Villa Deliella a Palermo: la folle idea di due giovani architetti
Il pericolo più grande per un popolo che vuole definirsi evoluto è non rendersi più conto del degrado che lo circonda. Un degrado fatto di compromessi, sotte...
Il pericolo più grande per un popolo che vuole definirsi evoluto è non rendersi più conto del degrado che lo circonda. Un degrado fatto di compromessi, sotterfugi e incurie, che a volte portano lacerazioni evidenti e nascoste all'interno della città in cui si vive e si passeggia tranquillamente e distrattamente ogni giorno.
È il caso di Villa Deliella a Palermo, forse uno dei maggiori simboli di questo decadimento che sta accompagnando le generazioni verso un irrimediabile compromesso interiore fatto di futilità e cromatismi d'effetto, ma che è anche l'emblema di quella che potrebbe rappresentare la rinascita culturale per una Città divenuta negli anni simbolo della lotta alla mafia.
Ma andiamo con ordine.
Villa Deliella è un'opera progettata da Ernesto
Basile nel 1898, realizzata a Palermo nei primi del '900 e
considerata dalla critica come uno dei più interessanti lavori del
famoso architetto Palermitano, che segnò in quel periodo un
considerevole punto a favore della cultura architettonica italiana,
accorciando, pur se per breve tempo, le distanze con le più
avanzate manifestazioni della coeva cultura europea e
rappresentando uno dei giri di boa del contesto culturale al quale
apparteneva. La storia, purtroppo, non finisce qui, perché negli
anni del dopoguerra (siamo a cavallo tra il 1950 e il 1960) la
sciagurata coppia Salvo Lima - Vito Ciacimino (uno assessore
ai lavori pubblici, l'altro sindaco) fu artefice di uno dei più
grandi scempi della storia Palermitana, denominata negli anni
successivi Sacco di Palermo che descrive perfettamente un
periodo in cui un'espansione edilizia dissennata stravolse la
fisionomia architettonica della città, distruggendo numerose
strutture dal valore inestimabile e saccheggiando nel vero senso
del termine la storia della città.
La coppia Lima- Ciancimino approvò, infatti, un piano
regolatore (modificato più volte nel corso degli anni) che permise
l'entrata in scena di ruspe e imprese di costruzione all'interno
del quartiere buono di Palermo, dove erano concentrate le più belle
residenze private in stile Liberty.
Stiamo parlando di Via della Libertà, ovvero della
prosecuzione di Via Ruggero Settimo, a sua volta prosecuzione di
Via Maqueda, sviluppatasi nella zona centro settentrionale della
città dopo l'inaugurazione alla fine dell'800 della IV edizione
dell'Esposizione Universale (oggi Expo).
Per l'Esposizione Universale del 1891 di Palermo fu, infatti,
predisposta un'area di 130mila mq, di cui 70 mila coperti, con la
creazione di una galleria delle belle arti, una mostra etnografica
e una mostra eritrea. Al termine della mostra, cominciò la vera e
propria espansione dell'aristocrazia Palermitana verso una zona
della città prima considerata solo aperta campagna destinata ad
agrumeto. La zona venne lottizzata e portò alla realizzazione di
una serie di villette progettate dai migliori architetti
dell'epoca. Tra queste spiccano senz'altro alcune delle più belle
edificazioni, andate distrutte nel corso degli anni, come Palazzina
Ardizzone, Villa Cusenza (fra la Via Duca della Verdura e Piazza A.
Gentile), Palazzina Plaja, Palazzina Conticello, Palazzo Di Paola
(Via Notarbartolo angolo Via libertà, al suo posto fu costruito un
altro edificio, dove oggi ha sede il CONI), Palazzo Guccia e,
appunto, Villa Deliella, a piazza Croci, rimasta famosa per
essere stata demolita in una notte, subito prima che compisse la
maggiore età per entrare a far parte dei beni tutelati.
La vicenda di Villa Deliella rappresenta forse uno
dei maggiori simboli del malaffare politico-mafioso quando un
permesso di demolizione frettolosamente concesso il 28 novembre
1959 dall'assessorato comunale ai Lavori Pubblici portò alla
demolizione dell'edificio di pochi giorni.
