Senza PEC respinta la domanda di iscrizione al registro delle imprese
In caso di mancato invio della PEC e decorsi i previsti tre mesi di sospensione della domanda di iscrizione, l'ufficio competente, allorché la società non ab...
In caso di mancato invio della PEC e decorsi i previsti tre mesi di
sospensione della domanda di iscrizione, l'ufficio competente,
allorché la società non abbia atteso alla comunicazione, ancorché
postuma, dell'indirizzo di PEC, non può che respingere la domanda
di iscrizione al registro delle imprese.
Questo, in sintesi, il contenuto del Parere n. 1714 con il quale il Consiglio di Stato ha risposto il 10 aprile 2013 alla richiesta di interpretazione del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) circa l'interpretazione dell'art. 16, comma 6-bis, del Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), introdotto dall'art. 37, comma 1, del Decreto Legge 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35), secondo cui "L'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa costituita in forma societaria che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata con l'indirizzo di posta elettronica certificata".
In particolare, la richiesta di parere sottoposta dal MiSE concerne l'individuazione delle conseguenze per l'impresa che, decorsi i previsti tre mesi di sospensione della domanda di iscrizione, non abbia provveduto alla integrazione della domanda stessa con l'indicazione, ancorché tardiva, dell'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC).
Dopo aver tracciato compiutamente il quadro normativo, i giudici di Palazzo Spada hanno prospettato tre diverse possibili interpretazioni della norma:
Questo, in sintesi, il contenuto del Parere n. 1714 con il quale il Consiglio di Stato ha risposto il 10 aprile 2013 alla richiesta di interpretazione del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) circa l'interpretazione dell'art. 16, comma 6-bis, del Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), introdotto dall'art. 37, comma 1, del Decreto Legge 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35), secondo cui "L'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa costituita in forma societaria che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata con l'indirizzo di posta elettronica certificata".
In particolare, la richiesta di parere sottoposta dal MiSE concerne l'individuazione delle conseguenze per l'impresa che, decorsi i previsti tre mesi di sospensione della domanda di iscrizione, non abbia provveduto alla integrazione della domanda stessa con l'indicazione, ancorché tardiva, dell'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC).
Dopo aver tracciato compiutamente il quadro normativo, i giudici di Palazzo Spada hanno prospettato tre diverse possibili interpretazioni della norma:
- la prima, secondo la quale decorsi i tre mesi durante i quali resta sospesa la definizione della domanda, presentata dalla società, di iscrizione nel registro delle imprese, troverebbe applicazione l'art. 2630 c.c. e dunque la sanzione pecuniaria ivi prevista - Si tratta di indirizzo che non persuade il CdS, in quanto non coerente con la formulazione del citato art. 16, co. 6-bis, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, che assegna alla sospensione della domanda di iscrizione nel registro natura di misura definitivamente alternativa rispetto alla sanzione pecuniaria ascrivibile: è quanto desumibile, in specie, dal tenore letterale dell'art. 16, co. 6-bis, d.l. n. 185 del 2008, nella parte in cui contempla detta misura sospensiva "in luogo" della sanzione pecuniaria, da intendersi come "in sostituzione" della sanzione di cui all'art. 2630 c.c.
- la seconda, per la quale dopo i tre mesi di sospensione, l'ufficio competente dovrebbe procedere comunque all'iscrizione dell'impresa nel registro, comminando solo la sanzione consistente esclusivamente nella tardiva evasione della domanda presentata. Anche tale seconda ricostruzione non convince la Sezione lasciando priva di qualsivoglia reazione dell'ordinamento l'ipotesi più grave della persistente inosservanza dell'obbligo di comunicare l'indirizzo di PEC.
- la terza interpretazione, a cui il CdS ha aderito, trascorsi
inutilmente i tre mesi di sospensione, l'ufficio competente,
allorché la società non abbia atteso alla comunicazione, ancorché
postuma, dell'indirizzo di PEC, non può che respingere la domanda
di iscrizione al registro delle imprese.
Tale ultima interpretazione è oggi avvalorata dall'art. 5 del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), nella parte in cui, dopo aver esteso l'obbligo di comunicazione dell'indirizzo di PEC - previsto dall'art. 16, d.l. n. 185 del 2008, per le imprese in forma societaria - alle imprese individuali, dispone che "L'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa individuale che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda fino ad integrazione della domanda con l'indirizzo di posta elettronica certificata e comunque per quarantacinque giorni; trascorso tale periodo, la domanda si intende non presentata".
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