Il patrimonio edilizio italiano: come intervenire?
I beni immobili vincolati architettonici e archeologici in Italia sono più di 52 mila, circa il 20% della superficie del Paese, 55 km quadrati. In più, si st...
I beni immobili vincolati architettonici e archeologici in Italia sono più di 52 mila, circa il 20% della superficie del Paese, 55 km quadrati. In più, si stima che gli edifici realizzati prima del 1945 si aggirino sui 30 milioni. Operare su questa tipologia di fabbricati pone in essere numerose problematiche, che richiedono l’intervento di professionisti molto preparati e consapevoli, come è emerso stamane (ndr ieri pcl) dal Convegno “Il ruolo consapevole degli ingegneri negli interventi di recupero del patrimonio edilizio”, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma con il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per l’Abruzzo, il Lazio e la Sardegna del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con la presenza del Provveditore Ing. Vittorio Rapisarda Federico.
La distribuzione differente del patrimonio immobiliare molto ampio e variegato sul territorio crea criticità diverse nel rapporto con il tessuto economico e sociale. E, inoltre, la presenza di molti Enti che lo gestiscono influenza notevolmente le possibilità di intervento e le risorse disponibili. Pertanto, sono numerose le problematiche rilevate nella realtà italiana, che richiede un grande sforzo culturale, gestionale e finanziario. Sono tanti gli attori “in scena”, che hanno compiti e distinte responsabilità, sebbene siano collegati tra loro da una complessa rete di relazione normativa ed economica. Tra questi ci sono anche gli ingegneri, chiamati a svolgere attività di risanamento e recupero dell’esistente, perché i beni edilizi non sono immutabili ma soggetti al degrado naturale del tempo.
L’intervento sull’edilizia esistente affronta delle problematiche molto estese, soprattutto in aree come Roma caratterizzate da stratificazioni storiche di rilievo, tra cui: isolamento insufficiente, perdite impermeabilizzazione, infiltrazioni, umidità, distacchi d’intonaco, lesioni strutturali, impiantistica inefficiente o non funzionante, mancanza di sicurezza (antisismica, antincendio, antiallagamento, protezione da rischio idro-geologico); rispetto dei requisiti di legge in tema energetico, paesaggistico-ambientale e in funzione della destinazione d’uso.
“Agli ingegneri si richiede spesso una preparazione professionale specifica, una sensibilità particolare, per apportare interventi di miglioramento con lo scopo di conseguire un maggior grado di sicurezza e funzionalità senza, peraltro, modificare in maniera sostanziale il comportamento globale- afferma Carla Cappiello, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Roma - Alle tecnologie informatiche sempre più sofisticate e performanti, occorre associare la capacità degli ingegneri di avere un’approfondita conoscenza dei materiali e delle tecniche costruttive storiche degli edifici esistenti, adottati nel corso dei secoli e nell’edilizia degli ultimi decenni, dei sistemi di connessione e dei vincoli presenti, delle situazioni di maggiore insidiosità e rischio, dei fenomeni di degrado dei materiali”.
Il Provveditore Ing. Vittorio Rapisarda Federico ha affermato “con la rivoluzione industriale si è affermato il ruolo degli ingegneri chiamati a tradurre gli esiti della scienza delle costruzioni in problemi di funzione e di formazione”.
A cura di Ufficio Stampa Ordine degli ingegneri della Provincia di Roma