Secondo i piani della coppia Lima-Ciancimino, l'area avrebbe dovuto essere occupata da una nuova edificazione e per farlo era necessario agire in fretta. Così nella notte del 28 novembre 1959 le ruspe portarono via in un colpo solo e nel silenzio assordante di chi ha preferito chiudersi in casa facendo finta di non sentire, una delle più belle opere di Ernesto Basile. I lavori di demolizione cominciarono sabato 28 novembre 1959 e terminarono i primi di dicembre con la completa demolizione di mura, maioliche, arredi lignei ed in ferro battuto. Le prime pubbliche denunce furono pronunciate solo quando il danno era ormai stato compiuto. Lo scandalo fu tale che al suo posto non venne realizzato nulla e a distanza di quasi sessant'anni nessuno ha più avuto il coraggio di rimediare, con la conseguenza però che oggi l'area è occupata da un parcheggio-autolavaggio, nonostante il Piano Regolatore Generale abbia previsto una destinazione ad "attrezzature museali culturali ed espositive".
Nonostante negli anni la scomparsa di Villa Deliella sia stata dimenticata da chi intenzionalmente o inconsapevolmente si è reso complice dell'imbarbarimento culturale dei nostri giorni, per fortuna tra le file degli intellettuali Palermitani si è fatta avanti una coppia di giovani e brillanti architetti che con una folgorante e probabilmente folle intuizione si è fatta portavoce del desiderio di rinascita di Palermo, spendendosi in prima persona per far tornare alla luce la memoria storica della propria città. Sto parlando degli architetti Giulia Argiroffi e Danilo Maniscalco che hanno proposto, con una raccolta firme, la ricostruzione di Villa Deliella dov'era e com'era prima che lo scempio si concretizzasse, sulla base dei progetti originali di Ernesto Basile che l'omonima Fondazione possiede.
L'idea di base dei due architetti è recuperare il piano cantinato e le fondazioni, oggi sepolti sotto il piano stradale, ricostruire ex novo il villino, utilizzando le stesse misure utilizzate per la costruzione dei primi del '900 impostate dallo stesso Basile e utilizzate in cantiere, e destinare la villa a sede centrale del Museo Liberty.
Per l'attuazione del progetto, i due architetti Palermitani hanno pensato di intercettare fondi europei ma soprattutto trovare sponsor privati che possono andare dalle grandi banche e associazioni, fino al microfinanziamento dal basso (meglio conosciuto come crowdfunding) incentivato da quello che loro amano definire "Effetto Basile".
"Palermo - hanno dichiarato congiuntamente Giulia Argiroffi e Danilo Maniscalco - così come Barcellona con Gaudi, deve avere la sua icona all'altezza del primato culturale a cui è doveroso aspirare e a cui vuole aspirare. Gaudì, Horta, Olbrich, Machintoch, Wagner, Hoffmann, tutte icone europee, riconosciute dai loro luoghi di origine, come eccellenze del primato dell'intelletto che associato al talento governa il disegno virtuoso delle città. è il momento per Palermo di restituire a Ernesto Basile il valore che merita, almeno al pari dei suoi contemporanei".
Secondo i due architetti il progetto non rappresenterebbe "uno sguardo al passato bensì un invito al futuro. Un'operazione che richiede coraggio" perché "in quel luogo magico, snodo vitale tra i due frammenti di Via Libertà non può risiedere un parcheggio, in sfregio al buon senso ma soprattutto al Piano Regolatore Generale che prevede attrezzature museali per la collettività!"
Secondo il progetto, Piazza Francesco Crispi dovrà diventare interamente ciclopedonale, al di sotto potrà sorgere un intero piano funzionale alle attività museali interconnesso alla Villa ricostruita. Mentre nella restante porzione di Piazza potranno sorgere alcuni piani interrati dedicati a Parcheggio.
Argiroffi e Maniscalco parlano di una Palermo che "merita di poter presentare al mondo i disegni della Fondazione Basile che contengono il cuore di quel fermento culturale che ha generato uno dei periodi più felici della sua memoria identitaria. Non solo Palermo lo merita, ma lo deve alla propria memoria e al genio di Ernesto Basile che ne rappresenta preziosa icona. E non è solo questo. è il doveroso riscatto morale e culturale contro quel sentire mafioso che ha cancellato pezzi della nostra memoria collettiva, macchiandola con ripetuti atti delittuosi rimasti impuniti e rimossi dalle coscienze con eccessiva leggerezza. Tanta bellezza aspetta solo un luogo all'altezza per essere interamente fruibile. Tanta bellezza, tanta cultura, è alle porte. Saremo, Palermo, all'altezza di questa missione possibile!?!"
E così, dunque, Palermo potrebbe riappropriarsi non solo della propria storia ma di piccolo granello di dignità andato perduto nel corso dei decenni ma che rappresenterebbe l'architrave su cui poggiare la rinascita culturale e morale della città. Sarà davvero possibile?
A cura di Ing. Gianluca Oreto