La sanatoria edilizia semplificata blocca le demolizioni pendenti

La sentenza del TAR conferma che il nuovo art. 36-bis del Testo Unico Edilizia si applica su tutti i procedimenti non ancora irreversibilmente conclusisi

di Gianluca Oreto - 10/03/2025

Con l’entrata in vigore della Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) è stato oggetto di una delle più rilevanti modifiche degli ultimi anni. Il legislatore ha introdotto nuove possibilità di sanatoria per gestire le piccole difformità edilizie, cercando di risolvere il problema degli abusi minori che, per un mero formalismo normativo, rischiano di rimanere irregolari a tempo indeterminato.

La modifica dell’art. 34-bis (Tolleranze costruttive) e l’inserimento degli artt. 34-ter (Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo) e 36-bis (Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali), potrebbero finalmente rappresentare un cambio di passo per il patrimonio edilizio italiano. Ma perché queste norme producano davvero effetti concreti, occorre che vengano correttamente applicate, evitando che le solite resistenze burocratiche ne ostacolino l’attuazione.

Sanatoria edilizia: funziona o no?

Tra le tante criticità applicative (e sono tante), in questo approfondimento ci concentreremo sull’art. 36-bis del TUE, la cosiddetta “sanatoria edilizia semplificata”, che ha già sollevato numerosi interrogativi tra tecnici e amministrazioni comunali. Come spesso accade, l’introduzione di una nuova disposizione normativa porta con sé il rischio di interpretazioni discordanti e di disparità di trattamento tra Comuni, generando l’ennesima giungla applicativa.

Un segnale poco rassicurante è dato dall’assenza ingiustificata della nuova modulistica, che dopo mesi dall’entrata in vigore del Salva Casa continua a rappresentare un ostacolo operativo. Il legislatore nazionale ha pensato di risolvere la questione con delle Linee guida interpretative del MIT, che però non hanno alcun valore normativo e lasciano agli enti locali ampi margini di discrezionalità.

Ad esempio, cosa succede quando un’istanza di sanatoria semplificata viene presentata dopo l’attivazione di un procedimento sanzionatorio? L’amministrazione può ignorare la nuova disciplina e procedere comunque alla demolizione?

A rispondere a queste domande ci ha pensato il TAR Campania che, con la sentenza n. 406 del 27 febbraio 2025, ha chiarito due aspetti fondamentali:

  1. il “Salva Casa” si applica anche ai procedimenti sanzionatori pendenti, purché non ancora conclusi con la demolizione dell’opera abusiva;
  2. le amministrazioni comunali sono obbligate a ricevere e valutare le istanze di sanatoria semplificata, anche in assenza di modulistica aggiornata.

Vediamo nel dettaglio i motivi di questa decisione.

Il principio dello ius superveniens

Uno dei passaggi più rilevanti della sentenza riguarda il rapporto tra il Salva Casa e i procedimenti sanzionatori in corso. Sul punto, il TAR richiama un principio già affermato dal Consiglio di Stato (Sez. II, 9 settembre 2024, n. 7486), secondo cui la nuova disciplina in materia di sanatoria edilizia ha carattere prevalente rispetto ai provvedimenti sanzionatori, a meno che questi ultimi non siano già giunti alla fase esecutiva della demolizione.

Tradotto in pratica: se un immobile rientra nelle ipotesi di sanatoria previste dall’art. 36-bis del TUE, il Comune non può rigettare automaticamente l’istanza, limitandosi a richiamare norme superate. Qualsiasi diniego basato su criteri precedenti deve essere riesaminato alla luce della nuova normativa, pena l’illegittimità del provvedimento.

Un aspetto interessante della decisione è il favor per la regolarizzazione degli illeciti edilizi, che emerge chiaramente dalle motivazioni del TAR. La sentenza, infatti, sottolinea che l’ordinamento deve sempre tendere alla regolarizzazione del patrimonio edilizio piuttosto che alla repressione fine a sé stessa, specialmente quando esistono strumenti normativi che consentono di sanare la difformità.

La presentazione dell’istanza di sanatoria semplificata

Un altro punto cruciale riguarda il diritto del cittadino a presentare un’istanza di sanatoria semplificata e il conseguente obbligo del Comune di esaminarla, anche se la modulistica edilizia aggiornata non è ancora stata predisposta.

Nel caso specifico, il ricorrente aveva presentato domanda ai sensi dell’art. 36-bis del TUE per regolarizzare:

  • un cambio di destinazione d’uso da sottotetto ad abitazione;
  • una tettoia in legno con copertura in tegole di laterizio.

L’amministrazione comunale aveva respinto l’istanza, ancorandone la motivazione al precedente quadro normativo. Il TAR, però, ha bocciato questa impostazione, affermando che il diniego di una precedente istanza e un procedimento sanzionatorio non ancora conclusosi con la demolizione/ripristino, non precludono automaticamente l’accesso alla nuova sanatoria. L’art. 36-bis introduce presupposti diversi, che devono essere valutati caso per caso.

Tesi che di fatto confermerebbe anche un altro aspetto chiave: l’assenza di modulistica edilizia non è un valido motivo per rigettare l’istanza. I Comuni sono obbligati a ricevere e valutare le richieste di sanatoria in base alle nuove disposizioni, senza frapporre ostacoli burocratici (ovvero l’assenza di una modulistica).

Il giudice amministrativo ha, dunque, ribadito un principio fondamentale: l’amministrazione non può sottrarsi all’applicazione della nuova normativa con pretesti formali, ma deve garantire ai cittadini la possibilità di regolarizzare le proprie difformità edilizie, come previsto dal Salva Casa.

Conclusioni

La sentenza del TAR Campania rappresenta un ulteriore passo nella definizione dell’ambito applicativo del “Salva Casa”, chiarendo che:

  • la nuova disciplina sulla sanatoria semplificata si applica anche ai procedimenti sanzionatori pendenti, a meno che non si siano già conclusi con la demolizione dell’abuso;
  • i Comuni non possono rifiutare le istanze di sanatoria adducendo l’assenza di modulistica aggiornata, poiché il diritto alla regolarizzazione edilizia deve essere garantito in ogni caso;
  • le amministrazioni sono tenute a valutare ogni nuova istanza sulla base della disciplina attuale, senza fare riferimento a precedenti dinieghi basati su normative superate.

Ancora una volta, ci troviamo di fronte al classico scontro tra certezza del diritto e resistenze amministrative. Resta da vedere se questa pronuncia contribuirà a uniformare l’applicazione del Salva Casa o se, come spesso accade, le amministrazioni locali continueranno a frapporre ostacoli, allungando i tempi e alimentando un clima di incertezza normativa.

Di certo, i tribunali amministrativi stanno iniziando a fissare alcuni punti fermi. Spetterà ora ai Comuni adeguarsi, evitando interpretazioni restrittive che rischiano di vanificare l’efficacia della riforma.

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