Codice dei contratti: Per Finco la riforma va fatta dopo la completa attuazione
Riceviamo e pubblichiamo integralmente una nota ricevuta dal dott. Angelo Artale direttore generale di FINCO (Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi...
Riceviamo e pubblichiamo integralmente una nota ricevuta dal dott. Angelo Artale direttore generale di FINCO (Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere specialistiche per le Costruzioni) in risposta ad un nostro articolo pubblicato il 22/02/2018 dal titolo “Codice dei contratti: 3 indizi fanno una prova?”. Qui di seguito il testo.
La nota del dott. Angelo Artale (FINCO)
“Illustre Direttore, ho letto il suo interessante articolo "Codice dei contratti: tre indizi fanno una prova?" e vorrei darle qualche altro "indizio" di senso contrario.
...Quarto indizio: Lei si chiede perchè al Manifesto firmato manchino geometri, geologi ed architetti. Giusta domanda che andrebbe estesa. Come mai mancano anche tutti i rappresentanti immobiliari, da Confedilizia ad Aspesi, i rappresentanti degli amministratori di condominio, Assistal e Anie, cioè gli impianti tecnologici ed altri, ma soprattutto, per quanto mi riguarda, la Finco, che rappresenta quella parte specialistica e specializzata del settore delle costruzioni?
Quinto indizio: ritiene facile che in questo Paese - la cui pubblica amministrazione inizia ora flebilmente ad applicare una legge assai più semplice come quella dell'autocertificazione del 1968 ed ancor più flebilmente a non richiedere a terzi documenti già in suo possesso - possa prontamente applicarsi una normativa che intercetta il 15% del pil italiano? E ciò anche ammesso che vi sia la volontà politica da parte delle stazioni appaltanti e delle amministrazioni di andare in questa direzione, volontà che invece è noto non esserci poichè sottrae potere alle suddette (vedi la kafkiana vicenda della nomina dei commissari di gara).
Sesto indizio: alcuni dei firmatari del
Manifesto da lei citato, Ance in testa, hanno partecipato, come del
resto Finco, a pieno titolo alle 32, diconsi trentadue, audizioni
parlamentari tra Camera e Senato sul tema, alle 5 presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, a decine e decine di
dibattiti istituzionali o meno organizzati prima del vigore della
norma, senza contare le centinaia, ma direi meglio migliaia, di
note formali ed informali, articoli e quant'altro che tali
stakeholders hanno inviato e/o ricevuto e si sono scambiati nel
triennio di gestazione della normativa?
Si accorgono solo ora che la normativa è piena di difetti? Dove
erano prima? Non sarà che si tenta in ogni modo di “far rientrare
dalla finestra” ciò che è giustamente uscito dalla porta?
Settimo indizio: e che cos'è che è uscito dalla porta, aldilà di alcuni aspetti che vanno rivisti (ed ha ragione il Presidente Cantone a dire che forse occorreva un periodo transitorio più lungo) con riferimento, ad esempio, alle OEPV? È uscita - nel senso che è stata definitivamente cassata - la possibilità di subappaltare liberamente anche il 100% delle opere acquisite in gara. Questo è uno dei punti centrali se non il punto centrale.
Ottavo indizio: come mai le gare di progettazione, quelle di Anas ed altre tipologie di bandi, sono in aumento? Non dovremmo fare anche una riflessione - e prendere atto - che il mercato è cambiato (intendo per sempre, cioè non tornerà più come prima) ed inizia a richiedere tipologie di opere e qualificazioni d'impresa più alte.
Indizio finale: in definitiva, che il nuovo Codice dei Contratti Pubblici non piaccia alle imprese edili generaliste (ed agli utili spalleggiatori che - per una comparsata - riescono a portarsi dietro) è cosa risaputa; formalmente perché avrebbe condotto alla “paralisi” degli appalti, sostanzialmente perché sono stati introdotti una serie di meccanismi che “orientano” la loro libertà di impresa (rectius: la libertà di fare quello che vogliono). Limiti al subappalto, limiti all’appalto integrato, limiti alla possibilità di varianti, limiti alla possibilità di pagare il subappaltatore “con calma”, limiti alla possibilità di qualificarsi con i lavori fatti da altri… E mi fermo qui.
Con ciò non si vuole nel complesso dire che il Codice non sia perfettibile, ma fino a quando non sarà completamente applicato non potrà essere seriamente valutato..
