Il futuro delle costruzioni italiane?all'estero!

Il rapporto 2016 ANCE "sulla presenza delle imprese di costruzione italiane nel mondo" permette di lanciare uno sguardo avanti nel futuro sulla base dei dati...

24/10/2016

Il rapporto 2016 ANCE "sulla presenza delle imprese di costruzione italiane nel mondo" permette di lanciare uno sguardo avanti nel futuro sulla base dei dati accumulati e ben coagulati per gruppi di indicatori del mercato.
Lo studio aggrega i dati ricavati dalle informazioni provenienti dalle prime 38 imprese di costruzione italiane, operanti all'estero.
Si intende “prime” attraverso una graduatoria che riguarda il fatturato, assunto come elemnto base della dimensione aziendale.

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Il primo elemento che mi pare interessante evidenziare, è che quanto maggiore è la dimensione dell'azienda tanto maggiore è la incidenza del fatturato estero rispetto a quello complessivo dell'azienda.
Come si vede dalla tabella che segue il fatturato estero, delle imprese fatturano più di 500 milioni di euro, rispetto quello globale è cresciuto dal 28,4% del 2004 all'attuale 72,5% del 2015.

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L'incidenza del fatturato estero rispetto al complessivo considerando tutte le 38 aziende del campione raggiunge mediamente il 70%, percentuale che 20 anni fa sarebbe stata impensabile.

Il dato impressionante è ben rappresentato dalla tabella che segue, che illustra come negli anni dal 2004 al 2015, per compensare la crisi del mercato interno, il campione delle aziende italiane esaminato evidenzi che tutte si sono riversate all'estero, occupando maggiori quote di mercato estero e di fatturato complessivo.

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Nel rapporto ANCE 2016 questa tendenza è analizzata in dettaglio e, solo per le ragioni che illustrerò dopo, riporto sotto il diagramma a barre della evoluzione del fatturato anno per anno del fatturato nazionale e poi di quello estero, che dimostra come il successo delle imprese italiane nel mercato mondiale sia stata costante nel tempo, e se si vuole, sorprendente per un settore che negli anni era stato accusato di vivere in modo non concorrenziale, parassitario se non addirittura solo assistito dalla spesa pubblica.

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Questi diagrammi sono – a parere di chi scrive – la prova provata della competenza e della professionalità della maggioranza degli addetti del settore, che non hanno nessuna difficoltà ad affermarsi all'estero, in un mercato dove la professionalità reale non può essere messa in ombra da nessuna preferenza o raccomandazione.
All'estero i metodi di qualificazione sono trasparenti. Una impresa viene invitata dai Committenti sulla base di dimostrate capacità finanziarie e tecniche, basate su elementi riscontrabili e, se accettate le offerte delle aziende vincitrici, garantite da polizze bancarie escutibili a prima richiesta.
I capitolati dei lavori sono poi fatti rispettare da società di esperti internazionali, che controllano costantemente l'andamento del lavoro e collaudano al termine, applicando eventuali penali nei casi di non conformità.
In questo mondo così esigente, le nostre imprese prosperano e incrementano di anno in anno i loro portafogli ordini (nel 2015 si è registrato un + 14,5 %), raggiungendo la ragguardevole cifra di 87 miliardi euro di commesse in corso.
L'importante successo dimostra l'aumento della competitività e della solidità delle aziende italiane.
Le nuove commesse del 2015 sono distribuite in larga parte (50% del fatturato complessivo) nei paesi europei (23,9% nei paesi UE e 24,1% nei paesi europei extra EU).
Il Medio Oriente sale dal 5,3% del 2014 al 20,6% del 2015, diventando il terzo mercato complessivo delle imprese italiane, soprattutto a causa del successo delle imprese italiane (3,1 miliardi di nuovi lavori acquisiti) in Qatar (come ben noto ai lettori che seguono il portale di LavoriPubblici.it).
Il resto nelle Americhe, in particolare in Centro sud America che vede ridimensionata la sua importanza in termini fatturato di nuove acquisizioni, ma che però continua a costituire il secondo mercato relativo.
La tabella che segue è molto efficace nel sintetizzare quanto sopra espresso.

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Il rapporto ANCE 2016 si dilunga nel capitolo 3 sulla particolare disattenzione verso il settore che dedica il programma di investimenti italiani in confronto agli altri stati dell'area EU.
Infatti, l'EIC calcola il rapporto tra gli aiuti pubblici dei paesi dell'are EU a favore dei Paesi Terzi e delle Organizzazioni Multilaterali (Banca Mondiale, Banche Regionali di Sviluppo, Nazioni Unite, Unione Europea) ed il Prodotto Interno Lordo delle singole nazioni.

I dati sono realmente sconfortanti. Se l'Italia nonostante un costante avanzo primario ha ridotto progressivamente gli stanziamenti nel Paese per Lavori Pubblici si rileva che nel 2014 che abbia stanziato solo lo 0,19% del proprio PIL agli aiuti allo sviluppo, mentre la media europea è intorno allo 0,50%.
Anche la modalità di erogazione è indiretta, mentre per quasi tutti i paesi (10 su 12) almeno il 50% di quanto erogato avviene su base bilaterale, per l'Italia è solo il 34%..
Altri dati li potrete trovare nel rapporto se vi interessano. Ma la sostanza, che ogni professionista ben conosce, è che all'Italia non interessa questo settore.
Eppure solo il lavoro estero delle imprese di costruzione italiane pesa alla resa dei fatti almeno per lo 0,7% del PIL italiano, come risulta da uno studio del CRESME citato nel rapporto ANCE 2016.
Da cosa deriva questa distrazione?
Se il comparto lavorativo funziona così bene all'estero, perché qui in Italia ci sono campagne mediatiche che aumentano il disfavore generale dell'opinione pubblica verso le “costruzioni” in genere?
Stiamo parlando, per essere chiari, non solo delle campagne mediatiche che hanno riguardato gli episodi di corruzione, ma anche quelle che hanno riguardato la scadenza qualitativa di interventi di rilievo, ed anche di quel modo di blandire la importanza di un vasto settore occupazionale.
Disfavore che però non è giustificato.
Mi pare di dover sottolineare che sulla stampa non vi è adeguata evidenza dell'apprezzamento che accompagna le imprese nazionali, né tantomeno le loro maestranze nel mondo. Tutto questo aumenta la sofferenza degli addetti ai lavori, e se in Italia un architetto mediamente guadagna 15.000,00 euro all'anno dipende certamente anche da questo “disfavore”.
Ed allora, da questo quadro emerge con evidenza che – se non cambia qualcosa - il futuro dei professionisti del comparto è verso l'estero.
Per chi fosse interessato, si riporta l'allegato 1 al rapporto ANCE 2016 con la classifica delle prime 30 imprese all'estero.

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