Sanatoria edilizia e doppia conformità: l’onere della prova a carico del privato

Il TAR ribadisce un principio consolidato della giurisprudenza che sta alla base dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia

di Redazione tecnica - 12/03/2025

Chi chiede una sanatoria deve dimostrare la doppia conformità dell’intervento edilizio. Ma cosa succede se la documentazione fornita non è sufficiente? E quali elementi probatori possono ritenersi idonei?

Sanatoria edilizia, doppia conformità e onere della prova: interviene il TAR

La risposta, come spesso accade, è contenuta all’interno del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001), ma, come altrettanto spesso succede, è la giurisprudenza a chiarirne i contorni applicativi. In questo caso, ha risposto alle domande il TAR Sicilia con la sentenza n. 516 del 7 marzo 2025, che ha confermato il rigetto di un’istanza di accertamento di conformità presentata ai sensi dell’art. 36 del TUE per un intervento edilizio abusivo. I giudici hanno ribadito un principio ormai consolidato: l’onere di dimostrare il rispetto della doppia conformità urbanistica ed edilizia grava interamente sul privato.

Ricordiamo, infatti, che il permesso di costruire in sanatoria, previsto dall’art. 36 del TUE, è un istituto che consente la regolarizzazione di interventi edilizi eseguiti in assenza o difformità dal titolo abilitativo, a patto che l’opera sia conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità “simmetrica”).

La doppia conformità è un requisito fondamentale per l’accoglimento dell’istanza, che distingue nettamente la sanatoria ordinaria dal condono edilizio. Il suo scopo è chiaro: evitare che il rilascio della sanatoria si trasformi in un premio per chi ha costruito illegalmente in violazione delle norme vigenti al momento dell’abuso.

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