Non è legittimo neppure paventare seriamente il rischio di una riforma “incompiuta” - come fa in tempestiva sintonia il giornale di Confindustria - solo perché mancano una serie di atti applicativi: la struttura del Codice è complessa ed ha l’ambizione di essere, al tempo stesso, innovativa e più flessibile rispetto al passato, e questo, inevitabilmente, ha delle ripercussioni sui tempi di piena attuazione della riforma. Né si può seriamente pensare, come detto, che una riforma profonda che impatta il 15% del PIL del nostro Paese possa essere di semplice ed immediata operatività.
Il fatto però che manchino Linee Guida e Decreti non deve trasformarsi in un alibi per le stazioni appaltanti che potrebbero tranquillamente bandire gare come hanno fatto - usando le regole che ci sono - tutte quelle Amministrazioni che hanno consentito la crescita esponenziale ad esempio degli appalti di progettazione di Anas o Ferrovie.
Il nostro commento
Il Direttore generale di Finco nella sua risposta evidenzia alcuni indizi che, immagino, siano indicativi sulla non necessità di apportare modifiche al Codice sino quando non si sarà completata la riforma. Ciò significa che dovremmo attendere anni per palare di modifiche che, invece, sono essenziali per rimettere in carreggiata un provvedimento che ha mostrato in due anni lacune che sono sotto gli occhi di tutti, principalmente per la frammentazione dei provvedimenti attuativi.
Ovviamente, chi legge le nostre pagine è a conoscenza del nostro pensiero sul Codice dei contratti. E' semplice comprendere che non condividiamo quanto affermato dal dott. Artale per il semplice fatto che concordiamo pienamente sulle posizioni di coloro che ritengono che il Codice abbia fallito il suo obiettivo principale: semplificare il settore. D’altra parte non è il numero degli indizi (più o meno corretti) che portano ad una prova, nonostante quelli del dott. Artale siano in numero maggiore di quelli indicati nell’articolo “Codice dei contratti: 3 indizi fanno una prova?, resto convinto che il nuovo Governo che nascerà dopo il 4 marzo non potrà non affrontare il problema del Codice dei contratti.
Non concordiamo, quindi, con la domanda posta nel sesto indizio dove si afferma “Non sarà che si tenta in ogni modo di “far rientrare dalla finestra” ciò che è giustamente uscito dalla porta?” come non concordiamo sulle posizioni evidenziate nel settimo indizio quando afferma che “e che cos'è che è uscito dalla porta, aldilà di alcuni aspetti che vanno rivisti con riferimento, ad esempio, alle OEPV? È uscita - nel senso che è stata definitivamente cassata - la possibilità di subappaltare liberamente anche il 100% delle opere acquisite in gara” e come, per ultimo, non concordiamo con le affermazioni che il direttore generale di Finco fa nell’indizio finale.
Continuiamo a pensare che la riforma, in coincidenza del recepimento delle direttive europee poteva essere articolata in ben altra maniera e che, ormai a distanza di quasi due anni, non è possibile pensare di attendere ancora ma occorre che il Governo che verrà (qualsiasi sia) si dia una scossa e pensi con immediatezza non ad abolire il Codice (leggi articolo) ma a modificarlo e, poi, rapidamente, ad attuarlo con uno strumento, diverso dalla soft law, quale quello di uno o più regolamenti attuativi che garantiscano certezze operative alle stazioni appaltanti, alle imprese, ai progettisti ed ai tecnici delle amministrazioni.
Già oggi, pur con un limitato numero di provvedimenti attuativi approvati, abbiamo serie difficoltà a trovare quanto cerchiamo per il fatto stesso che, molto spesso o non troviamo quello che cerchiamo o dobbiamo consultare i provvedimenti entrati in vigore e la parte residuale del Regolamento n. 207/2010. Sfido chiunque a raccapezzarsi in un sistema costituito da un inestricabile groviglio dal quale è difficile uscire che non è, indubbiamente trasparente e confesso che anch’io, che cerco di essere sempre aggiornato sulle norme del Codice dei contratti, alcune volte non riesco a trovare quello che cerco.
