Ingegneri e Architetti, per la Cassazione il professionista può rinunciare al Compenso
Il compenso per le prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera, solo nel caso in cui esso non sia sta...
Il compenso per le prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera, solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito.
Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 14293 del 4 giugno 2018 che ha accolto il ricorso presentato per cassare una sentenza della Corte territoriale che, secondo il ricorrente, avrebbe errato nel ritenere che i minimi tariffari relativi alla professione di architetto non possano essere derogati con un accordo fra le parti. Ciò alla luce della circostanza che i detti minimi non sono dettati per tutelare un interesse generale della collettività e che l'ordinamento non prevede la sanzione della nullità in caso di patti derogatori.
Gli ermellini hanno ricordato che l'art. 2233 del codice civile pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest'ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all'art. 36 Cost., comma 1, applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato. La violazione dei precetti normativi che impongono l'inderogabilità dei minimi tariffari non comporta la nullità del patto in deroga, in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell'intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale.
Questa tesi è valevole sia alla fattispecie nella quale il committente è una pubblica amministrazione che a quella in cui il committente sia un soggetto privato.
Come confermato in cassazione, nella disciplina delle professioni intellettuali, il contratto costituisce la fonte principale per la determinazione del compenso, mentre la relativa tariffa rappresenta una fonte sussidiaria e suppletiva, alla quale è dato ricorrere soltanto in assenza di pattuizioni al riguardo e pertanto le limitazioni al potere di autonomia delle parti e la prevalenza della liquidazione in base a tariffa possono derivare soltanto da leggi formali o da altri atti aventi forza di legge riguardanti gli ordinamenti professionali.
Secondo la Cassazione, il primato della fonte contrattuale
impone di ritenere che il compenso spettante al
professionista sia liberamente determinabile dalle parti e
possa anche formare oggetto di rinuncia da parte del
professionista, salva resistenza di specifiche norme
proibitive che, limitando il potere di autonomia delle parti,
rendano indisponibile il diritto al compenso per la prestazione
professionale e vincolante la determinazione del compenso stesso in
base a tariffe.
Nella normativa concernente le professioni di ingegnere ed
architetto manca una disposizione espressa diretta a sanzionare con
la nullità eventuali clausole in deroga alle tariffe e, sul piano
logico, le norme sull'inderogabilità dei minimi tariffari sono
contemplate non a tutela di un interesse generale della
collettività ma di un interesse di categoria, onde per una clausola
che si discosti da tale principio non è configurabile il ricorso
alla sanzione della nullità, dettata per tutelare la violazione
d'interessi generali.
Il principio d'inderogabilità è diretto ad evitare che il professionista possa essere indotto a prestare la propria opera a condizioni lesive della dignità della professione (sicché la sua violazione, in determinate circostanze, può assumere rilievo sul piano disciplinare), ma non si traduce in una norma imperativa idonea a rendere invalida qualsiasi pattuizione in deroga, allorché questa sia stata valutata dalle parti nel quadro di una libera ponderazione dei rispettivi interessi.
Sulla base di tali principi, la Cassazione ha accolto il ricorso e cassato una sentenza della Corte territoriale che aveva privilegiato le tariffe agli accordi tra le parti.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza Cassazione 4 giugno 2018, n. 14293