Codice dei contratti: la filiera delle costruzioni chiede la revisione ed un unico regolamento
Ance, Legacoop produzione e servizi, Anaepa Confartigianato edilizia, Cna Costruzioni, Fiae Casartigiani, Claai, Aniem, Confapi Aniem, Oice e Consiglio nazio...
Ance, Legacoop produzione e servizi, Anaepa Confartigianato edilizia, Cna Costruzioni, Fiae Casartigiani, Claai, Aniem, Confapi Aniem, Oice e Consiglio nazionale degli ingegneri hanno presentato oggi in modo unitario alla politica e alla pubblica opinione il Manifesto della filiera per rilanciare il settore delle costruzioni. L’unico Consiglio nazionale presente tra le professioni tecniche è quello degli ingegneri. Sarebbe interessante sapere perché non sono presenti anche il Consiglio nazionale degli architetti, il Consiglio nazionale dei Geologi ed il Collegio dei Geometri e dei Geometri laureati ed, in ogni caso, qual è il loro pensiero sull’argomento.
Al centro del documento un elenco di priorità e di interventi necessari per rimettere in moto un’industria in grado di far crescere l’Italia di mezzo punto percentuale in più all’anno, di creare nuova occupazione - anche recuperando i 600 mila posti di lavoro persi negli anni della crisi - e di accelerare la ripresa economica.
L’obiettivo, come ha dichiarato il presidente dell’Ance Gabriele Buia , è creare le condizioni per superare una crisi che è ormai “una crisi di sistema”, e che ha impedito al settore di agganciare la ripresa che invece ha riguardato altri comparti produttivi. Proprio per questo, ha detto ancora Buia, “se il Paese vuole veramente tornare a crescere e si vuole creare occupazione sul territorio in modo stabile”, adesso è più che mai necessario, che “la politica e chi sarà chiamato a governare nei prossimi anni ci ascolti e traduca in provvedimenti operativi le nostre proposte”.
Dieci i grandi temi strategici sui quali la filiera delle costruzioni ha chiesto azioni e impegni concreti.
Tra i dieci è segnalato quello relativo al Codice dei contratti come obiettivo mancato con tante promesse non mantenute e con la mancata attuazione della legge delega; nel documento viene segnalato come:
- dopo quasi 2 anni dall’entrata in vigore dalla riforma, su 60 provvedimenti attuativi ne sono stati adottati meno di 1/3;
- gli obiettivi prefissati dalla legge delega non sono stati raggiunti;
- la soft law, così come è stata attuata e il decreto correttivo del 2017 non sono riusciti ad imprimere il tanto atteso cambio di passo;
- la spesa sia ancora lenta con le nuove norme che non hanno realizzato l’obiettivo di velocizzare le procedure di spesa.
Vengono, tra l’altro, segnalate, anche, le seguenti criticità:
- la poca trasparenza a causa della non attuazione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e l’albo dei commissari esterni;
- le troppe deroghe come quelle per i Mondiali di sci di Cortina 2021, il G7 Taormina e le Universiadi 2019 che sono tutti casi di fuga dal codice degli appalti con normative in deroga;
- la mancata selezione delle imprese migliori con la pratica del sorteggio che umilia le imprese;
- l’offerta migliore non premiata e rischio turbative in quanto è sbagliato limitare il meccanismo antiturbativa delle gare sotto i 2 mln perché l’offerta economicamente più vantaggiosa così come prevista non premia la qualità dell’offerta;
- i controlli soltanto formali che non tutelano la legalità con imprese serie penalizzate con un No a misure afflittive nei confronti delle imprese sulla base di mere presunzioni di colpevolezza;
- il contenzioso incerto e con tempi lunghi con assenza di tempi certi per la definizione del contenzioso e scarsa efficacia del precontenzioso e con mancanza di misure di deflazione in fase esecutiva;
- il subappalto contrario alle regole europee con gli attuali limiti penalizzano la competizione delle imprese italiane nel mercato europeo;
- la cabina di regia che non ha svolto un efficace ruolo di coordinamento.
Nello stesso documento, al fine di non tradire lo spirito della legge delega, viene fatta, contestualmente, la proposta di ripensare il Codice al fine di:
- impedire l’introduzione di livelli regolatori superiori a quelli imposti dalle direttive Ue (divieto di Gold plating);
- predisporre un articolato più semplice, suddiviso in lavori, servizi e forniture, accompagnato da un unico regolamento attuativo, dotato di forza cogente, in cui far confluire la normativa di dettaglio e le linee guida Anac.
È soltanto così affermano i sottoscrittori del Manifesto che si potrà arrivare al rilancio delle infrastrutture, eliminando gli ostacoli che finora hanno impedito la trasformazione degli stanziamenti in cantieri. E, ancora, sostenibilità, economia circolare e rigenerazione urbana, con progetti e visioni concrete, anche sul fronte fiscale, per favorire il recupero delle aree degradate e la riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano.
Centrali anche gli interventi sollecitati in tema di lavoro e di sicurezza dei lavoratori ma, soprattutto, la richiesta forte che è venuta da parte di tutta la filiera è quella che venga finalmente varata una vera politica industriale per le costruzioni, capace non solo di restituire competitività al settore ma anche di favorirne i necessari processi di rinnovamento.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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