Sanatoria edilizia impossibile in zona sismica: le conferme della Cassazione
Sanatoria in zona sismica e doppia conformità: la Cassazione chiarisce (ancora) i limiti dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)
In tempi di Salva Casa, la parola “sanatoria” è tornata prepotentemente al centro del dibattito tra i tecnici e – ancora di più – tra i committenti, spesso convinti che ogni abuso possa essere facilmente regolarizzato. In realtà, anche se oggi esistono diverse strade per affrontare alcune difformità edilizie (in attesa della necessaria modulistica regionale), c’è un nodo tecnico e giuridico che continua a riemergere con insistenza, senza che il legislatore abbia mai scelto di affrontarlo in modo chiaro.
Mi riferisco all’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), che consente – solo a precise condizioni – la sanatoria degli interventi realizzati in assenza o totale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa. Com’è noto, il presupposto essenziale di questa procedura è la cosiddetta “doppia conformità”: l’opera deve risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione dell’istanza.
Sanatoria edilizia e autorizzazione sismica: interviene la Cassazione
Ma cosa accade quando un immobile viene realizzato in zona sismica, in totale assenza di titolo abilitativo e senza il preventivo rilascio dell’autorizzazione sismica?
La risposta arriva dalla Corte di Cassazione con la sentenza 27 marzo 2025, n. 12125, che ci consente di tornare su un tema tanto rilevante quanto sistematicamente ignorato. Parliamo di una questione che riguarda non solo la legalità dell’intervento edilizio, ma la sua sicurezza strutturale, e che continua a rimanere ai margini dell’agenda normativa. Una lacuna che non dipende dalla complessità tecnica, ma da una precisa scelta del legislatore di non intervenire, lasciando ai giudici – ancora una volta – l’onere di tracciare i confini di ciò che è sanabile e di ciò che non lo è.
Nel caso esaminato dalla Cassazione (Terza Sezione Penale), i ricorrenti avevano chiesto la sospensione o revoca dell’ordine di demolizione relativo a un immobile realizzato abusivamente, sostenendo che fosse in corso una procedura di sanatoria e che l’inerzia dell’amministrazione impedisse la definizione dell’istanza.
Il Tribunale aveva rigettato l’istanza, ritenendo l’ordine di demolizione perfettamente legittimo e non in contrasto con alcun atto amministrativo o giurisdizionale sopravvenuto. La Corte di Cassazione ha confermato integralmente questa impostazione.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 27 marzo 2025, n. 12125IL NOTIZIOMETRO