Sanatoria edilizia: no alla "parcellizzazione" degli abusi

L’analisi “atomistica” dei singoli interventi non consente di comprendere in modo adeguato l’effettiva incidenza apportata dalle opere allo stato dei luoghi

di Redazione tecnica - 08/11/2024

Per poter valutare il reale impatto che determinate opere abusive comportano sull’assetto del territorio, occorre sempre compiere un apprezzamento globale, e non atomistico, degli interventi conseguiti.

Non può essere ammessa, infatti, una considerazione “parcellizzata” degli illeciti al solo fine di fruire del più benevolo trattamento sanzionatorio, ovvero dell’applicazione della sanzione pecuniaria al posto di quella demolitoria.

Abusi edilizi: vanno sempre considerati globalmente

A chiarirlo è il TAR Lazio con la sentenza del 17 ottobre 2024, n. 18046 che rigetta un ricorso per l’annullamento dell’ordine di demolizione disposto dal Comune per opere eseguite in difformità dal titolo edilizio, e l’applicazione, in sostituzione allo stesso, della fiscalizzazione dell’abuso di cui all’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Secondo il ricorrente, parte degli abusi contestati rientrerebbe tra quelli eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA - in quanto configurabili come difformità parziali conseguite nel rispetto della tipologia edilizia progettata - mentre l’altra parte costituirebbe soli lavori pertinenziali realizzabili con DIA e conformi alla disciplina urbanistica; sarebbe pertanto applicabile la sanatoria di cui all’art. 37 dello stesso TUE.

In proposito, i giudici del TAR rilevano che gli abusi sono stati realizzati in un unico contesto spaziale, e dunque, per determinare l’impatto che hanno comportato al territorio, devono essere valutati sulla base di una considerazione unitaria.

L’analisi “atomistica” dei singoli interventi, infatti, non consente di comprendere in modo adeguato l’effettiva incidenza apportata allo stato dei luoghi, perché solo una valutazione d’insieme permette di determinare il nesso funzionale che lega le opere e la portata stessa dell’intera operazione.

Pertinenza urbanistica: quali caratteristiche deve avere

In quanto ai manufatti ritenuti pertinenziali dal ricorrente, i giudici ribadiscono che il concetto di pertinenza in senso urbanistico è molto più circoscritto rispetto a quello inteso in ambito civilistico dall’art. 817 c.c.

Per qualificare un’opera come pertinenza urbanistica è necessario che sussista un nesso funzionale e strumentale che leghi la stessa al fabbricato principale, in modo tale che risulti coessenziale allo stesso e non possa avere altre finalità oltre a quella destinata al servizio dell’immobile, a prescindere dall’effettivo uso che il proprietario faccia del bene.

Ciò posto, si spiega, non sono qualificabili come pertinenze dei manufatti in legno realizzati abusivamente nell’area in cui insiste una piscina - destinati evidentemente a soddisfare un’esigenza diversa da quella contingente riconducibile all’abitazione principale - per i quali non sia rilevabile alcun vincolo di pertinenza con l’immobile, in quanto costituiscono a tutti gli effetti degli interventi di nuova costruzione con occupazione di nuovo volume.

Non possono essere considerati pertinenziali, per giunta, neanche i locali tecnici realizzati, perché hanno comportato l’alterazione della sagoma e del prospetto del fabbricato principale.

Ciò che emerge nel caso in esame, quindi, è che gli interventi (unitariamente considerati) hanno comportato la trasformazione dell’assetto urbanistico-edilizio del territorio, e quindi necessitavano del Permesso di Costruire, con conseguente e corretta applicazione dell’ordine demolitorio da parte del Comune.

Peraltro, si spiega, una volta accertata l’esistenza di opere di nuova costruzione eseguite in assenza del Permesso obbligatorio, l’Amministrazione non è tenuta a verificare se gli abusi possano essere sanabili, o se possa essere applicata la fiscalizzazione dell’abuso al posto della demolizione, essendo per legge rimessa ogni iniziativa in merito all’impulso del privato interessato, che deve dimostrare l’impossibilità a demolire gli abusi senza che si arrechi danno alla parte eseguita in conformità. Il ricorso viene respinto.

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