Sanare un abuso edilizio con l’agibilità: si può fare?
Secondo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), l’art. 34-ter, comma 4, del Testo Unico Edilizia ha l’obiettivo di valorizzare, a fini edilizi, il certificato di abitabilità o agibilità
Stato legittimo e abitabilità/agibilità sono condizioni diverse che attengono a differenti idoneità di un edificio alla normativa. Il primo attiene all’osservanza delle norme urbanistico-edilizie, il secondo, invece, serve ad accertare che l’immobile cui si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme relative alla sicurezza, salubrità, igiene e risparmio energetico degli edifici e degli impianti.
Agibilità e stato legittimo: le differenze
Secondo un orientamento pacifico della giurisprudenza, il conseguimento dell’agibilità non significa ottenere la sanatoria o confermare la legittimità di un intervento. La differenza tra agibilità e stato legittimo è, però, stata messa recentemente in discussione dal Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 7740 del 24 settembre 2024, pur confermando le differenze, ha ammesso l’esistenza di certificati di agibilità emessi dal Comune in cui si dà, sostanzialmente, atto non solo dei requisiti igienico-sanitari ma anche:
- dell’accatastamento dell’immobile;
- della conformità alle norme vigenti ai sensi dell’art. 20 d.P.R. 380/2001;
- della conformità dell’opera al progetto approvato;
- della conformità degli impianti.
Tale principio è stato, in parte, recepito e rivisitato dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), che ha inserito il nuovo art. 34-ter all’interno del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE).
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