Zen, è giunto il momento di un nuovo concorso internazionale?
Proviamo a raccontare a chi non ne l'ha mai visto dal vivo cosa è lo ZEN di Palermo, acronimo davvero pedante di Zona Espansione Nord, ennesima occasione man...
Proviamo a raccontare a chi non ne l'ha mai visto dal vivo cosa
è lo ZEN di Palermo, acronimo davvero pedante di Zona Espansione
Nord, ennesima occasione mancata per l'architettura italiana di
dare risposte concrete all'esigenza di abitare bene o luogo più
contemporaneo della Sicilia?
In riga ed in linea con le periferie di mezzo mondo come ci ricorda
Mike Davis nel "Pianeta degli slums" e, dunque, Palermo come
Mumbay, Detroit, Lahore, le Banlieau parigine, le Vele di Napoli,
Corviale a Roma?
Quanta retorica, per un quartiere che per il peso dei protagonisti
che ne hanno disegnato l'existenz minimum, avrebbe dovuto essere il
caposaldo del made in Italy abitativo, il riscatto dell'avanguardia
progettuale sessantottina e che al contrario per quanto ci si
sforzi di difenderlo è proprio brutto!
Sebbene la categoria del bello non sia necessariamente in primo
piano quando si progetta un quartiere dormitorio...Ma che sto
dicendo?
Il bello forse non è categoria primaria quando si progetta
qualsiasi cosa, oggetto, casa, museo, quartiere, sedia, moto, auto,
edificio?
Ma andiamo per gradi e facciamo un passo indietro.
Vittorio Gregotti, Franco Purini, Salvatore
Bisogni, Hiromichi Matsui, Franco Amoroso i
progettisti che nel 1970 si aggiudicano il primo premio del
concorso bandito del 1969 dallo I. A. C. P.
16.000 sono gli abitanti per cui è destinato il nuovo
quartiere, VII è la Circoscrizione all'interno del quale si
erge il mastodonte di cemento armato prefabbricato, 1.184 sono i
Kmq di superficie occupata dalle 15 insulae realizzate
al posto degli agrumeti della Conca d'Oro.
Le Insulae, in verità, sono edifici energivori che disperdono
calore d'inverno e che richiedono condizionamento continuo da
Maggio a Settembre a causa delle pessime scelte tecnologiche
approntate in sede progettuale.
Non hanno alcun tipo di rapporto prediletto con il
soleggiamento e con il luogo che hanno devastato, essendo di
fatto all'opposto della biosostenibilità ambientale.
La bella notizia è che lo Stato c'è! C'è con il nome di Giovanni
Falcone alla scuola e con un sparuto gruppo di Carabinieri di
Frontiera che mi ricordano la Folgore e la Pasubio ad El Alamein
nell'autunno maledetto del 1942.
Eppure davanti tanta bruttezza animata dal pensiero progettuale
distorto di pochi ma bravissimi "disegnatori", la bellezza per
frammenti emerge malgrado il deserto intorno. È presente in
quei cortili comunque animati da persone e personaggi, si nutre
della vicinanza al mare di Mondello e Sferracavallo per sopperire
ai servizi quasi del tutto inesistenti, esprime la cosa più vicina
ai racconti di Pierpaolo Pasolini nelle partite di calcio
dei ragazzini che con il gesso dipingono le strade che chiudono per
poter giocare nel campo che un gruppo di professori affermati non
hanno saputo immaginare ed imporre come integrato al bisogno
primario di vivere e crescere bene. Il diritto alla bellezza,
quello che Pasolini richiama come cardine e presupposto della gioia
di vivere e che qui è mancato, non deriva certo dalla pessima
realizzazione del piano o dalle pessime imprese realizzatrici. No
cari colleghi architetti e professori con la puzza sotto il naso e
NO egregio professore Vittorio Gregotti!
La mancanza di bellezza, sopperita dalla vita che comunque si
riprende gli spazi negati, ha un solo responsabile o se vogliamo
cinque, voi progettisti.
Non ci si racconti che lo Zen non poteva esser immaginato ancor
prima che realizzato in maniera migliore!
Non continuate a raccontare alibi per sordi.
E la si smetta di spacciare il fallimento di Vele, Corviale e Zen
per problemi legati alla pessima realizzazione o al momento storico
difficilmente predisposto positivamente , perché essi sono il
peggiore prodotto di visioni distorte "dell'altro".
Mentre scrivo ho negli occhi la bellezza delle creazioni di
Wright, la luce del portato universale di Le Corbusier,
le Atmosfere bizantine di Scarpa, la magia Bianca di
Siza, la follia visionaria di Libeskind, la perfezione
dei capolavori senza tempo di Kahn, la poesia misurata di
Gio' Ponti, il neorealismo popolare di Quaroni e
Ridolfi, di Samonà e De Carlo, i virtuosismi di Mies
e di Fehn, la misura ragionata di Nervi.
Tangenze di un portato intellettuale che trova nel Genius
Loci del sito la ricchezza delle architetture che disegna a
partire dalla topografia del suolo. Eredità lasciata ai figli come
esempio da seguir per ripartire e superare nuove colonne
d'Ercole.
Misure queste, tutte della spiritualità di un mestiere prestato
dall'uomo al cosmo come contributo alla bellezza che la natura
senza l'uomo non sarà mai in grado di creare.
Poi guardo lo Zen e preferisco chiamarlo con il nome dato in
seguito, San Filippo Neri, perché forse, chi lo sa, magari questo
luogo immaginato male, attraverso l'aspirazione collettiva alla
bellezza, presto potrà risorgere.
È giunto il momento allora di un nuovo concorso internazionale con
giurati all'altezza del compito e progettisti capaci di anteporre
al proprio narcisismo il bene della comunità.
Ma prima dobbiamo essere capaci di guardare il baratro e non
caderci dentro e dirci forse a quasi mezzo secolo di distanza, che
qualcuno ha fallito, sbagliando di brutto il compito.