Rischio sismico e idrogeologico: Patrimonio edilizio vecchio e conservato male

Nel corso del convegno "Rischio sismico e rischio idrogeologico: la sfida italiana" è stato presentato lo scorso 9 ottobre il Primo Rapporto Ance-Cresme: "Lo...

11/10/2012
Nel corso del convegno "Rischio sismico e rischio idrogeologico: la sfida italiana" è stato presentato lo scorso 9 ottobre il Primo Rapporto Ance-Cresme: "Lo Stato del territorio - 2012", che mette in relazione lo sviluppo insediativo del Paese, in termini di popolazione e stock edilizio, con le mappe del rischio sismico e del rischio idrogeologico.

Il Rapporto è strutturato in 6 capitolo che analizzano lo stato ripercorrendo 6 diverse questioni:
  1. le dinamiche della popolazione italiana e il suo scenario previsionale;
  2. il dissesto idrogeologico;
  3. la sismicità del territorio italiano eventi sismici;
  4. la dimensione del rischio naturale;
  5. il quadro della pianificazione ambientale tra Piani di Assetto Idrogeologico, Piani Paesaggistici e Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale;
  6. costi, finanziamenti e spesa per il dissesto idrogeologico e i terremoti in Italia.

L'Analisi Ance-Cresme ha rimarcato (se ce ne fosse stato bisogno) che il territorio italiano è caratterizzato da un forte rischio naturale. Le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44% della superficie nazionale (131 mila kmq) e interessano il 36% dei comuni (2.893). Mentre le aree a elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione) rappresentano circa il 10% della superficie italiana (29.500 kmq) e riguardano l'89% dei comuni (6.631).
Nelle aree ad elevato rischio sismico vivono 21,8 milioni di persone (36% della popolazione), per un totale di 8,6 milioni di famiglie e si trovano circa 5,5 milioni di edifici tra residenziali e non residenziali.
La popolazione residente nelle aree ad elevato rischio idrogeologico è pari a 5,8 milioni di persone (9,6% della popolazione), per un totale di 2,4 milioni d famiglie.
In queste aree si trovano oltre 1,2 milioni di edifici. Tra questi particolarmente esposti al rischio sono i capannoni, che richiedendo ampi spazi costruttivi spesso si trovano ai margini delle città, al limite con aree a rischio.

La mappa del rischio sismico Il rischio sismico maggiore riguarda le regioni della fascia appenninica e del Sud Italia. Al primo posto c'è la Campania, in cui 5,3 milioni di persone vivono nei 489 comuni a rischio sismico elevato.
Seguono la Sicilia, con 4,7 milioni di persone in 356 comuni a rischio e la Calabria, dove tutti i comuni sono coinvolti, per un totale di circa 2 milioni di persone.
E sempre in queste tre regioni il patrimonio edilizio è esposto a rischio sismico maggiore: Sicilia (2,5 milioni di abitazioni), Campania (2,1 milioni di abitazioni), Calabria (1,2 milioni).

La mappa del rischio idrogeologico
La superficie italiana ad elevata criticità idrogeologica è per il 58% soggetta a fenomeni di frana (17.200 kmq) e per il42% è a rischio alluvione (12.300 kmq).
Sommando i due elementi di criticità, l'Emilia Romagna è la regione che presenta un maggior livello di esposizione al rischio, con 4.316 kmq, pari al 19,5% della superficie. Seguono la Campania (19,1% di aree critiche), il Molise (18,8%) e la Valle d'Aosta (17,1%).

Patrimonio edilizio vecchio e conservato male
La pericolosità degli eventi naturali è senza dubbio amplificata dalla elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano. Oltre il 60% degli edifici (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 1971, quindi prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974). Di questi, oltre 2,5 milioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione. A livello regionale è la Sicilia a presentare la situazione più critica, con oltre 800 mila edifici realizzati più di 40 anni fa.

Scuole e ospedali: a Sud quasi metà delle strutture a rischio In Italia sorgono 64.800 edifici a esclusivo o prevalente uso scolastico (91,4 milioni di mq complessivi, in media 1.410 mq per edificio). Si tratta di un patrimonio piuttosto antiquato, se si pensa che un edificio su dieci è stato realizzato in epoca anteriore al 1919 e complessivamente oltre il 60% prima del 1971. Oltre 24 mila scuole (37%) si trovano in aree a elevato rischio sismico, circa 6.250 (9,6%) sorgono in aree a forte rischio idrogeologico.

