessario il nulla osta del Genio civile e di assenso paesaggistico ai sensi del d.lgs. n. 42/2004: il Comune non ha infatti individuato le opere per le quali fosse necessaria la presentazione dei progetti presso il Genio civile, con conseguente configurazione del deficit motivazionale.
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