Cassazione: Il reddito professionale con utilizzazione di beni strumentali di ampie dimensioni è reddito d'impresa
La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 13509 del 29 maggio ha accolto il ricorso dell'Amministrazione finanziaria ed ha ribadito che l'organizzazione e l'...
La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 13509 del 29
maggio ha accolto il ricorso dell'Amministrazione finanziaria
ed ha ribadito che l'organizzazione e l'utilizzo di beni
strumentali di ampie dimensioni snaturano l'attività svolta dal
professionista legittimando la tassazione dei redditi prodotti
come fossero d'impresa.
Secondo i giudici di legittimità "la nozione tributaristica dell'esercizio di imprese commerciali non coincide con quella civilistica, giacchè l'art. 51 del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), intende come tale l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate dall'articolo 2195 cod. civ. anche se non organizzate in forma di impresa e prescinde quindi dal requisito organizzativo, che costituisce invece elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell'impresa commerciale agli effetti civilistici, esigendo soltanto che l'attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale, ancorché non esclusiva".
La vicenda nasce dalla notifica di un avviso di accertamento nei confronti di un geometra al fine della rettifica dei redditi prodotti, in un determinato periodo di imposta, riferibili, secondo l'Amministrazione finanziaria, a reddito di impresa e non di lavoro autonomo come, invece, ritenuto dal contribuente.
Il contribuente adì la Commissione di primo grado, che accolse la tesi difensiva del professionista, annullando gli atti notificati dagli uffici finanziari.
Di giudizio diametralmente opposto, la Commissione tributaria di secondo grado che riformò la decisione adottata dai giudici di prime cure.
In particolare, la Ctr chiarì che, nel caso di specie, l'organizzazione e l'utilizzo di beni strumentali di ampie dimensioni avevano snaturato l'attività svolta dal contribuente, caratterizzata dall'assunzione di dati, dalla loro elaborazione e dalla redazione e illustrazione di carte topografiche in modo tale che l'organizzazione di beni e di persone non poteva che "ampiamente supportare il lavoro del geometra e costituire certamente la preminenza sul lavoro intellettuale la professione di geometra era al servizio della ponderosa organizzazione che, complessa com'era la struttura imprenditoriale, poteva benissimo agire in modo indipendente e fuori dalla stragrande maggioranza dei casi dal controllo tecnico del geometra".
Il giudizio fu, poi, confermato anche dalla Commissione tributaria centrale, che respinse l'appello presentato dal contribuente.
Per ultimo, il ricorso del contribuente in Cassazione che, con la citata ordinanza n. 13509, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato dal professionista.
Il Collegio ha, anche, ricordato che l'accertamento, ai fini delle imposte sui redditi, della riconducibilità della cessione di un bene all’esercizio di un'attività di commercio posta in essere nell'esercizio abituale e professionale di un'impresa, valutato in relazione alle concrete modalità e al contenuto oggettivo e soggettivo dell'atto, costituisce poi un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
Secondo i giudici di legittimità "la nozione tributaristica dell'esercizio di imprese commerciali non coincide con quella civilistica, giacchè l'art. 51 del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), intende come tale l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate dall'articolo 2195 cod. civ. anche se non organizzate in forma di impresa e prescinde quindi dal requisito organizzativo, che costituisce invece elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell'impresa commerciale agli effetti civilistici, esigendo soltanto che l'attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale, ancorché non esclusiva".
La vicenda nasce dalla notifica di un avviso di accertamento nei confronti di un geometra al fine della rettifica dei redditi prodotti, in un determinato periodo di imposta, riferibili, secondo l'Amministrazione finanziaria, a reddito di impresa e non di lavoro autonomo come, invece, ritenuto dal contribuente.
Il contribuente adì la Commissione di primo grado, che accolse la tesi difensiva del professionista, annullando gli atti notificati dagli uffici finanziari.
Di giudizio diametralmente opposto, la Commissione tributaria di secondo grado che riformò la decisione adottata dai giudici di prime cure.
In particolare, la Ctr chiarì che, nel caso di specie, l'organizzazione e l'utilizzo di beni strumentali di ampie dimensioni avevano snaturato l'attività svolta dal contribuente, caratterizzata dall'assunzione di dati, dalla loro elaborazione e dalla redazione e illustrazione di carte topografiche in modo tale che l'organizzazione di beni e di persone non poteva che "ampiamente supportare il lavoro del geometra e costituire certamente la preminenza sul lavoro intellettuale la professione di geometra era al servizio della ponderosa organizzazione che, complessa com'era la struttura imprenditoriale, poteva benissimo agire in modo indipendente e fuori dalla stragrande maggioranza dei casi dal controllo tecnico del geometra".
Il giudizio fu, poi, confermato anche dalla Commissione tributaria centrale, che respinse l'appello presentato dal contribuente.
Per ultimo, il ricorso del contribuente in Cassazione che, con la citata ordinanza n. 13509, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato dal professionista.
Il Collegio ha, anche, ricordato che l'accertamento, ai fini delle imposte sui redditi, della riconducibilità della cessione di un bene all’esercizio di un'attività di commercio posta in essere nell'esercizio abituale e professionale di un'impresa, valutato in relazione alle concrete modalità e al contenuto oggettivo e soggettivo dell'atto, costituisce poi un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
A cura di Gabriele
Bivona
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