Gli ospedali nel territorio nazionale sono circa 5.700 (44,2 milioni di m2, in media 7.776 m2 per edificio). Le strutture esistenti nelle aree a rischio sismico sono 1.822 edifici, 547 ospedali sorgono invece in aree a forte rischio idrogeologico.

Quasi il 45% dell'intero patrimonio, pari a 11.470 edifici tra scuole e ospedali, si trova nelle regioni del Sud e il 22% al Centro. Più contenuto è il patrimonio esposto a rischio al Nord.
A livello regionale la Sicilia, la Campania e la Calabria presentano la situazione di rischio maggiore con oltre 10 mila edifici esistenti nelle aree di rischio elevato: in Sicilia 4.894 scuole e 398 ospedali, in Campania 4.872 scuole e 271 ospedali, in Calabria 3.200 scuole e 190 ospedali.

Oltre 240 miliardi di euro il costo dei danni dal 1944 a oggi
Il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno. Il 75% del totale,181 miliardi, riguarda i terremoti, il restante 25%, 61,5 miliardi, è da addebitare al dissesto idrogeologico. Solo dal 2010 a oggi si stimano costi per 20,5 miliardi (l'8% del totale), considerando i 13,3 miliardi quantificati per il terremoto in Emilia Romagna.

Per mettere in sicurezza il territorio servirebbero 1,2 mld all'anno per 20 anni Quanto invece si è investito finora
Dal 1991 al 2011 risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all'anno, per l'80% gestiti dal ministero dell'Ambiente.

Il commento del CNAPPC
"Identificare e perimetrare - con la collaborazione di alcuni Comuni, e ci sono già i possibili candidati - aree a grave rischio idrogeologico o sismico, nelle quali la situazione di degrado del patrimonio edilizio si accompagni a quella sociale; disegnare, su queste "Zone-Zero", un masterplan che abbia il compito di definirne esclusivamente le volumetrie ed i profili, indipendentemente dalla pianificazione già approvata, lasciando che le uniche regole siano: il consumo del suolo a zero, la sicurezza sismica, la passivazione degli edifici, il ciclo dei rifiuti risolto alla fonte, una mobilità alternativa, il risparmio idrico, il rispetto dei vincoli monumentali".

E' questo il primo step della proposta lanciata da Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori nel corso della presentazione del rapporto.

"In questo modo sarebbe possibile autorizzare rapidamente interventi ed investimenti privati finalizzati, con la regia dei Comuni, a rigenerare le Zone, accedendo ad uno strumento finanziario, costituito con la Cassa Depositi e Prestiti. Strumento che, mettendo a reddito i risparmi energetici e gli aumenti di volumetria, sia in grado di finanziare gli interventi del grande player immobiliare, così come del singolo cittadino. Gli oneri dovuti ai Comuni sarebbero destinati, in via esclusiva e fuori dal Patto di Stabilità, a risolvere le cause del dissesto idrogeologico e a ridisegnare gli spazi pubblici. Con strumenti come questi la KfW (la Cassa Depositi tedesca) ha messo in campo investimenti di rigenerazione urbana per 60 miliardi di euro, ricavandone anche un utile economico".

"La proposta - spiega il presidente degli architetti italiani - nasce innanzitutto dal bisogno urgente di interventi capillari - e non più procrastinabili - di manutenzione del patrimonio edilizio e di prevenzione del dissesto idrogeologico, per evitare ulteriori vittime e danni, che, troppo spesso, si registrano nel nostro Paese. Avviare sperimentazioni che non abbiano bisogno di nuove norme, vuole ovviare ai tempi troppo lunghi della burocrazia, nella consapevolezza che ci vorrebbero anni per approvare una Legge nazionale sull'assetto del territorio e un Testo Unico per l'edilizia; nasce soprattutto dalla consapevolezza che gli investimenti pubblici non potranno che essere solo di modesta entità".

A cura di Gabriele Bivona
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