Una progettazione più coerente
Nell'assegnare un ruolo centrale alla progettazione, il nuovo codice appalti (D.Lgs. n. 50/2016) prevede che essa sia articolata su tre livelli, di fattibili...
Nell'assegnare un ruolo centrale alla progettazione, il nuovo codice appalti (D.Lgs. n. 50/2016) prevede che essa sia articolata su tre livelli, di fattibilità, definitiva ed esecutiva, e riconduce dunque al primo livello, quello di fattibilità, quelli che nel codice precedente erano lo studio di fattibilità e la progettazione preliminare. Potrebbe sembrare una mera differenziazione lessicale, se l'art. 23 del nuovo codice non avesse già introdotto delle importanti novità, tra le quali quella di una accresciuta acquisizione di dati, soprattutto geologici, ma anche ambientali, nella prima fase della progettazione. Più nel dettaglio i contenuti della progettazione nelle tre fasi progettuali saranno individuati con un successivo decreto del Ministro delle Infrastrutture, su proposta del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e del Ministero dei Beni culturali. Si ricorderà che all’interno della normativa precedente gli elaborati che dovevano far parte delle differenti fasi progettuali erano puntualmente elencati e descritti di concerto fra il Codice ed il Regolamento.
Sembra insomma che il legislatore abbia compreso che la progettazione è un passaggio tecnico troppo importante per non avere regole rigide e forme di controllo altrettanto rigide e che esse devono essere imposte a partire dal primo livello di progettazione, quello che dovrà guidare i successivi, che non potranno che essere coerenti al primo. Sotto il profilo tecnico questo dovrà infatti contenere la spiegazione delle ragioni che hanno portato a scegliere la soluzione proposta e l'illustrazione delle problematiche connesse al contesto entro cui si sviluppa l'intervento, anche facendo riferimento ad altre possibili soluzioni tecniche. E' qui che il progettista dovrà esporre la fattibilità dell'intervento in relazione al contesto entro cui dovrà essere realizzata l'opera, anche in funzione degli aspetti di natura territoriale, storica, demografica, archeologica, paesaggistica, ecc. e all'esito delle indagini geognostiche, sismiche e geotecniche.
Se si vuole che i tre livelli di progettazione assicurino, come recita ancora l'art. 23 del nuovo codice, il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività, la qualità architettonica e tecnica dell’opera, il risparmio e l’efficientamento energetico, un consumo limitato di suolo, la compatibilità geologica, geomorfologica e idrogeologica, la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, sarà il progetto di fattibilità a tracciare gli indirizzi per la successiva redazione del progetto definitivo, illustrando le ragioni che hanno portato alla necessità di dotarsi di quella determinata opera e della scelta della soluzione progettuale adottata, rappresentando gli effetti che la realizzazione dell'intervento può avere nei confronti della salute dei cittadini e dell'ambiente e indicando le norme di tutela ambientale cui l'intervento deve sottostare ed i relativi criteri tecnici per rispettarle
Un buon progetto, a prescindere dal livello di definizione, è frutto di una attività in cui la sfera intellettuale e la capacità organizzativa sono aspetti complementari e si configura come prodotto di azioni riconducibili alla necessità di gestire problematiche, criticità varie, competenze differenti, in cui la qualità del gruppo di progettazione gioca un ruolo certamente decisivo. L’atto mentale di produzione di idee nasce e si sviluppa attraverso una fase in cui il gruppo di progettazione arriva per successive approssimazioni a quelle che saranno le scelte finali.
