Esclusione dalla gara per grave illecito professionale, il Consiglio di Stato rimette all'UE il Codice dei contratti

L'art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) e le Linee guida ANAC n. 6 hanno previsto l'esclusione dalla gara dell'operato...

07/05/2018

L'art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) e le Linee guida ANAC n. 6 hanno previsto l'esclusione dalla gara dell'operatore economico che ha commesso un "grave illecito professionale" accertato con provvedimento esecutivo, tale da rendere dubbia l’integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento.

Il Consiglio di Stato, con Ordinanza n. 2639/2018, ha rimesso alla Corte di Giustizia UE la questione se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, quale l’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio.

Il caso

La Stazione Appaltante indiceva una procedura di gara a seguito della risoluzione del precedente contratto per grave inadempimento dell’impresa (art. 136, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e della mancata accettazione degli operatori che seguivano in graduatoria (art. 140, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163). Alla nuova gara, bandita ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016, partecipava la stessa impresa a cui era stato affidato e successivamente sottratto per grave inadempimento lo stesso servizio dalla stessa Stazione Appaltante che, di contro, ne disponeva l'esclusione.

Il provvedimento di esclusione era motivato richiamando le contestazioni contenute nella comunicazione di avvio del procedimento; tale comunicazione riportava diversi presupposti giuridici tra i quali, oltre all’art. 1453 Cod. civ., l’art. 80, comma 5, lett. a) e c) e comma 6 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e rinviava, a sua volta, al provvedimento di risoluzione del precedente contratto e a tutti gli atti di contestazione e documenti del relativo procedimento, nonché la comparsa di costituzione e risposta del Comune depositata nel giudizio del Tribunale, comprensiva di tutti i documenti ed atti ad essa allegati, tutti noti all’impresa.

Il provvedimento di esclusione richiamava, inoltre, le argomentazioni contenute nell’allegato 1 alla nota di avvio del procedimento di esclusione, ed anche il contenuto della nota inviata dal Comune ad ANAC in occasione dell’istanza di parere precontenzioso formulata dalla società e respinta dall’amministrazione comunale.

Il provvedimento di esclusione veniva contestato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale che lo respingeva sulla base del seguente ragionamento:

  • il primo punto fermo è che il contratto oggetto di gara, rispetto al quale è stato adottato il provvedimento di esclusione contestato, è lo stesso contratto affidato alla ricorrente e, poi, risolto;
  • in secondo luogo l’amministrazione ha dimostrato che la ricorrente aveva commesso gravi violazioni delle disposizioni poste a tutela della salute e sicurezza del lavoro e dell’ambiente;
  • in terzo luogo, pur non essendoci state fattispecie delittuose accertate da sentenze penali e/o civili e verbali di accertamento provenienti da autorità giudiziarie e/o amministrative, la stazione appaltante ha la possibilità di dimostrare con qualunque mezzo la sussistenza delle gravi violazioni e, tra questi mezzi di prova, rientrano anche le contestazioni in sede di esecuzione del contratto che abbiano dato luogo alla risoluzione dello stesso.

La decisione del Consiglio di Stato

I giudici di Palazzo Spada, affrontando nuovamente la questione, hanno precisato che:

  • l’elencazione dei “gravi illeciti professionali” contenuta nella lettera c) dell’art. è “meramente esemplificativa”;
  • l’elencazione ha lo scopo di “alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornire la dimostrazione “con mezzi adeguati” ”;
  • costituisce “mezzo adeguato” di dimostrazione anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento non ancora passato in giudicato;
  • la stazione appaltante può escludere un operatore economico anche per gravi inadempienze non riconducibili a quelle tipizzate, ossia anche se non ha prodotto effetti risolutivi, risarcitori o sanzionatori tipizzati, che, però, siano qualificabili come “gravi illeciti professionali” e per questo motivo siano ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità e l’affidabilità del concorrente, ma dando adeguata motivazione.

Secondo il Consiglio di Stato tra la norma interna e quella europea non vi è omogeneità. L’art. 57, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE stabilisce che le amministrazioni appaltanti possono escludere gli operatori economici “se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”.

Tale disposizione deve essere letta contestualmente all’indicazione contenuta nel Considerando 101 della Direttiva: “È opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l'integrità di un operatore economico e dunque rendere quest'ultimo inidoneo ad ottenere l'aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l'esecuzione dell'appalto. Tenendo presente che l'amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l'operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale”.

Dalla lettura della disposizione risulta chiaro che il legislatore europeo ha ritenuto di consentire l’esclusione dell’operatore economico se la stazione appaltante è in condizione di dimostrare la sussistenza di un grave illecito professionale “anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori”.

Il legislatore interno, al contrario, ha stabilito che l’errore professionale, passibile di risoluzione anticipata (per definizione “grave” ex art. 1455 Cod. civ. nonché ex art. 108, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) non comporta l’esclusione dell’operatore in caso di contestazione in giudizio.

La conseguenza è la necessaria subordinazione dell’azione amministrativa agli esiti del giudizio; ciò è astrattamente possibile, essendo comprensibile che la scelta dell’amministrazione sia vincolata agli esiti di un giudizio, ma è incompatibile con i tempi dell’azione amministrativa.

La ragione è evidente: risolto il contratto per grave inadempimento dell’operatore economico, l’amministrazione dovrà indire una nuova procedura di gara per concludere un nuovo contratto; all’operatore economico inadempiente sarà sufficiente contestare in giudizio la risoluzione per ottenere l’ingresso nella nuova procedura, dovendo l’amministrazione attendere l’esito del giudizio per poter procedere legittimamente alla sua esclusione.

Quel che è accaduto nella vicenda oggetto del presente giudizio, insomma, è destinato a ripetersi costantemente, con la conseguenza per l’amministrazione di trovarsi a dover valutare in maniera imparziale un operatore economico che aveva già giudicato inaffidabile tanto da aver risolto il precedente contratto con lo stesso stipulato. L’amministrazione appaltante non può, in questo modo, assumere la propria responsabilità nella decisione di escludere l’operatore, dovendo attendere, comunque, l’esito del giudizio.

Alla luce delle suddette considerazioni il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale:

Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio”.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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