Equo Compenso, diritti e principi del lavoro autonomo e indipendente
Il punto di vista dell'Ing. Gianluca Oreto sull'equo compenso per le prestazioni professionali
Mentre l'Assemblea del Senato ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando con 148 voti favorevoli e 116 contrari l'emendamento interamente sostitutivo del ddl n. 2942, di conversione in legge del decreto-legge in materia finanziaria e per esigenze indifferibili (c.d. Decreto fiscale), c'è chi si è strappato le vesti per l'emendamento che estenderebbe l'articolo previsto per l'equo compenso degli avvocati anche agli altri professionisti.
Vittoria! urlano a destra. Soddisfazione! replicano a sinistra. Certo, in un periodo di vacche magre in termini di conquiste, l'estensione del c.d. equo compenso potrebbe rappresentare il classico zuccherino di chi, avvicinandosi ad elezione, cerca di prendersi la paternità di un provvedimento che, strilli a parte, nella sua estrema sostanza non serve assolutamente a nulla.
Cos'è l'equo compenso
In effetti, cos'è questo equo compenso di cui
tanto si parla?
Come da comma 2 dell'art. 13-bis che sarà inserito all'interno
della Legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina
dell'ordinamento della professione forense), si considera
equo il compenso, determinato nelle convenzioni
aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o
societaria, delle attività di esclusiva competenza degli avvocati,
in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non
rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o
medie imprese, quando risulta proporzionato alla quantità e
alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle
caratteristiche della prestazione legale. Tali indicazioni
si applicherebbero, in quanto compatibili, anche alle prestazioni
rese dai professionisti, anche iscritti agli ordini e collegi.
Tutto rientra, quindi, nell'ambito delle normali contrattazioni tra privati. Nessuna tariffa, nessuna indicazione precisa ma solo un compenso "proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale" che dal punto di vista pratico sarà utile quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica.
Di contro appare utile segnalare che contestualmente all'approvazione dell'equo compenso per tutti i professionisti, la “Coalizione 27 febbraio”, una rete di associazioni e movimenti, ha messo su una Carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente, da utilizzare per interloquire criticamente con Governo e Parlamento, identificando le condizioni del lavoro autonomo.
La Carta prende in considerazione la moltiplicazione delle figure del lavoro, così come l'affermazione del lavoro autonomo e parasubordinato, evidenziando come a tale proliferazione non sia stata accompagnata una revisione sostanziale del welfare e delle tutele.
Riporto di seguito i 9 punti identificati per la definizione di uno Statuto del lavoro autonomo.
1. Welfare universale e ammortizzatori sociali
1.1. Reddito minimo garantito
Si tratta di una misura di welfare universale. Una tutela nei
periodi di non lavoro e di disoccupazione, a carico della fiscalità
generale. Uno strumento fondamentale contro il ricatto che spinge
al lavoro gratuito, all'accettazione dei sotto-compensi, di lavori
privi di diritti.
1.2. Estensione degli ammortizzatori
sociali
Nel Jobs Act, l’obiettivo dichiarato dell’universalizzazione delle
tutele è associato all'introduzione di un ammortizzatore sociale
per i lavoratori parasubordinati, la DIS-COLL. Avviata un anno fa
esclusivamente in «via sperimentale», la DIS-COLL perde risorse e
rischia di essere cancellata tra non molto. La Legge di Stabilità
2016 l'ha confermata, ma il suo finanziamento resta incerto, legato
alle scelte politiche del Governo e ai tagli giustificati
dall'«equilibrio di bilancio». La disciplina ricalca la logica
assicurativa della NASpI, con termini maggiormente restrittivi sia
nell'accesso che nella durata della prestazione. Inoltre, per
acquisire il diritto alla prestazione, il collaboratore deve esser
stato «iscritto in via esclusiva alla Gestione separata INPS».
Inevitabilmente, in questo modo, si penalizza chi alterna periodi
di lavoro subordinato a quelli di collaborazione. Ne chiediamo
tuttavia non solo la conferma, il finanziamento, ma anche
l'estensione ai lavoratori autonomi e agli intermittenti della
ricerca, ingiustamente esclusi. Chiediamo inoltre che le
prestazioni siano erogate dall'INPS in tempi rapidi e certi, non
appena il rapporto di lavoro viene meno.
1.3. Superamento del modello assicurativo e reale
universalizzazione delle tutele
La riforma degli ammortizzatori sociali operata dal Jobs Act
persegue una rigorosa logica assicurativa: le tutele sono legate
alla «pregressa storia contributiva del lavoratore», e in questo
modo viene incrementata la «durata massima» del trattamento «per i
lavoratori con carriere contributive più rilevanti». Le nuove
prestazione non tutelano più a lungo chi è in stato di maggior
bisogno, ma chi ha versato più contributi. A farne le spese, in
termini di durata del beneficio, sono lavoratori precari e
intermittenti con carriere frammentate e discontinue. In
alternativa alla stretta osservanza del principio di
corrispettività, chiediamo l'introduzione di più ampie forme di
solidarietà inter-professionale sia per quanto riguarda l’accesso
che per la durata delle prestazioni.
