SCIA edilizia: dopo quanto si consolida e con quali effetti?
Illegittimo l’operato dell’amministrazione comunale che, in presenza di opere assentite con SCIA, adotta provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che è decorso il termine di 30 giorni previsto per il consolidamento del titolo
In attesa che la normativa edilizia cambi con la pubblicazione della nuova disciplina delle costruzioni, tecnici, imprese e contribuenti devono fare i conti con il DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che in questi "primi" 20 anni di applicazione ha causato gioie e dolori.
Il Testo Unico Edilizia e i titoli abilitativi
All'interno del Testo Unico Edilizia sono previste diverse tipologie di intervento (art. 3) e diverse tipologie di titolo edilizio in funzione della complessità dell'opera:
- il permesso di costruire (art. 10);
- la segnalazione certificata di inizio attività o SCIA (art. 22).
Esistono poi alcuni interventi rientranti nel concetto di edilizia libera (art. 6) e altri che, se non rientranti tra quelli previsti agli articoli 6, 10 e 22, necessitano di una comunicazione di inizio lavori asseverata o CILA (art. 6-bis).
Mentre per gli interventi soggetti a permesso di costruire il processo è chiaro perché necessita di una approvazione da parte dello Sportello Unico Edilizia per l'avvio dei lavori, in caso di SCIA e CILA le cose si complicano perché è necessario coniugare alcuni aspetti in contrapposizione tra loro: il diritto del privato e il dovere della pubblica amministrazione di verificare che l'intervento sia conforme.
La SCIA in edilizia
Affrontiamo questo argomento analizzando la Sentenza TAR Calabria 18 marzo 2021, n. 595 che ci permette di comprendere meglio cosa accade agli interventi soggetto a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA edilizia).
Nel caso oggetto della sentenza del TAR, l'istante era stato condannato dall'amministrazione alla demolizione di alcune opere realizzate a seguito di presentazione di SCIA:
- un cancello in ferro e un muretto di recinzione in cemento armato lungo 4,20 m. e alto 0,70 m;
- un muro in cemento armato, sulla fondazione del cordolo, addossato ad altra abitazione privata, alto circa 0,90 m.;
- una scala in cemento armato costituita da 24 gradini;
- un muro di contenimento in cemento armato dimensionato 2 m. x 2 m. x 0,40 m. ubicato lateralmente rispetto alla scala.
Entrando nel dettaglio, dopo la presentazione della SCIA (11 dicembre 2019) e l'inizio dei lavori:
- il Comune ha constatato la mancanza di documenti e ha ordinato l’immediata sospensione della SCIA fino ad integrazione e verifica della documentazione richiesta (16 dicembre 2019, 5 giorni dopo);
- il ricorrente ha provveduto all’integrazione documentale e ha proseguito i lavori (15 gennaio 2020, 30 giorni dopo la richiesta del Comune);
- con ordinanza del 26 febbraio 2020, il Comune ha ingiunto la demolizione dei lavori realizzati, adducendo:
- l’insufficienza della documentazione fornita ad attestare la proprietà dell’immobile;
- la realizzazione dei lavori in assenza del titolo abilitativo necessario (permesso di costruire) nonché in difformità rispetto alla S.C.I.A.;
- l’esecuzione degli stessi in assenza di autorizzazione sismica ex artt. 93 e ss. d.p.r. 380/2001.
Il consolidamento della SCIA e i poteri/doveri dell'amministrazione
I giudici di primo grado hanno preliminarmente evidenziato che le opere contestate con l’ordinanza di demolizione risultano omogenee a quelle oggetto di SCIA. È pertanto illegittimo l’operato dell’amministrazione comunale che, in presenza di opere assentite con SCIA, adotta provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che è decorso il termine di 30 giorni previsto per il consolidamento del titolo (art. 19, commi 3 e 6 bis, l. 241/1990) senza fare previo ricorso all’adozione di poteri in autotutela, giacché la SCIA, una volta cristallizzatasi, costituisce un titolo edilizio valido ed efficace che può essere rimosso solo alle condizioni previste dall’art. 21 nonies l. 241/1990.
Nel caso di specie l’ordinanza di demolizione è stata adottata dopo 30 giorni dal deposito, da parte del ricorrente, della documentazione integrativa. A norma dell’art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990, l’amministrazione ha il potere di sospendere la prosecuzione dei lavori: tale sospensione interrompe il termine per il consolidamento della SCIA, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle misure richieste (nella fattispecie, la produzione della documentazione integrativa). Pertanto l’adozione di provvedimenti repressivi vincolati avrebbe potuto aver luogo entro il 14 febbraio 2020 (ex art. 19, comma 6 bis, l. 241/1990), mentre dopo tale data l’amministrazione avrebbe dovuto agire nel rispetto dei presupposti formali e sostanziali dell’autotutela, ai sensi dell’art. 19, comma 4, l. 241/1990.
I contenuti dell'ordinanza di demolizione
In riferimento all'ordinanza di demolizione emessa dal Comune, i giudici dicono "non si comprende esattamente quali lavori necessitassero, nella prospettazione dell’amministrazione, di permesso di costruire e quali invece risultassero realizzati in difformità dalla SCIA". Secondo il TAR "Il provvedimento dà genericamente atto che i lavori «risultano essere in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente in quanto realizzati in difformità di titolo abilitativo necessario, e ricadenti, pertanto, nella tipologia stabilita dall’art. 31 del D.P.R. 380/01 e ss.mm. e ii., come interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, nonché in difformità con la SCIA prot. 8387 dell’11.12.2019 ai sensi dell’art. 37»".
Ciò posto, nel caso di realizzazione di opere in assenza o in difformità alla SCIA, l’amministrazione non può ordinare la demolizione ex art. 31 d.p.r. 380/2001, bensì è tenuta a irrogare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 37 d.p.r. 380/2001.
Nel caso di realizzazione di opere necessitanti permesso di costruire, la demolizione ex art. 31 d.p.r. 380/2001 è sì possibile, ma, se le stesse risultano formare oggetto di SCIA è necessario prima rimuovere in autotutela la segnalazione. In secondo luogo è necessaria l’indicazione esatta delle singole opere da demolire, non potendosi ammettere una considerazione globale di tutti gli interventi se espressamente contemplati dall’amministrazione come sottoposti a titoli edilizi differenti.
I muri di recinzione
Nel caso di specie le opere da realizzare consistono nella costruzione di muri di recinzione, scale e cancellate. Sarebbe stato necessario che l’amministrazione illustrasse le ragioni per cui le stesse non avrebbero potuto essere assentite con SCIA. Infatti, in assenza di precise indicazioni ritraibili dal DPR n. 380/2001, le opere funzionali alla delimitazione dei confini dei terreni, quali recinzioni, muri di cinta e cancellate, non devono essere considerate in base all’astratta tipologia di intervento che incarnano, ma sulla scorta dell’impatto effettivo che determinano sul preesistente assetto territoriale. Ne deriva, in linea generale, che tali opere restano sottoposte al regime della SCIA ove non superino in concreto la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia, per essersi tradotte in manufatti di corpo ed altezza modesti, mentre necessitano del permesso di costruire ove detta soglia risulti superata in ragione dell’importanza dimensionale degli interventi posti in essere.
In conclusione, il ricorso è stato accolto e i provvedimenti emessi dal Comune annullati.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Calabria 18 marzo 2021, n. 595IL NOTIZIOMETRO