Distanze tra le costruzioni: Il Consiglio di Stato sull’applicabilità del D.M. 1444/68

Sul tema dei limiti di distanza fra le costruzioni, arriva la sentenza del Consiglio di Stato 14 settembre 2017, n. 4337 che a seguito di un ricorso proposto...

25/09/2017

Sul tema dei limiti di distanza fra le costruzioni, arriva la sentenza del Consiglio di Stato 14 settembre 2017, n. 4337 che a seguito di un ricorso proposto da un privato per la riforma della sentenza del TAR di Puglia Sezione III, n. 1209 del 21 maggio 2008 è tornato sul tema dei limiti di distanza precisando che l’art. 9 del DM 1444/1968 prescrive per i nuovi edifici ricadenti in zone diverse dalla zona A “la distanza minima assoluta di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti” (comma 1, n. 2) ed aggiungendo che sono ammesse distanze inferiori soltanto nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano-volumetriche (comma 3, ultimo periodo).

La giurisprudenza è costante nel ritenere che si è in presenza di una norma inderogabile posta a garanzia di esigenze collettive connesse all’igiene e alla sicurezza, laddove la tutela del diritto di proprietà degli immobili circostanti è assicurata dalla disciplina delle distanze fra costruzioni prevista dal Codice civile.

Nella sentenza della sezione IV, 14 settembre 2017, n. 4337, il Consiglio di Stato è tornato sul tema dei limiti di distanza fra costruzioni, affermando alcuni principi innovativi e cioè:

  • l’art. 9, commi 1 e 2 del DM 1444/1968 riguarda la nuova pianificazione del territorio e quindi i nuovi edifici, intendendosi per tali gli edifici o parti di essi (es. sopraelevazioni) costruiti per la prima volta. Ai sensi dell’art.41-quinquies l. 17 agosto 1942 n. 1150, “i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi” (quelli di cui al successivo D.M. n. 1444/1968), sono imposti “ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti”:
  • l’art. 9, commi 1 e 2 del DM 1444/1968 non riguarda gli interventi sul patrimonio edilizio esistente e dunque gli immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione. A ciò deve aggiungersi che il singolo arretramento imposto (per effetto di una non coerente applicazione dell’art. 9), produrrebbe esso stesso non solo un disallineamento con altri fabbricati preesistenti (con un evidente vulnus estetico), ma anche la realizzazione di spazi chiusi, rientranze ed intercapedini essi stessi nocivi – così come condivisibilmente sostenuto dall’appellante - per le condizioni di salubrità, igiene, sicurezza e decoro, che invece l’art. 9 intende perseguire. Appare, dunque, evidente come la previsione del limite inderogabile di distanza riguarda immobili o parti di essi costruiti (anche in sopra elevazione) “per la prima volta” (con riferimento al volume e alla sagoma preesistente), ma non può riguardare immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione(in tal senso, Cons. giust. amm. Sicilia, 3 marzo 2017 n. 74):
  • per stabilire se un intervento è soggetto al limite inderogabile di distanza di 10 metri non rileva, come nel caso esaminato nella sentenza, che sia qualificato come “nuova costruzione” e che sia stato oggetto di permesso di costruire (in particolare si trattava di una demolizione con ricostruzione di un edificio completamente diverso per tipologia e destinazione d’uso);
  • ciò che rileva per l’applicazione del limite inderogabile di distanza di 10 metri non è la formale definizione dell’intervento, ma il dato concreto della preesistenza di un immobile che si trova a distanza inferiore a quella prevista dall’art. 9, comma 1, n. 2.

In allegato la sentenza del Consiglio di Stato14 settembre 2017, n. 4337.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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