2. Equità previdenziale
2.1. Gestione separata INPS
a) Il rinnovato blocco dell'aumento dell'aliquota relativa alla
gestione separata INPS è un provvedimento positivo, ma
insufficiente. Il blocco va reso definitivo. Di più: occorre
ridurre l'aliquota al 24% e rendere l'aumento al 27%
facoltativo;
b) Va da sé che, senza opportuni correttivi solidaristici del
sistema contributivo, la riduzione dell'aliquota non risolve i
problemi. Chiediamo l'istituzione di una pensione minima di
cittadinanza, indipendente dal montante contributivo accumulato e
superiore all'Assegno sociale. Una base comune, accessibile dopo
una soglia minima di 5 o 10 anni di contribuzione, cumulabile con
la parte variabile e relativa al montante effettivamente
conquistato. Le risorse necessarie possono essere reperite
tagliando, attraverso il ricalcolo, le pensioni d'oro (che costano
circa 13 miliardi l'anno) e d'argento (oltre i 3.000 euro al mese).
Altrimenti ricorrendo alla fiscalità generale;
c) Nel versamento dei contributi, è necessario passare dal sistema
dell'anticipo/conguaglio a quello dell'incasso/consuntivo;
d) Va reso obbligatorio, e non più facoltativo, il versamento
dell’aliquota contributiva del 4% da parte del committente (rivalsa
INPS). Di più: è opportuno l'aumento della stessa dal 4 al 6%;
e) Va resa trasparente, in sede di rendicontazione annuale, la
distinzione dei flussi di cassa destinati alla previdenza e quelli
destinati alle prestazioni sociali.
2.2. Casse previdenziali degli ordini
Deve essere risolto il conflitto previdenziale. Primo passo:
rendere inammissibili, da parte delle Casse, l'erogazione di
trattamenti pensionistici non coperti da una adeguata contribuzione
previdenziale. Altrettanto: censura politica, da parte delle Casse,
delle pensioni maturate con il combinato disposto di evasione
fiscale e sistema di calcolo retributivo.
a) trasparenza gestionale delle Casse, che non si riduce alla sola
pubblicazione del bilancio consuntivo, ma che richiede quanto meno
la pubblicazione del bilancio di previsione;
b) soppressione dei contributi minimi obbligatori;
c) correttivi solidaristici del sistema contributivo, sostenuti con
l'aumento della pressione previdenziale sui redditi alti e
medio-alti;
d) pensione minima garantita anche a coloro che non hanno maturato
un montante contributivo sufficiente.
3. Sostenibilità fiscale
Innanzi tutto, la “Coalizione 27 febbraio” propone l'innalzamento dell'asticella della “no tax area” a 10.000 euro di fatturato annuo. Questo per favorire i giovani professionisti, in generale i professionisti con redditi bassi. Nella prospettiva, poi, di una revisione complessiva e in senso progressivo del sistema fiscale, ritiene opportuno garantire un regime agevolato per chi fatica a superare i 30.000 euro di fatturato annuo.
4. Contratto, equo compenso, contenzioso, fondo di garanzia.
4.1. Contratto
È necessario introdurre una tipicizzazione del contratto di lavoro
autonomo, imponendo la formalizzazione di alcuni elementi
essenziali. Al fine di fornire al prestatore di lavoro un programma
negoziale definito ex ante, garanzia affinché si realizzi un
migliore equilibrio contrattuale:
a) una descrizione dettagliata e specifica dell’opera o servizio
richiesto dal committente;
b) la data di inizio del rapporto, la durata del contratto e/o i
tempi di consegna dell’opera o del servizio;
c) il corrispettivo pattuito, indicando se sono compresi o esclusi
l’IVA, gli oneri previdenziali, gli eventuali rimborsi spese e la
loro quantificazione;
d) i tempi e le modalità di pagamento;
e) i termini di preavviso e le causali di recesso.
Da ultimo, pare davvero opportuno associare un eventuale termine del contratto alla sussistenza di causali oggettive e preesistenti che ne legittimino l’apposizione. In caso di recesso ingiustificato il committente deve corrispondere al collaboratore autonomo un’indennità che, coerentemente con quanto disposto dall’art. 2227 C.C. in tema di recesso dal contratto d’opera, copra il corrispettivo per l’attività svolta, le spese e il mancato guadagno, oltre che un’indennità di importo uguale ai compensi percepiti (o che si dovrebbero percepire) sino al momento del recesso a titolo di risarcimento del danno.
