Variante in corso d'opera essenziale o leggera: qual è la differenza?
Quando è possibile configurare una variante in corso d'opera come essenziale e quando come leggera o minore?A spiegarlo è la IV Sezione del Tribunale Amminis...
Quando è possibile configurare una variante in corso d'opera come essenziale e quando come leggera o minore?A spiegarlo è la IV Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania con la Sentenza 2 ottobre 2017, n. 4605 che accoglie il ricorso presentato per l'annullamento di una disposizione comunale che dichiarava priva di effetti una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Per la configurazione delle due diverse tipologie di varianti che comportano titoli edilizi differenti, il TAR ricorda il D.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) ed in particolare:
l'art. 32 (Determinazione delle variazioni
essenziali) per il quale:
comma 1 - 1. Fermo restando quanto
disposto dal comma 1 dell’articolo 31, le regioni stabiliscono
quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto
conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica
una o più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli
standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio
da valutare in relazione al progetto approvato;
c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del
progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio
sull'area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio
assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia
antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
comma 2 - Non possono ritenersi comunque
variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle
cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione
interna delle singole unità abitative.
comma 3 - Gli interventi di cui al comma 1,
effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico,
architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e
idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree
protette nazionali e regionali, sono considerati in totale
difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli
31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono
considerati variazioni essenziali.
l'art. 22 (Interventi subordinati a
segnalazione certificata di inizio attività), comma
2:
Sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di
inizio attività le varianti a permessi di costruire che non
incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non
modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non
alterano la sagoma dell'edificio qualora sottoposto a vincolo ai
sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive
modificazioni e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel
permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza
urbanistica ed edilizia, nonché ai fini dell'agibilità, tali
segnalazioni certificate di inizio attività costituiscono parte
integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione
dell'intervento principale e possono essere presentate prima della
dichiarazione di ultimazione dei lavori.
Il caso in esame
Nel caso di specie, il Comune di Napoli, con Disposizione Dirigenziale n. 227 del 5 aprile 2012, ha ordinato alla parte ricorrente, in qualità di proprietaria e responsabile, il ripristino dello stato dei luoghi e, in particolare, delle opere consistenti nella effettuati in sede di restauro di una porzione immobiliare, realizzato nella seconda metà del ‘700 e soggetto a tutela storica-artistica ai sensi dell’art. 21 del d.Lgs. 42/2004.
In un primo tempo la ricorrente con una prima S.C.I.A. in data
8.5.2015, n. 444 – preceduta dalla autorizzazione della competente
Soprintendenza ex art. 21 d. lgs. 42/2004 in data 28.5.2014 n.
13298, ha intrapreso lavori di restauro e risanamento conservativo
nella torre per rendere fruibile la struttura:
(a) ricostruzione del solaio in legno a quota +16,00,
(b) la sopraelevazione del vano ascensore esistente,
(c) le opere necessarie a quota +16,00 mt. per realizzare la
biblioteca sala lettura,
(d) le necessarie opere impiantistiche,
(e) il montaggio di un infisso blindato rivestito in legno,
(f) la posa in opera di catene per il consolidamento dei muri in
tufo,
(g) la realizzazione di un tramezzo,
(h) il montaggio di un nuovo piano composto in tavolato ligneo
nella zona del palco a quota +5,95 mt.,
(i) la sostituzione di un solaio esistente in latero-ferro della
terrazza panoramica.
Al fine di realizzare lavori complementari (1. smontaggio del solaio in latero ferro esistente a quota +13,71 mt. della torre e riproposizione dello stesso a quota +13,05; 2. realizzazione della scala in ferro necessaria a collegare la quota +5,85 alla quota +16,00; 3. installazione di una nuova porta ascensore) ha presentato una S.C.I.A. in variante in data 9.3.2016, n. 273, preceduta dall’autorizzazione della competente Soprintendenza in data 16.2.2016, n. 3503.
In seguito, era presentata una ulteriore S.C.I.A. in variante, in data 8.7.2016, n. 767, avente ad oggetto la (i) ripresa delle porzioni di intonaco ammalorate dagli agenti atmosferici, (ii) la realizzazione di vani di servizio, e (iii) l’adeguamento a norma degli impianti idrici, di riscaldamento ed elettrici.
In sede di verifica di ques’ultima segnalazione, l’amministrazione comunale, con il provvedimento gravato ha dichiarazione l’irricevibilità della SCIA n. 767/2016 presentata in data 8.7.2016 e, in via derivata, della relativa scia 8.7.2016, n. 767 costituente seconda “variante in corso d'opera” dell'originaria SCIA n. 44/2015.
L'esame dei giudici di primo grado
Secondo i giudici di primo grado, l’unico elemento ostativo alla validazione della scia n. 273 del 2016 (che ha comportato per connessione la declaratoria di inefficacia di quella successiva n. 767 del 2016) è rappresentato dall’abbassamento della porzione di solaio da quota +13,71 ml a quota +13,05, che secondo l’amministrazione comunale realizza un potenziale cambio di destinazione d’uso che conduce ad annoverare l’intervento fra quelli di ristrutturazione, non assentibili con scia.
Secondo la tesi del ricorrente la ragione dell’intervento
risiede nel fatto che il solaio riproposto a quota + 13,05 è
funzionale alla struttura della scala ed all’utilizzo
dell’ascensore, poiché a quella quota (+ 13,05) vi è il
pianerottolo della scala e lo sbarco della porta dell’ascensore, i
cui lavori sono stati ritualmente assentiti.
Va considerato che l’abbassamento di quota del solaio, anche se
lascia immutata la superficie utile, può, in presenza di elemento
concorrente, costituire l’indice di un cambio di destinazione
d’uso.
Tuttavia, nel caso di specie, l’assenza di ulteriori contestazioni
o rilievi in merito al contestato cambio di destinazione d’uso
rendono il provvedimento impugnato privo di adeguato supporto
motivazionale.
Le conclusioni: la variante essenziale
I giudici di primo grado hanno ricordato che costituisce variante essenziale ogni modifica incompatibile con il disegno globale ispiratore dell'originario progetto edificatorio, sia sotto l'aspetto qualitativo sia sotto l'aspetto quantitativo. Come definito dall'art. 32 del Testo Unico Edilizia, tra le varianti essenziali sono ricomprese:
- il mutamento della destinazione d'uso implicante alterazione degli standards;
- l'aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio;
- le modifiche sostanziali di parametri urbanistico — edilizi;
- il mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
- la violazione delle norme vigenti in materia antisismica.
Non sono ricomprese le modifiche incidenti sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
Le conclusioni: la variante minore o leggera
Come definito dall'art. 22, comma 2 del Testo Unico Edilizia, per l'individuazione della categoria di variante minore o leggera sono subordinate a S.C.I.A. (ex D.I.A.) le varianti a permessi di costruire che:
- non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie;
- non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia;
- non alterano la sagoma dell'edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del d.lgs. n. 42/2004;
- non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire.
In tali ipotesi, la S.C.I.A. (ex D.I.A.) costituisce "parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale" e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori: la formulazione dell'art. 22 consente, pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle entro la fine dei lavori, purché si tratti - come si è visto - di varianti leggere minori o leggere.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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