Sanatoria successiva a ordine di demolizione: le verifiche del giudice dell'esecuzione

Necessario controllare la legittimità dell'atto sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge

di Redazione tecnica - 13/09/2024

La presentazione di un'istanza di sanatoria, oppure il rilascio del titolo abilitativo, non comporta automaticamente la caducazione dell'ordine di demolizione impartito con una sentenza di condanna, altrimenti si finirebbe per svuotare di contenuto il compito del giudice dell’esecuzione, chiamato a controllare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.

Ordine di demolizione e sanatoria edilizia: le verifiche del giudice dell'esecuzione

Si tratta un principio fondamentale nell’ambito della giurisprudenza legata agli abusi edilizi, ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 16 luglio 2024, n. 28539, che ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto per la revoca o sospensione dell’ordine di demolizione di opere abusive per le quali era stato richiesto, e inizialmente approvato, il permesso in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del. d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Si ribadisce, in particolare, che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria è concesso a favore degli abusi che - sebbene conseguiti senza titolo o in difformità dallo stesso - risultino soddisfare i requisiti di doppia conformità, ovvero siano conformi agli strumenti urbanistici vigenti sia all’epoca della realizzazione dell’illecito sia al momento della presentazione dell’istanza.

Nel caso in esame la Corte d’Appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di revoca dell’ordine demolitorio per via del mancato rispetto dei requisiti essenziali per il rilascio dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 Del TUE.

In particolare, per le opere in questione era stato inizialmente rilasciato il permesso in sanatoria dal Comune, tuttavia correttamente reputato viziato, e quindi illegittimo, dal giudice dell’esecuzione. L’edificio infatti, all’epoca della realizzazione, ricadeva in parte in fascia di rispetto stradale, area per la quale il programma di fabbricazione allora vigente richiedeva la necessità del piano di lottizzazione convenzionato, e per la quale, anche il piano regolatore generale attualmente vigente, impone la predisposizione di un piano di lottizzazione.

Si spiega, a tal proposito, che si può derogare all’obbligo di disporre i piani di lottizzazione solo in presenza dei fondi interclusi di cui all’art. 1051 del Codice Civile, come sono stati erroneamente qualificati quelli in esame all’atto del rilascio del permesso in sanatoria da parte del Comune.

Affinché si possano qualificare dei fondi come “interclusi”, infatti, è necessario che sussistano i seguenti presupposti:

  1. l’area deve ricadere in una zona integralmente interessata da costruzioni;
  2. devono essere presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard minimi prescritti.

Sanatoria edilizia: giudice dell'esecuzione deve verificare la legittimità del provvedimento

Ne deriva che in assenza di questi presupposti, il lotto in esame non rientrava tra i c.d. fondi interclusi, pertanto, per il rilascio della sanatoria risultava obbligatorio il piano di lottizzazione, che non è stato predisposto.

È stato confermato quindi l’operato del giudice dell’esecuzione, che “ha un ampio potere-dovere di controllo sulla legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio”.

Difatti, proprio questo potere attribuito al giudice consente di escludere che la presentazione dell’istanza di sanatoria porti alla caducazione automatica dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna.

Al contrario “si finirebbe per svuotare di contenuto il compito che al giudice è demandato e, soprattutto, per vanificare il principio di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo, la cui osservanza è, invece, essenziale al fine di garantire la più efficace tutela dell'interesse protetto”.

 

 

 

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