Così prende corpo una progettazione e nel vecchio codice avrebbe dovuto avere inizio con il progetto preliminare, non soltanto per ottemperare alla disposizione normativa, ma soprattutto per aver chiaro sin dall'inizio quali obiettivi ci si propone di raggiungere con l'esecuzione di quella determinata opera. Ma sappiamo bene che tutto questo non è quasi mai accaduto, almeno per quei progetti preliminari, la stragrande maggioranza, che sono stati redatti entro le strutture pubbliche, che seguono un approccio ben diverso, in cui il decisore politico detta le istanze ed il tecnico, generalmente uno soltanto, redige frettolosamente, tra mille altre impellenze, un qualcosa che poi è chiamato "progetto preliminare", ma che non lo è affatto. Si tratta di progetti che vengono predisposti entro strutture pubbliche spesso prive delle necessarie professionalità, se non persino di carta e di stampante. Progetti che a volte vengono redatti fuori dalla struttura pubblica, da studi professionali un po' più attrezzati, per poi essere riportati all'interno. Composto troppe volte da una semplice relazione tecnica e da qualche disegno a scala inadeguata, il progetto preliminare negli anni passati quasi mai si è caratterizzato per coerenza con il contesto esterno, per conformità delle scelte, e, non ultimo, per il raggiungimento degli obiettivi ai quali l'opera è destinata. E' stata, e purtroppo lo è ancora, la prima grande anomalia che caratterizza la filiera della progettazione e della realizzazione dell'opera, condizionandone pesantemente le attività successive, proprio perché, non determinandosi sulla base di un corretto approccio multidisciplinare, non può che essere fonte di errori e sprechi. E' per questa ragione che è diventata prassi quella di demandare ai successivi livelli di progettazione definitiva ed esecutiva le modifiche di progetti preliminari inadeguati o inesatti, che non soddisfano alcun requisito di compatibilità, produttività, prevenzione dei rischi, sostenibilità, soddisfazione del cliente e persino di immagine, requisito tanto importante per i valori della società in cui viviamo. Modifiche che non possono tuttavia sopperire all'inadeguatezza dei progetti preliminari e che comportano istruttorie difficili, tempi di approvazione ancora più lunghi, con pareri e nulla osta colmi di prescrizioni, che non sono altro che il tentativo di far fronte ad un percorso nato male e che pone però non poche responsabilità in capo agli enti preposti all'approvazione dei progetti. Non a caso continuiamo a realizzare opere infrastrutturali anche di grossa valenza strategica senza aver analizzato con attenzione la storia evolutiva del versante sul quale esse si impostano, commettendo errori progettuali ancora più gravi perché compiuti in un momento storico in cui le risorse sono ridotte e il territorio antropizzato dal dopoguerra ad oggi scricchiola per le tante criticità legate al mancato rispetto della naturale evoluzione del territorio.
Eppure tante volte il progetto preliminare è stato posto a base di gara per concessioni di lavori pubblici o per appalti concorso. Per non parlare dei tanti progetti preliminari per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, che avrebbero dovuto almeno definire le cause dei dissesti, comprenderne gli effetti sul territorio e sugli elementi a rischio e trovare le migliori soluzioni per diminuirne la soglia di rischio, e che invece sono stati redatti senza un coinvolgimento professionale dei geologi, assenti nelle stragrande maggioranza degli oltre 8000 uffici tecnici comunali. E seppure il vecchio codice prevedesse che tra gli elaborati minimi di un progetto preliminare ci fosse uno studio di compatibilità geomorfologica, esso non è quasi mai stato presente, sottraendo al progetto stesso tutte quelle conoscenze indispensabili al raggiungimento di quei requisiti di compatibilità, produttività e sostenibilità.
Il nuovo codice sembra essersi accorto di queste pericolose e costose lacune tecniche e procedurali e sembra volervi porre rimedio. Il progetto di fattibilità - recita il nuovo codice - è redatto sulla base dell’avvenuto svolgimento di indagini geologiche e geognostiche, di verifiche preventive dell'interesse archeologico, di studi preliminari sull’impatto ambientale e evidenzia, con apposito adeguato elaborato cartografico, le aree impegnate, le relative eventuali fasce di rispetto e le occorrenti misure di salvaguardia; indica, inoltre, le caratteristiche prestazionali, le specifiche funzionali, le esigenze di compensazioni e di mitigazione dell’impatto ambientale, nonché i limiti di spesa dell'infrastruttura da realizzare ad un livello tale da consentire, già in sede di approvazione del progetto medesimo, salvo circostanze imprevedibili, l’individuazione della localizzazione o del tracciato dell’infrastruttura nonché delle opere compensative o di mitigazione dell’impatto ambientale e sociale necessarie. E' un grosso passo avanti per superare le troppe criticità dei progetti preliminari. Impone conoscenza e approccio multidisciplinare. E' l'occasione per conferire quella dignità al progetto di fattibilità che il progetto preliminare non ha mai avuto. Nelle poche eccezioni, un buon progetto preliminare nel gergo dei professionisti era definito "spinto", perché conteneva dati ed elaborazioni che lo avvicinavano ad un vero progetto. Il decreto attuativo del Ministro delle Infrastrutture diventa quindi un'occasione unica per fare maggiore chiarezza e per dettare le regole affinché la redazione del progetto, ma anche la stessa esecuzione dell'opera, atto materiale attraverso cui un progetto diventa opera dell’uomo, siano rigorosissime e capaci di lasciare spazi minimi ad errori o omissioni. Purché però arrivi il decreto presto e non lasci le cose nel limbo dei rimandi incompiuti, di cui è tristemente piena la normativa italiana.
A cura di Gian Vito Graziano