Crisi, cambiamento o imbarbarimento culturale?
I più pessimisti la chiamano crisi, gli imbonitori di professione parlano di cambiamento o addirittura di rivoluzione, io preferisco definirla imbarbarimento...
I più pessimisti la chiamano crisi, gli imbonitori di
professione parlano di cambiamento o addirittura di
rivoluzione, io preferisco definirla imbarbarimento
culturale. L'epoca delle strategie di marketing, dell'io che
necessita di mascherare le proprie mancanze mediante un'incompiuta
personificazione degli oggetti, l'epoca del fittizio, dei bisogni
studiati a tavolino, ma soprattutto l'epoca del "tutto, subito e a
poco prezzo".
Oggi tutto si è trasferito nel web, emozioni incluse. Le piazze come luoghi di incontro e di scambio di opinione si sono trasferite nei social network dove, pur viaggiando tutto più velocemente, si è persa la possibilità di creare massa critica necessaria a portare avanti qualsiasi progetto.
Ogni scelta viene calata dall'alto senza che nessuno riesca a far nulla per far valere i propri diritti. Nel comparto delle professioni tecniche lo sappiamo tutti molto bene e pur conoscendo la situazione, c'è un senso d'impotenza che castra ogni attività intellettuale degna di nota. Dal 2006 a oggi i professionisti hanno assistito all'imbarbarimento culturale della loro professione voluto da pochi inetti che hanno sacrificato il concetto di qualità sull'altare della convenienza economica e dell'utile.
Con queste poche righe non voglio però proporvi una crono-storia di quanto accaduto nell'ultimo decennio, chi l'ha vissuto sa bene di cosa sto parlando. Piuttosto voglio parlarvi di cosa fare per riprendere in mano le redini del vostro futuro. Non che sia un mago o abbia la bacchetta magica, ma se c'è una cosa che so per certo è che se la strada è dura vuol dire che è quella giusta.
E' necessario creare "massa critica", un'aggregazione spontanea di gruppi disomogenei che con la sua carica di contestazione può smuovere le fondamenta di un sistema marcio. Le possibilità sono minime e la posta in gioco è alta. Ma sempre meglio che continuare a lamentarsi su Facebook o Twitter, o no?
Il prossimo 27 febbraio si troveranno a Roma un gruppo di professionisti e di libere associazioni dell'area tecnica per parlare di una nuova riforma delle professioni. Si parlerà di previdenza, di prestazioni professionali, tariffe e di quel concetto di dignità che anche la Corte di giustizia europea ha tolto ai professionisti.
Non so se sarà l'occasione giusta per porre le basi di un rinascimento delle professioni. I segnali propendono da entrambe le parti. Tra quelli negativi vi è sempre la malattia di cui purtroppo siamo vittima tutti noi italiani: il presidenzialismo, la voglia di essere leader, anche di un gruppo di quattro gatti. La tendenza a creare nuove associazioni, comitati, federazioni, sindacati che nella migliore delle ipotesi offrono la possibilità di passare allegramente qualche pomeriggio in compagnia (sempre sui social però perché ad alzare il culo dalla poltrona si consumano troppe calorie!).
Tra i segnali positivi che mi fanno pensare e sperare possa essere la volta buona (e non #lavoltabuona), c'è che diversamente dal passato qualcuno si è reso conto dell'importanza di riunire le tante sigle affinché si arrivi a creare massa critica e sottoscrivere liberamente un documento programmatico unitario, un vero e proprio manifesto dei professionisti.
Il mondo sta cambiando, ma chi dice che lo stia facendo in meglio?Nessuno, ma certamente ognuno può decidere di restare spettatore o mettersi in gioco per costruire qualcosa di buono. Non so voi, ma io un salto a Roma lo farò certamente!
Oggi tutto si è trasferito nel web, emozioni incluse. Le piazze come luoghi di incontro e di scambio di opinione si sono trasferite nei social network dove, pur viaggiando tutto più velocemente, si è persa la possibilità di creare massa critica necessaria a portare avanti qualsiasi progetto.
Ogni scelta viene calata dall'alto senza che nessuno riesca a far nulla per far valere i propri diritti. Nel comparto delle professioni tecniche lo sappiamo tutti molto bene e pur conoscendo la situazione, c'è un senso d'impotenza che castra ogni attività intellettuale degna di nota. Dal 2006 a oggi i professionisti hanno assistito all'imbarbarimento culturale della loro professione voluto da pochi inetti che hanno sacrificato il concetto di qualità sull'altare della convenienza economica e dell'utile.
Con queste poche righe non voglio però proporvi una crono-storia di quanto accaduto nell'ultimo decennio, chi l'ha vissuto sa bene di cosa sto parlando. Piuttosto voglio parlarvi di cosa fare per riprendere in mano le redini del vostro futuro. Non che sia un mago o abbia la bacchetta magica, ma se c'è una cosa che so per certo è che se la strada è dura vuol dire che è quella giusta.
E' necessario creare "massa critica", un'aggregazione spontanea di gruppi disomogenei che con la sua carica di contestazione può smuovere le fondamenta di un sistema marcio. Le possibilità sono minime e la posta in gioco è alta. Ma sempre meglio che continuare a lamentarsi su Facebook o Twitter, o no?
Il prossimo 27 febbraio si troveranno a Roma un gruppo di professionisti e di libere associazioni dell'area tecnica per parlare di una nuova riforma delle professioni. Si parlerà di previdenza, di prestazioni professionali, tariffe e di quel concetto di dignità che anche la Corte di giustizia europea ha tolto ai professionisti.
Non so se sarà l'occasione giusta per porre le basi di un rinascimento delle professioni. I segnali propendono da entrambe le parti. Tra quelli negativi vi è sempre la malattia di cui purtroppo siamo vittima tutti noi italiani: il presidenzialismo, la voglia di essere leader, anche di un gruppo di quattro gatti. La tendenza a creare nuove associazioni, comitati, federazioni, sindacati che nella migliore delle ipotesi offrono la possibilità di passare allegramente qualche pomeriggio in compagnia (sempre sui social però perché ad alzare il culo dalla poltrona si consumano troppe calorie!).
Tra i segnali positivi che mi fanno pensare e sperare possa essere la volta buona (e non #lavoltabuona), c'è che diversamente dal passato qualcuno si è reso conto dell'importanza di riunire le tante sigle affinché si arrivi a creare massa critica e sottoscrivere liberamente un documento programmatico unitario, un vero e proprio manifesto dei professionisti.
Il mondo sta cambiando, ma chi dice che lo stia facendo in meglio?Nessuno, ma certamente ognuno può decidere di restare spettatore o mettersi in gioco per costruire qualcosa di buono. Non so voi, ma io un salto a Roma lo farò certamente!
A cura di Gianluca
Oreto - @lucaoreto
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