4.2. Equo compenso
Non bastano le agevolazioni fiscali, serve una lotta senza
quartiere al lavoro gratuito. Di più: serve la definizione un
compenso minimo garantito, con riferimento estensivo ai minimi
previsti dai contratti collettivi nazionali.
4.3. Contenzioso
Le controversie relative ai rapporti di lavoro autonomo devono
essere assoggettate al rito del lavoro. Occorre superare la
distinzione dell'articolo 409 del Codice di Procedura Civile, che
prevede l'applicazione del rito speciale solo ai rapporti di lavoro
subordinato, di agenzia e alle altre forme di lavoro
parasubordinato.
4.4. Fondo di garanzia
È necessaria la costituzione di fondi di garanzia cui poter
attingere in caso di mancato pagamento e
incapienza/irreperibilità/insolvenza del committente. In caso di
ritardo nei pagamenti da parte del committente, occorre introdurre
interessi moratori e/o penali ricalcando la disciplina nelle
transazioni commerciali, con un termine unico di trenta giorni. È
necessario prevedere il privilegio dei crediti da lavoro autonomo
allo stato passivo di un eventuale fallimento
dell'azienda/committente.
5. Contrasto alla penetrazione del capitale negli studi professionali
La “Coalizione 27 febbraio” contesta l’assimilazione delle professioni alle imprese e invita a contrastare i diversi orientamenti europei in merito. La “Coalizione 27 febbraio” è contraria alla previsione, per le professioni, di modelli organizzativi che consentano la partecipazione di soci non iscritti all’albo professionale e conferenti quote di capitale. L’ingresso del capitale nelle strutture organizzative dei professionisti ne altererebbe la natura e le funzioni, pregiudicandone l’autonomia e l’indipendenza, e determinerebbe inevitabili conflitti di interesse.
6. Soppressione dello sfruttamento del lavoro negli studi professionali
Lo sfruttamento del lavoro negli studi professionali è una realtà amara che riguarda sia i praticanti che i professionisti. Questi ultimi, infatti, da un lato hanno un trattamento lavorativo equivalente o spesso peggiore di quello riservato a un normale impiegato e dall’altro hanno gli stessi oneri fiscali e previdenziali del datore. Tutto questo avviene tramite l'uso o l'abuso della partita Iva. Per contrastare e risolvere questi problemi, la “Coalizione 27 febbraio” propone, per i praticanti, l’adozione del contratto di apprendistato e chiede, per i professionisti, l’eliminazione dell’incompatibilità dell’esercizio della professione con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, in tutti i casi in cui sia stata prevista.
7. Fondi europei
La “Coalizione 27 febbraio” propone l'accesso ai Fondi sociali europei per i professionisti in quanto professionisti.
8. Economia collaborativa
La “Coalizione 27 febbraio” sostiene la creazione, in Italia, di
meccanismi di cooperazione di piattaforma [platform cooperativism],
come un'alternativa di natura mutualistica nell'ambito della
Sharing economy, la realtà globale dell'economia collaborativa. Per
alimentare la crescita del settore e tutelare i lavoratori, anche
nel dibattito sulla proposta di legge relativa alla Sharing economy
di recente presentata in Parlamento, e oggetto di una discussione
pubblica online, riteniamo necessario:
a) definire il lavoro sulle piattaforme della Sharing economy nei
termini di un rapporto di lavoro che può essere di natura autonoma,
fermo restando che i costi assicurativi e fissi delle attività
siano a carico dei committenti pubblici o privati, sempre in
un'ottica di welfare universale;
b) estendere i criteri stabiliti al punto 4.1 della Carta sul
contratto di lavoro autonomo a chi opera in maniera intermittente o
esclusiva nel settore, oggi e soprattutto nel suo progressivo
sviluppo futuro;
c) tutelare la libertà di associazione per il lavoro condiviso in
spazi comuni (coworking, fablab, mediante start-up). Promuovere le
esperienze di natura mutualistica e cooperativa con politiche
pubbliche e agevolazioni fiscali (vedi il punto 3); sul modello
delle politiche attuate in molti paesi europei, tutelare l'accesso
al patrimonio pubblico, la loro riconversione, il recupero e
l'auto-recupero per lo sviluppo di tali attività; promuovere
infrastrutture pubbliche a uso delle sperimentazioni territoriali
nell'economia della condivisione.
9. Ravvedimenti operosi
La “Coalizione 27 febbraio” propone ravvedimenti operosi “morbidi” nei confronti di Equitalia: allungamento dei tempi, estensione della rateizzazione, riduzione degli interessi.