D’altra parte che si tratti di un sistema progettato in fretta e male e che ha serie difficoltà ad essere messo a regime è confessato anche dall’assoluto silenzio della Cabina di regia prevista all’articolo 212 del Codice dei contratti (leggi articolo) i cui componenti sono stati nominati con decreto del mese di novembre 2016: nell’arco di un anno e mezzo avrebbero avuto così tanto da fare che, probabilmente, hanno deciso di non fare nulla non rispettando il compito previsto al comma 1, lettera b) del citato articolo 212 in cui si affermava testualmente che la stessa aveva, tra l’altro, il compito di “curare, se del caso con apposito piano di azione, la fase di attuazione del presente codice coordinando l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di decreti e linee guida, nonché della loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca”.
Qual’è stata, nella fase di attuazione del Codice, la presenza della Cabina di Regia di cui fanno parte i soggetti individuati dal DPCM 8 novembre 2016 è sotto gli occhi di tutti.
Ma, in verità, cosa avrebbe potuto fare la Cabina di regia in una situazione qual’è quella attuale se non bacchettare tutti coloro che non hanno rispettato i tempi per l’approvazione dei provvedimenti previsti nell’articolato del Codice? Come potrebbe, in questa fase, in cui a distanza di quasi due anni tutto è fluido, procedere alla raccolta dei decreti e delle linee guida in testi unici integrati?
Ripeto si tratta di una riforma progettata in fretta e male e dopo 31 pareri del Consiglio di Stato che iniziano con il parere n. 855 dell’1 aprile 2016 e terminano, in atto, con il parere n. 361 del 12 febbraio 2018 (vedere per credere), 10 provvedimenti a carico dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e 7 provvedimenti dell’ANAC (oltre a 4 provvedimenti non previsti specificatamente nell’articolato) ci ritroviamo, a distanza di quasi due anni dall’entrata in vigore del Codice dei contratti, con 36 provvedimenti ancora da approvare da parte dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con 13 provvedimenti ancora da approvare da parte dell’ANAC (vedi tabella allegata). Restano irrisolti, tra gli altri, e non crediamo possano essere risolti sino all’insediamento del nuovo Parlamento, i problemi relativi:
- alla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza di cui all’articolo 38 del Codice; ci chiediamo che fine ha fatto il DPCM, previsto al comma 2 del citato art. 38 che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del codice (entro il 18 luglio 2016) avrebbe dovuto definire i requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione. A distanza di oltre un anno tutto tace;
- ai nuovi livelli di progettazione di cui all’articolo 23 del Codice; per tali nuovi livelli (progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo) avrebbero dovuto essere definiti i contenuti della progettazione;
- alle commissioni giudicatrici di cui all’articolo 77 del Codice con la precisazione che tali commissioni hanno il compito della valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti o di concessioni, limitatamente ai casi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; i componenti delle commissioni avrebbero dovuto essere scelti fra gli esperti iscritti all’Albo istituito presso l’ANAC così come previsto all’articolo 78 del Codice;
- alle linee guida che individuano le modalità e, se del caso, la tipologia di atti, attraverso i quali il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione del contratto di servizi o di forniture effettua l’attività di propria competenza, in maniera da garantirne trasparenza, semplificazione, efficientamento informatico, con particolare riferimento alle metodologie e strumentazioni elettroniche anche per i controlli di contabilità; tali linee guida predisposte dall’ANAC e previo parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti e sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici avrebbero dovuto essere adottate entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del codice (entro il 18 luglio 2016) e con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti. L’ANAC ha predisposto le linee guida ma non si hanno notizie né del parere delle Commissioni parlamentari né, ovviamente, del decreto del Ministero.
Relativamente all’ultimo punto del precedente elenco, ancora oggi a distanza di oltre 2 anni mentre sono scomparse tutte le norme sulla direzione dei lavori contenute nel Titolo VIII della Parte II del Regolamento n. 207/2010 abrogate dall’articolo 216, comma 1, lettera u) del Codice dei contratti i Progettisti e le Amministrazioni comunali, ancora oggi devono affidarsi al “Fai da te” per quanto concerne la consegna dei lavori, la sospensione e ripresa dei lavori, le proroghe, le contestazioni, i danni di forza maggiore, ecc.
D’altra parte è sotto gli occhi di tutti come ogni provvedimento si tratti di linee guida o di decreto viene inviato al Consiglio di Stato che, nella generalità dei casi lo approva con osservazioni e condizioni tali per le quali deve essere riscritto. Per ultimo lo schema di decreto predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sul dibattito pubblico demolito dal Consiglio di Stato, con grande savoir faire, anche se con parere favorevole con osservazioni (leggi articolo).
A cura di arch. Paolo Oreto
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