Ristrutturazione edilizia: quando è dovuto il contributo di costruzione
Illegittima la richiesta del Comune quando gli interventi non richiedono il permesso di costruire o la SCIA alternativa al PdC
Il contributo di costruzione è dovuto solo in relazione agli interventi, assoggettati a permesso di costruire oppure a SCIA alternativa al permesso, che comportino incrementi del carico urbanistico.
Anche per quanto riguarda le opere di ristrutturazione edilizia - e quindi i lavori su edifici già esistenti - la norma impone che la quota di contributo relativa al costo di costruzione debba essere versata solo per gli interventi assentibili con permesso, mentre non è dovuta per i lavori soggetti a SCIA semplice.
Il pagamento della quota legata agli oneri di urbanizzazione, invece, è dovuto esclusivamente qualora si verifichi un incremento del carico urbanistico, essendo questo l’unico presupposto previsto per l’imposizione, mentre risulta illegittima la pretesa del versamento dei maggiori oneri in assenza di variazioni in tale ambito.
Contributo di costruzione: quando si deve pagare
A chiarirlo è il TAR Veneto con la sentenza del 18 luglio 2024, n. 1907, accogliendo il ricorso proposto contro il versamento del contributo di costruzione imposto dal Comune per opere realizzate mediante semplice SCIA che non hanno comportato modifiche al carico urbanistico.
Nello specifico, l’art. 16 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dispone come il rilascio del Permesso di Costruire sia subordinato alla corresponsione di un contributo calcolato sulla base di due diverse quote:
- una relativa al costo di costruzione;
- l’altra legata invece agli oneri di urbanizzazione.
Per quanto riguarda il costo di costruzione, il versamento è dovuto per la realizzazione di interventi rientranti nell’ambito dell’art. 10 del TUE (per i quali è obbligatoria la previa richiesta del Permesso) e dell’art. 23 del TUE (conseguibili con SCIA Alternativa al PdC), mentre non si deve pagare per i lavori assoggettati a SCIA semplice o a DIA.
A tal proposito si precisa che, per gli interventi di ristrutturazione edilizia su edifici già esistenti, la quota del costo di costruzione si calcola in base al costo degli interventi stessi. L’Amministrazione può decidere inoltre che, per la determinazione delle somme dovute, siano applicati valori inferiori rispetto a quelli previsti per i lavori di nuova costruzione.
La quota relativa invece agli oneri di urbanizzazione non è legata al titolo edilizio in sé, ma alla necessità di distribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, pertanto dev’essere corrisposta esclusivamente se l’intervento determina un incremento del carico urbanistico.
Di conseguenza, si deve ritenere illegittima ogni imposizione di versamento, da parte del Comune, degli oneri di urbanizzazione per opere che non comportino variazioni urbanistiche all’assetto territoriale.
Ristrutturazione “leggera”: no al pagamento del contributo
Nel caso qui trattato, le opere realizzate con SCIA per le quali il Comune ha imposto il pagamento del contributo di costruzione (compreso di entrambe le quote, per una somma di quasi 70 mila euro) hanno comportato:
- la suddivisione degli spazi interni di un capannone mediante l’aggiunta di partizioni interne (in parte in cartongesso e in parte con vetrate);
- il rifacimento di pavimenti e controsoffitti;
- l’adeguamento e la realizzazione di impianti igienico sanitari.
I giudici del TAR chiariscono in merito che, anche volendo ricomprendere i suddetti lavori nella categoria della ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del TUE, in ogni caso, gli stessi non possono essere ricondotti alle opere di ristrutturazione “pesante” di cui all’art. 10, comma 1, lett. c) dello stesso d.P.R. n.380/2001.
Per realizzarli, quindi, non era necessario richiedere né il Permesso di Costruire né la SCIA Alternativa al Permesso, in quanto non hanno comportato la creazione di un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, e non hanno prodotto incrementi di volumetria, né modifiche ai prospetti o alla sagoma.
Non risulta, inoltre, che ci siano stati mutamenti rilevanti della destinazione d’uso, essendo che il capannone, sia nella condizione ante operam che in quella post operam, viene impiegato ad uso produttivo-direzionale nell’ambito dell’attività di logistica.
La divisione interna era finalizzata infatti a predisporre nuovi ambienti chiusi da utilizzare come uffici e altre attività direzionali laddove prima esisteva uno spazio vuoto, che era dedicato comunque agli stessi scopi.
In proposito, viene chiarito quanto segue:
“che tale riconfigurazione determini un maggiore carico urbanistico […] è circostanza da dimostrare, poiché una maggiore superficie commerciale comporta maggiore capienza e, dunque, anche un maggiore traffico di automezzi […]. Non v’è, invece, evidenza che una riduzione dello spazio a ciò dedicato, ma per usi comunque attinenti all’esercizio della suddetta attività, possa generare un maggior afflusso di persone e un più intenso utilizzo delle opere di urbanizzazione esistenti o la necessità di nuove opere.”
Il ricorso deve quindi essere accolto, con la condanna, per il Comune, alla restituzione dell’intero contributo pagato dalla società ricorrente.
Documenti Allegati
SentenzaIL NOTIZIOMETRO