Deroghe agli standard urbanistici: Necessario ed urgente un intervento del parlamento

La realizzazione degli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente mediante demolizione e ricostruzione si scontra, molto spesso con il ...

27/02/2017

La realizzazione degli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente mediante demolizione e ricostruzione si scontra, molto spesso con il rispetto delle disposizioni relative agli standard urbanistici contenuti nel DM 2 aprile 1968, n. 1444. Tali inteventi, nella quasi totalità dei casi vanno inseriti in un contesto che rende difficile il rispetto degli standard di cui al citato decreto ministeriale specialemnte per quanto concerne i limiti di altezza e dei distacchi sia senza che con aumenti di volumetria.

Per superare questa impasse, l'art. 30, comma 1, lettera 0a) del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito dalla legge 9 agosto 2013,  n. 98 inserì nel “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380 l’articolo 2-bis rubricato “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati” che così recita “Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali”.

Il problema potrebbe sembrare risolto mentre, in verità, tale articolo 2-bis presenta alcune problematiche interpretative per il fatto stesso che lega tali deroghe alla “definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali ad un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali” senza alcun riferimento espresso ai casi di interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale.

In attuazione del citato articolo 2-bis, alcune Regioni hanno emanato norme che avrebbero consentito sia la deroga alle distanze sia agli altri standard edilizi, nell’ambito di interventi sia ricompresi in piani attuativi, sia puntuali ossia in diretta attuazione del piano urbanistico generale ma in alcuni casi tali disposizioni sono state impugnate davanti alla Corte costituzionale che ha censurato le disposizioni regionali che riguardano, principalmente, l’applicazione delle deroghe anche ad interventi puntuali ossia su singoli edifici (Regioni Marche e Veneto); in altri casi la censura è legata al fatto che sono introdotte deroghe non solo ai limiti di distanza fra costruzioni, ma anche ai limiti di altezza e di densità edilizia (Regione Veneto) ovvero perché viene omesso il richiamo al rispetto delle disposizioni in materia di distanze contenute nel Codice civile (Regione Umbria).

Per la Corte Costituzionale l’illegittimità costituzionale di alcune norme regionali è motivata per il fatto che :

- la disciplina delle distanze minime tra le costruzioni rientra nella competenza esclusiva dello Stato in quanto appartiene alla materia “dell’ordinamento civile”;

- alle Regioni è consentito fissare deroghe alle distanze minime stabilite dalla normativa statale solo se giustificate dall’esigenza di soddisfare interessi urbanistici che si concretizzino in “strumenti funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio” (vedi da ultimo la sentenza 231/2016).

Forse sarebbe utile un intervento legislativo del Parlamento sulla disciplina della riqualificazione urbana in grado di rendere realmente agevoli, economicamente sostenibili e diffusi gli interventi, anche puntuali, sul patrimonio edilizio esistente anche nell’ottica del contenimento del consumo di suolo. In atto, soltanto le seguenti 8 regioni hanno adottato disposizioni in attuazione del citato articolo 2-bis.

Emilia-Romagna: articolo 7-ter, commi 3-bis e 3-ter della legge regionale 20/2000 recante “Disciplina generale sulla tutela e l’uso del suolo” inserito dalla legge regionale  17/2014

Friuli-Venezia-Giulia: articolo 3, comma 2-bis della legge regionale 19/2009 “Codice regionale dell’edilizia” inserito dalla legge regionale 13/2014

Liguria: articolo 29-quinquies della legge regionale 36/1997 “Legge urbanistica regionale” inserito dalla legge regionale 11/2015 e, successivamente, modificato dalla legge regionale 29/2015; articolo 18 della legge regionale 16/2008 “Disciplina dell’attività edilizia” come modificato dall’art. 6, comma 6 della legge regionale 12/2015 con la precisazione che l’art. 18 della legge regionale 16/2008, nella parte modificata dalla della legge regionale 12/2015, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 231 del 3 novembre 2016

Marche: Articolo 35, comma 1 della legge regionale 33/2014 “Assestamento del bilancio 2014” come sostituito prima dall’art. 10 della legge regionale 16/2015 e, successivamente, dall’art. 4 della legge regionale 26/2016 con la precisazione che l’art. 10 LR 16/2015 è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 178 del 15 luglio 2016.

Sicilia: articolo 18 della legge regionale 16/2016 “Recepimento del Testo Unico Edilizia approvato con Dpr 380/2001”.

Toscana: articolo 140 della legge regionale 65/2014 “Norme per il governo del territorio” come modificato dalla legge regionale 43/2016.

Umbria: articolo 243, comma 1, della legge regionale 1/2015 “Testo Unico governo del territorio e materie correlate” come modificato dalla della legge regionale 13/2016 con la precisazione che l’art. 243, comma 1 della legge regionale 1/2015 è stato impugnato dal Governo (Consiglio dei Ministri del 27/3/2015) davanti alla Corte Costituzionale.

Veneto: articolo 8 della legge regionale 4/2015 “Modifiche di leggi regionali e disposizioni in materia di governo del territorio e di aree naturali protette regionali” come modificato dall’art. 66 della legge regionale 30/2016 con la precuisazione che l’art. 8 della legge regionale 4/2015 è stato impugnato dal Governo (Consiglio dei Ministri del 18/5/2015) davanti alla Corte Costituzionale.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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