Anticorruzione, pubblicato il Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190/2012
L'ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche) ha pubblicato il Rapporto sul primo anno di ...
L'ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione e per la valutazione e la
trasparenza delle amministrazioni pubbliche) ha pubblicato il
Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190/2012
recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della
corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", che
fa il punto della situazione offrendo un primo bilancio dello stato
di attuazione della normativa anticorruzione, riportandone le prime
concrete evidenze attraverso l'analisi dell'attività dei soggetti
coinvolti, evidenziandone luci e ombre e offrendo possibili
proposte di miglioramento.
Il Rapporto ha evidenziato come l'entrata in vigore della legge n. 190/2012, nonostante le difficoltà di avvio dovute alla complessità dei meccanismi e alle particolari circostanze politiche, ha rappresentato un importante momento di discontinuità del panorama normativo italiano, in cui per la prima volta si è cominciato a parlare di prevenzione della corruzione e non dei meccanismi di repressione.
Ciò che appare particolarmente emblematica è la constatazione che il livello politico, attore fondamentale nelle politiche di prevenzione e contrasto alla corruzione, non ha mostrato, ai diversi livelli, particolare determinazione e impegno nell'applicazione della nuova norma. Significativo al riguardo è il fatto che, nonostante i reiterati solleciti dell'Autorità, al 28 novembre 2013 non tutti i ministeri abbiano nominato il Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPC) e che ritardi analoghi siano presenti a livello di enti nazionali e territoriali.
Dal bilancio del primo anno di attuazione della legge il Rapporto ha evidenziato le seguenti considerazioni:
Il Rapporto ha evidenziato come l'entrata in vigore della legge n. 190/2012, nonostante le difficoltà di avvio dovute alla complessità dei meccanismi e alle particolari circostanze politiche, ha rappresentato un importante momento di discontinuità del panorama normativo italiano, in cui per la prima volta si è cominciato a parlare di prevenzione della corruzione e non dei meccanismi di repressione.
Ciò che appare particolarmente emblematica è la constatazione che il livello politico, attore fondamentale nelle politiche di prevenzione e contrasto alla corruzione, non ha mostrato, ai diversi livelli, particolare determinazione e impegno nell'applicazione della nuova norma. Significativo al riguardo è il fatto che, nonostante i reiterati solleciti dell'Autorità, al 28 novembre 2013 non tutti i ministeri abbiano nominato il Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPC) e che ritardi analoghi siano presenti a livello di enti nazionali e territoriali.
Dal bilancio del primo anno di attuazione della legge il Rapporto ha evidenziato le seguenti considerazioni:
- il livello politico non ha mostrato particolare impegno nell'attuazione della legge. Nonostante i reiterati solleciti dell'Autorità, non tutti i ministeri, gli enti pubblici nazionali, le Regioni, gli enti locali hanno nominato il Responsabile della prevenzione della corruzione, che pure svolge un ruolo cruciale per l'attuazione della normativa;
- molte amministrazioni hanno mostrato di volersi "mettere in regola" con un approccio orientato più all'adempimento che al risultato, ma ci sono anche tentativi di elusione della legge da parte di soggetti che, con interpretazioni mirate, invocano presunte specificità per sottrarsi all'ambito applicativo della legge;
- rimangono incerti i confini dell'applicazione della normativa sulla trasparenza alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, a causa dei riferimenti poco chiari sia alle "attività di pubblico interesse disciplinate dal diritto nazionale o dell'Unione Europea", sia alle società quotate e loro controllate. Problemi interpretativi e applicativi permangono anche su incompatibilità e inconferibilità, originati dalla complessità delle norme e da interventi legislativi, quali il d.l. 69/2013, che hanno causato incertezze e disorientamento nelle amministrazioni;
- nel primo anno di applicazione della legge n. 190/2012 la richiesta di intervento nei confronti dell'Autorità si è quintuplicata, passando da 312 richieste nel 2012 a 1544, con una netta prevalenza delle richieste di attività consultiva rispetto alle segnalazioni. Le amministrazioni formulano richieste per acquisire conferme e non solo per risolvere effettive complessità interpretative, preoccupate per le innovazioni introdotte e tendenzialmente restie all'assunzione delle relative responsabilità;
- sono sorti particolari problemi nell'applicazione della disciplina, che non prevede le necessarie differenziazioni in relazione alla dimensione o alla tipologia delle amministrazioni. Indicativa è l'impossibilità di attuare alcune prescrizioni, ad esempio la rotazione dei dirigenti, in organizzazioni dove esiste una sola figura dirigenziale;
- è necessaria una formazione mirata, che diffonda conoscenze e comunichi buone pratiche. La Scuola Nazionale dell'Amministrazione ha progettato alcune attività e altre iniziative di supporto sono in fase di avvio, è tuttavia verosimile che la domanda di formazione delle amministrazioni rimanga inevasa;
- l'efficacia della trasparenza è ancora insoddisfacente, come si evince dai primi risultati dell'attività di vigilanza condotta sia sulla base delle poche segnalazioni pervenute, sia attraverso la verifica della pubblicazione dei dati sui siti istituzionali; ad un atteggiamento culturale delle amministrazioni poco propense a rendere conto delle proprie attività si aggiunge la crescita abnorme degli obblighi, attualmente circa 270, che rappresenta un problema di sostenibilità del sistema. A tale riguardo l'Autorità ha ribadito più volte la necessità di semplificare gli obblighi, anche al fine di valorizzare il contenuto effettivo della trasparenza;
- l'evoluzione legislativa degli ultimi mesi e le incertezze che ne sono conseguite non hanno agevolato il processo di attuazione della normativa, già, peraltro, non facile. Le funzioni dell'Autorità sono state ridimensionate, riconducendo all'Esecutivo funzioni interpretative che potrebbero limitare l'attività di accompagnamento in attuazione della legge e quella di vigilanza;
- risulta preoccupante la sproporzione tra mezzi e fini: a fronte di nuovi e impegnativi compiti e di un significativo ampliamento del perimetro di intervento dell'Autorità, la limitata dotazione delle risorse umane è rimasta immutata e permane la mancanza di un ruolo organico del personale.
A cura di Gabriele
Bivona
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