Autorizzazione in sanatoria possibile se i lavori non determinano aumento di superfici o volumi
Il rilascio dell'autorizzazione in sanatoria è possibile solo nell'ipotesi in cui i lavori non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovve...
Il rilascio dell'autorizzazione in sanatoria è possibile solo
nell'ipotesi in cui i lavori non abbiano determinato creazione di
superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente
realizzabili, non siano stati impiegati materiali in difformità
dall'autorizzazione paesaggistica, per lavori comunque
configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o
straordinaria (art. 3, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380), come previsto
dai commi 4 e 5 dell'articolo 167 del codice dei beni culturali e
del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004).
Lo ha affermato la sentenza n. 5066 con la quale il 24 settembre 2012 la Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato per la riforma di una precedente sentenza del TAR concernente il rilascio di un permesso di costruire ed il diniego di riconoscimento di compatibilità paesaggistica.
I fatti
Il ricorrente aveva ricevuto dall'amministrazione comunale il permesso di costruire per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione ed ampliamento della sua abitazione. I lavori erano, però, stati ultimati in maniera difforme dal titolo autorizzatorio rilasciato, con una serie di differenziazioni tra le opere effettuate ed il contenuto del permesso di costruire. Per tale motivo il ricorrente aveva presentato una richiesta di permesso di costruire a sanatoria, per la regolarizzazione delle opere completate in difformità dal permesso di costruire. Tale nuova richiesta veniva inviata dal responsabile del Comune alla competente Soprintendenza e successivamente veniva espresso parere negativo "in quanto i lavori realizzati, in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, ai sensi dell'art. 167, comma 4, lettera a), hanno determinato creazione di superfici utili o volumi in aumento rispetto a quelli legittimamente realizzati".
La nota della Soprintendenza, con la quale veniva espresso il parere negativo sulla compatibilità paesistica degli interventi realizzati in difformità dal permesso di costruire, veniva impugnata per:
Il TAR, supportato dalla seguente sentenza del Consiglio di Stato che ne ha ribadito i contenuti, ha osservato che l'autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, delle opere (art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004), al di fuori dai casi tassativamente previsti dall'art. 167, commi 4 e 5. Questo in quanto viene escluso priori che l'esame di compatibilità paesistica possa essere postergato all'intervento realizzato (sine titulo o in difformità dal titolo rilasciato).
L'art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 ha inteso precludere in radice ogni valutazione di compatibilità ex post delle opere abusive (tranne quelle tassativamente indicate nello stesso art. 167). Se le opere risultino diverse da quelle sanabili ed indicate nell'art. 167, le competenti autorità non possono che emanare un atto dal contenuto vincolato e cioè esprimersi nel senso della reiezione dell'istanza di sanatoria. L'unica eccezione a tale rigida prescrizione riguarda il caso in cui i lavori, pur se realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.
Dunque, tenuto conto del testo e della ratio dell'art. 167, nella prospettiva della tutela del paesaggio non è rilevante la classificazione dei volumi edilizi che si suole fare al fine di evidenziare la loro neutralità, sul piano del carico urbanistico, poiché le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non hanno rilievo, quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d'uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio o il relativo sottosuolo.
Vale la pena ricordare la ratio che ha portato alla sentenza.
Come previsto dal comma 4, art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, l'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica nei seguenti casi:
Come previsto, invece, dal successivo comma 5, il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al precedente comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria.
Lo ha affermato la sentenza n. 5066 con la quale il 24 settembre 2012 la Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato per la riforma di una precedente sentenza del TAR concernente il rilascio di un permesso di costruire ed il diniego di riconoscimento di compatibilità paesaggistica.
I fatti
Il ricorrente aveva ricevuto dall'amministrazione comunale il permesso di costruire per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione ed ampliamento della sua abitazione. I lavori erano, però, stati ultimati in maniera difforme dal titolo autorizzatorio rilasciato, con una serie di differenziazioni tra le opere effettuate ed il contenuto del permesso di costruire. Per tale motivo il ricorrente aveva presentato una richiesta di permesso di costruire a sanatoria, per la regolarizzazione delle opere completate in difformità dal permesso di costruire. Tale nuova richiesta veniva inviata dal responsabile del Comune alla competente Soprintendenza e successivamente veniva espresso parere negativo "in quanto i lavori realizzati, in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, ai sensi dell'art. 167, comma 4, lettera a), hanno determinato creazione di superfici utili o volumi in aumento rispetto a quelli legittimamente realizzati".
La nota della Soprintendenza, con la quale veniva espresso il parere negativo sulla compatibilità paesistica degli interventi realizzati in difformità dal permesso di costruire, veniva impugnata per:
- violazione dell'art. 3, legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per inadeguatezza della motivazione, difetto istruttorio, illogicità, contraddittorietà, violazione dell'art. 97, Cost., e violazione del codice dei beni culturali;
- ulteriore violazione delle norme del codice dei beni culturali e del paesaggio, eccesso di potere per violazione del principio di leale cooperazione tra istituzioni, irragionevolezza e travisamento dei presupposti di fatto e diritto;
- eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, carenza di attività istruttoria, difetto di motivazione, irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità ed efficienza dell'attività amministrativa;
- violazione degli artt. 7 e 10-bis, legge n. 241/1990;
- violazione dell'art. 146, commi 7 e 8, d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere, incompetenza e violazione del principio di leale collaborazione tra le istituzioni.
Il TAR, supportato dalla seguente sentenza del Consiglio di Stato che ne ha ribadito i contenuti, ha osservato che l'autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, delle opere (art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004), al di fuori dai casi tassativamente previsti dall'art. 167, commi 4 e 5. Questo in quanto viene escluso priori che l'esame di compatibilità paesistica possa essere postergato all'intervento realizzato (sine titulo o in difformità dal titolo rilasciato).
L'art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 ha inteso precludere in radice ogni valutazione di compatibilità ex post delle opere abusive (tranne quelle tassativamente indicate nello stesso art. 167). Se le opere risultino diverse da quelle sanabili ed indicate nell'art. 167, le competenti autorità non possono che emanare un atto dal contenuto vincolato e cioè esprimersi nel senso della reiezione dell'istanza di sanatoria. L'unica eccezione a tale rigida prescrizione riguarda il caso in cui i lavori, pur se realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.
Dunque, tenuto conto del testo e della ratio dell'art. 167, nella prospettiva della tutela del paesaggio non è rilevante la classificazione dei volumi edilizi che si suole fare al fine di evidenziare la loro neutralità, sul piano del carico urbanistico, poiché le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non hanno rilievo, quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d'uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio o il relativo sottosuolo.
Vale la pena ricordare la ratio che ha portato alla sentenza.
Come previsto dal comma 4, art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, l'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica nei seguenti casi:
- per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
Come previsto, invece, dal successivo comma 5, il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al precedente comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria.
A cura di Gabriele
Bivona
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Sentenza